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Calciatori o golfisti poco importa, la necessità è quella di spostare l’asse del mondo verso i loro programmi. L’islam, usato come cloroformio del dubbio, si occupa e si occuperà di rendere tutto ciò accettabile al discernimento residuale rimasto a disposizione delle opinioni pubbliche mediorientali. Catalizzare l’attenzione sull’occidente cattivo reo di appoggiare Israele ai danni del popolo Palestinese, serve a compattare anche i più riottosi davanti a questo accumulo scandaloso di potere e ricchezza riservato a pochi. “Il golf è amore, radici e tradizione” diceva fino a poco tempo fa Jon Rham proclamando fedeltà eterna al “PGA Tour” contro l’inganno del circuito separatista “LIV”, è fa riflettere come l’opinione pubblica gli abbia davvero creduto, in uno strano convincimento collettivo che lo sport, chissà perché, sia un’isola felice rispetto al nichilismo corrosivo impostosi in tutti i temi e sottotemi della società contemporanea, la stessa disponibile a rendere accettabile l’idea, in cambio ovviamente di denaro, di poter rendere disponibile un utero per generare figli da consegnare ad altre persone. Si lavora tutti per un cliente e si paga per soddisfare un sogno o un desiderio, qualsiasi esso sia.
A ciò è stato ridotto il mistero della maternità o l’amore per uno sport. “Dire che gli sportivi sono pagati troppo – scrive il tabloid inglese “The Guardian”- è come sottolineare che il mercoledì segue il martedì”, ma la pioggia di soldi arabi in caduta libera su golfisti e calciatori stanno rendendo tutti questi contratti credibili a livello etico e stanno dando un senso distorto del valore delle cose, perché i fatti, se nessuno li ferma sanzionandoli in qualche modo, diventano moneta corrente del pensiero accettabile. Non siamo più alla fine del 700 dove la classe lavoratrice e proletaria coltivava il giusto risentimento di essere tenuta a disparte da ogni tipo di possibilità offerta dal mondo, che poi Karl Marx ha ordinato scientificamente nel suo “Capitale”, da una classe dominante incapace di distribuire un po’ dei suoi privilegi, siamo di fronte ad una opinione pubblica in fila davanti agli “store” della Nike per comprarsi le “Air Jordan” a 180 euro, delle scarpe il cui costo di produzione, nelle filiere terziste del Vietnam o del Bangladesh, varia tra i 5 e i 10 dollari, il cui 40% degli introiti vanno a Michael Jordan determinato a far fruttare la sua gloria cestistica anche dopo la fine della sua leggendaria carriera. Ma è evidente come le teorie comunistiche dell’eguaglianza sociale e del “kata metron” della Grecia classica siano andati ormai completamente a ramengo, persino il “Nuovo Testamento”, caposaldo di tutta la cultura occidentale, pare essere stato raso al suolo dalla bulimia di soddisfare l’empatia indotta per ogni simbolo del successo e dall’avere nuovi dei da soddisfare. Con un gigantesco passo del gambero, dalle nostre parti si è tornati ai piedi del “Monte Sinai” del “Vecchio Testamento” ad adorare il “vitello d’oro” ora usato per spericolate operazioni di marketing e far fare soldi a questi nuovi dei e ai loro accoliti. “Non mi sorprende che tanti (giocatori) se ne vadano – andava dicendo Rham fino a poco tempo fa -, centinaia di milioni sono una grande ragione, ma a me attrae la storia, giocare nei luoghi di Seve Ballesteros e Jack Nicklaus”. Ma gli arabi, edotti sul ragionamento di cui sopra, sanno come dalle nostre parti principi e valori siano stati sostituiti dal “gioco al rilancio”, e offrono al golfista basco 500 milioni per tre anni per mettere da parte tutta la retorica da imbonitore di casa d’asta e accettare l’inevitabile vendita del proprio talento e dei propri valori: “devo pensare da padre e da marito - dice ora Rham con una retorica familiare tra il comico e il provocatore -, tre anni di Lega saudita valgono la pensione”.
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Nelle tante parole e tesi ormai in circolazione nel mondo dello sport globale il comico, il tragico e il grottesco si sostituiscono continuamente come nel più classico gioco delle tre carte. L’approdo di Rham nella “LIV” è stato definito dal quotidiano “La Vanguardia” “il momento più trascendentale della storia del golf”, e non deve sorprendere l’uso disinvolto della metafisica da parte di una stampa colpevole di aver trasferito intere masse di persone dal culto della religione al culto dell’evento mediatico. Il funerale di Lady Diana Spencer, a suo tempo, non fu il momento in cui si saluta un’anima ascesa al cospetto del Creatore, ma un’occasione di isteria collettiva da “vitello d’oro” e un correre a comprare la canzone di Elton John cantata dallo stesso nel corso dell’officio funebre di colei che era stata la Principessa del Galles. Si usano le celebrità per mistificare la vita e fare soldi, e con questo sistema si è reso lo sport una “Cornucopia” riservata a pochi ma senza nessun limite da riservare ad un conto corrente bancario. “El Pais”, organo principe della stampa spagnola, ha definito la seduzione dell’immenso ego di Rham “la follia calcolata dell’Arabia Saudita nel suo piano megalomane di diventare l’impero sportivo mondiale”, di rimando “L’Equipe” ha pubblicato un dossier sulla nuova forza del calcio saudita usata come leva per favorire l’asse del potere verso il Medio Oriente. Dietro il nuovo drammatico conflitto israeliano/palestinese c’è anche questo, ovvero l’Islam pronto a lasciare morti sul campo o a comprarsi tutto ciò che del globo è criterio universale. Soldi e fede granitica in Allah che tutto vede e a tutto provvede, così gli arabi stanno vincendo e noi si sta drammaticamente perdendo. Tutto in nome di ricchi contratti mai così lucrosi fatti nella storia dello sport e che ha mandato in soffitta il romanticismo dei Seve Ballesteros e degli Alfredo Di Stefano. Ah, “LIV” non è un acronimo ma il numero romano ad indicare le 54 buche che vengono giocate nei suoi tornei, e non è nemmeno un omaggio arabo alla nostra cultura, è semplicemente l’ultimo sberleffo di una lunga serie di sberleffi.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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