Chissà se John Pierpont Morgan, fondatore della suddetta banca, avesse dimestichezza con il calcio; di certo aveva una predilezione per favorire la creazione di monopoli e con una fortuna finanziaria persino più florida di quella delle casse dello stato federale americano. La famiglia Morgan, oltre a vantarsi di discendere da Re Artù, è quella che attraverso la propria attività finanziaria, intorno alla metà degli anni 90 del secolo scorso, si inventa i famosi “prodotti derivati”, fino ad allora permessi solo nel mercato agricolo a scopo assicurativo, dipanati per tutto lo scibile del mondo finanziario. E’ l’inizio della strada che porta al crack degli ormai famosi “mutui subprime” nel 2008 e al fallimento di Lehman Brothers, una dei più importanti e potenti soggetti finanziari del mondo. Chiedendosi e trovando una credibile risposta sul perché “Jp Morgan” improvvisamente si interessi delle fortune del calcio europeo, forse aiuterebbe a dipanare più di una matassa. Mario Sconcerti, in un editoriale vergato per il “Corriere della Sera”, sostiene come la decisione di virare verso un’idea monopolistica del calcio(perché questa è la SuperLega), abbia fatto diventare meno popolare il figlio di Umberto agli occhi del calciofilo, anche perché venerdì scorso ha ricevuto le lettere di 17 associazioni internazionali di tifosi che lo invitavano a non andare avanti. Proseguendo nell’editoriale a tratti un po’ ingenuo, il bravo giornalista toscano cerca di convincere Andrea e parenti(accorato è l’appello di Sconcerti anche a John Elkann) di come questa SuperLega non convenga agli affari di famiglia e prefigura una possibile grande reazione delle genti europee contro la nascita di questa lega dei ricchi. No, proprio non deve aver studiato bene Karl Marx il volenteroso Sconcerti( a cui sono empaticamente ed idealmente vicino sulla questione SuperLega); se lo avesse fatto avrebbe scoperto come lo studioso di origine tedesca individua nella rivoluzione uno dei due motori della storia(l’altro è il lavoro). Per fare una rivoluzione, come la storia dimostra, servono contesti sociali attivi, luoghi in cui assembrarsi(parola bandita da qualche tempo a questa parte) e, soprattutto serve una buona “ideologia della realtà”. Marx definisce “ideologia della realtà” la religione, e lo avrebbe fatto anche con il calcio se lo avesse potuto osservare scientificamente nel corso di tutto il novecento. L’idea di ridurre lo sport più bello del mondo ad un “consumo per clienti”(Agnelli ha bandito da tempo la parola “tifosi dal suo vocabolario), fa venire il sospetto che, oltre ai ben noti interessi finanziari, ci sia un interesse della elite dominante di depotenziarne la sua carica rivoluzionaria. Lo si è fatto già in parte con la religione, spinta da più parti a retrocedere da motore rivoluzionario dell’anima e del mondo al rango di una istituzione tipo “Croce Rossa”, e adesso lo si vuole fare con lo sport che più di ogni altro interpreta le spinte dal basso delle esigenze comunitarie. In pieno terrore pandemico, si sta assistendo al definitivo cambiamento antropologico/culturale di un qualcosa che è sempre stato più di uno sport. Il calcio è stato fino ad oggi il mondo sospeso per far incontrare e parlare le classi sociali, stratificandole all’interno di uno stadio. Ma lo stadio temo non esista più come luogo d’incontro, come nascita di nuove idee, come racconto tra le generazioni. “La SuperLega è il futuro”, ha detto Andrea Agnelli con la classica sicumera dei vincenti; e non rimane che dare un umile consiglio ai forzati dell’informazione “StreamYard”, usando magari delle parole altamente sagge tratte dal “Don Chisciotte”: “non puoi fermare il vento, ma devi sapere come fabbricare mulini”. Se la società dello schermo vi ha convinto come sia facile fabbricare mulini, fermatevi un attimo a guardarvi dentro. Il più delle volte non state fabbricando niente, state solo cercando di fermare il vento. Che inutile vanità.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA


/www.toronews.net/assets/uploads/202304/e1b890e899df5c4e6c2c17d60673a359.jpg)

/www.toronews.net/assets/uploads/202508/2152c6c126af25c35c27d73b09ee4301.jpg)
