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Il Barcellona perde con l’Inter? Colpa dell’arbitro

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Nuovo appuntamento con "Loquor", la rubrica su Toro News di Carmelo Pennisi: "Forse non ci si dovrebbe meravigliare, in fondo il tifo è fenomenologia della fazione..."
Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 

“Il calcio è dubbio costante

e decisione rapida”

Osvaldo Soriano

Quando si prendono sette gol in due partite, e invece di interrogarsi sul motivo (magari si ha una difesa ballerina? Forse l’altra squadra è stata brava?) ci si scaglia in modo inverecondo contro l’arbitro, allora ci si dovrebbe chiedere quale tipo di persone si stiano producendo nell’Europa che continuamente, in modo alquanto auto referenziato, si proclama faro della civiltà globale. La semifinale di Champions di San Siro non è stata solo una partita consegnata all’epica del calcio, ma ha fatto riaffiorare l’atavico difetto di noi latini nel saper mal digerire le regole e tutti coloro che sono chiamati a doverle fare applicare. Di fronte a qualsiasi cosa dove c’è una contesa, fosse anche una partita di “Briscola”, gli europei mediterranei diventano dei focosi apprendisti della stupidità e sanno coltivare la cultura del sospetto come pochi. La parola d’ordine è difendere i propri beniamini, tutto il resto è semplicemente l’avversario da abbattere, come il povero toro, a volte mezzo sedato, crivellato dalle “Banderillas” nell’eccitazione da violenza ancestrale di una qualsiasi “Plaza de Toros”. C’è sempre qualcuno che ci vuole fare perdere, una cospirazione alle nostre spalle, un desiderio di vendetta da soddisfare, in fondo il successo incredibile de “Il Conte di Montecristo” di Alexandre Dumas, si basa proprio sulla più classica e antica delle frustrazioni umane: la vita ci ha tolto qualcosa per colpa di qualcuno. Eternamente imprigionati nel “Castello d’If” della nostra esistenza, il più delle volte viviamo per urlare al mondo ogni ipotesi di complotto possibile. Certo poi si appalesa sempre un Byron Moreno della partita mondiale tra Italia e Corea del Sud del 2002, a confermare ogni nostra tendenza al sospetto.

In quella partita accadde di tutto e oggettivamente l’arbitraggio del fischietto ecuadoregno fu a dir poco disastroso, ma sentite cosa dice Luca Marelli, ex arbitro e oggi commentatore tecnico di DAZN, sulla vicenda: “Moreno non arbitrò bene, ma non arbitrò così male come viene dipinta. In quella partita qualche errore l’ha commesso, ma l’errore grave, quello commesso sulla rete di Tommasi, non lo commise lui ma l’assistente che segnalò un fuorigioco che non c’era. A quel punto Moreno, non essendoci il VAR, non poteva farci nulla: una volta visto l’assistente con la bandierina alzata, che poteva fare?”. Sovente dimentichiamo come esistano i punti vista (il mio è che forse Marelli sia un po' indulgente con Moreno), e gli umori cambiano rispetto ai risultati e alla posizione conseguente assunta. Nel campionato in corso per mesi ho letto sui social e ascoltato giornalisti del variopinto mondo giornalistico campano, adombrare il sospetto che si volesse far vincere il campionato all’Inter. I social, divenuti ricettacolo del complottismo più ridicolo e fantasioso, erano pieni di revanscismo napoletano pronto a richiamare qualche discendente di “Franceschiello” (slang con cui veniva chiamato Francesco II, ultimo Re del “Regno delle Due Sicilie”) per mettersi alla testa delle truppe borboniche all’assalto del perfido nord per riscattare onore e Scudetto. Poi arriva Inter-Roma e il rigore solare (tutti i commenti tecnici su questo sono concordi) su Bisseck negato, e allora ecco come va ad affermarsi un altro punto vista (quello meneghino di sponda nerazzurra): l’Inter sta generando invidia, e qualcuno ha voluto scippargli un campionato già virtualmente nelle sue mani. Può essere divertente entrare in un sito dei tifosi “Blaugrana”, e leggere commenti continuamente imperniati sull’ossessione anti madridista, dove si può giungere ad evocare Francisco Franco con la stessa virulenza e convinzione con cui ci si richiama al Fascismo quando si vuole attaccare Giorgia Meloni. Forse non ci si dovrebbe meravigliare, in fondo il tifo è fenomenologia della fazione, dove viene fuori quella voglia di delimitare e difendere quel perimetro considerato nostro, tanto criticato da Jean Jaques Rosseau ne il suo “Il Contratto Sociale”.

Da tifoso Granata guardo con sospetto ogni cosa ricordi il “bianconero”, fosse anche il cane che mi abbaia dal giardino di una villa presente nel mio tragitto di corsa quotidiana. Non è il suo abbaiare a starmi sulle scatole, ma il suo essere bianconero. Il Toro non mi abbandona mai; non è solo uno stile con cui vedo la vita ma anche, appunto, un perimetro su sui cui le mie emozioni e le mie azioni si rappresentano. Ma tutto questo poco c’entra con l’allergia tutta latina alle regole, alla scarsa empatia provata verso coloro chiamati a farla osservare e rispettare. Si è dovuta fare una modifica all’articolo 380 del Codice di Procedura Penale, per cercare di contenere il fenomeno dilagante di aggressioni al personale scolastico, nell’era dell’autoreferenza sono i genitori a dover stabilire cosa possano fare o non fare i propri figli a scuola, e che voti prendere: ma cosa si sono messi in testa i docenti? Prendano lo stipendio e non rompano più di tanto. “Nessuno Mi Può Giudicare” di Caterina Caselli, mitica canzone del 1966, è stata presa molto sul serio nel versante europeo del Mediterraneo, incollando nella nostra capacità di giudizio un sentimento anarcoide che ci fa parlare di istituzioni esclusivamente come espediente retorico per continuare a fare gli affari nostri. Quanta retorica è stata versata sulla nostra stampa sul modello Barcellona, faro di sportività ed educazione (siamo provinciali, quindi l’erba del vicino è sempre quella più verde), ed ora scorriamo un attimo questa dichiarazione: “Ogni volta che giochiamo nello stadio dell’Inter succedono cose fuori dal nostro controllo, che non vanno come vogliamo. Sappiamo tutti cosa è successo con questo arbitro quando siamo venuti qui l’ultima volta”. A sentire i “Blaugrana” si prefigurerebbe un Inter con in mano l’UEFA e l’intera classe arbitrale europea, c’è da chiedersi quali siano e da cosa siano regolate tali complicità adombrate su “Le Ramblas”. Ci sono anche delle voci di buon senso, e per fortuna, e quindi è il portiere del Barcellona, Wojciech Szczesny, a portare un po’ di ragionevolezza sulla surreale polemica: “Non intendo soffermarmi sull’arbitraggio, non c’è bisogno di cercare scuse. Non vale la pena proseguire su questa strada”.

Ci sarà qualche adolescente che leggerà le parole del portiere polacco? E nel bar dei social qualcuno le noterà? La situazione è grave ma non è seria, direbbe il celebre aforista (Ennio Flaiano), ed è proprio sulla mancanza di serietà grave che si fonda la pantomima che diventa precedente storico e risplende di impunità. Tutti possono dire tutto e il contrario di tutto, incuranti di mettere in grave difficoltà chi ha il compito di far osservare le regole, anche comportamentali. Rileggendo le dichiarazioni dei rappresentanti del “Mes que un club” (un giorno l’Europa affogherà nella sua retorica qualunquista. Quel giorno temo stia per arrivare), ci sarebbe solo da portarli non solo davanti alla giustizia sportiva dell’UEFA, ma anche davanti a quella ordinaria. La frase storica divenuta parte importante del brand catalano, fu coniata da Narcis de Carreras durante la sua candidatura alle elezioni per la presidenza del club del 1968. Nel nome di battesimo c’è praticamente la profezia dell’atteggiamento protervo “Blaugrana” di oggi. I “Culer”, i tifosi del Barcellona, hanno costantemente definito il calcio una forma d’arte, e l’arte forse si dovrebbe rispettare. Amare il calcio, e anche la vita, vuol dire essere capaci di accettarne le regole, anche quando queste ci vengono addosso come un treno in corsa lasciandoci senza fiato. Anche quando riteniamo di essere vittime di una ingiustizia. Dimentichiamo per un attimo “Il Conte di Montecristo”, e passiamo ad Osvaldo Soriano con il suo ingenuo, e magnifico, romanticismo: …"ci restano amicizia fugaci, piccoli momenti d’amore, essere vivi malgrado tutto. Ma bisogna anche vivere con dignità". Oggi abbiamo perso, domani proveremo a vincere. Il copione non cambia mai, basta rispettare il gioco e provare ad essere felici. Non è poco.

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

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