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Ed è in questa debolezza che Cvc Capital si sta incuneando, certa di trovare dei mercanti ormai padroni di un tempio, da cui sono stati espulsi definitivamente i fedeli. La Figc, al solito, rimane a guardare e continuerà a consentire ai mercanti, la Lega di Serie A, di fare il loro esclusivo interesse, in barba a qualsiasi interesse di “sistema”, al quale il calcio, come bene comune, legittimamente appartiene. Il neoliberismo, da sempre, funziona così: prima provoca una crisi feroce, poi ti terrorizza rendendoti debole, poi ti fa digerire qualsiasi cosa a esso convenga per moltiplicare denaro. E le complicità e gli atti di ignavia non si contano, tra intellettuali politici e giornalisti. “Gli italiani – ha dichiarato Luca Ricolfi, uno dei più accreditati sociologi e politologi italiani – mi hanno sorpreso per la loro docilità e il loro scarso amore per libertà e democrazia. Abbiamo bevuto tutto ciò che le autorità ci dicevano, senza pretendere l’unica cosa che dovevamo pretendere: serietà e trasparenza. In democrazia – ha concluso Ricolfi – ogni popolo ha i governanti (e i giornalisti) che si merita”. Nei primi rumors della stampa nostrana, si sta già assistendo a qualche pena in favore dell’intervento di Cvc Capital, definito con frettolosità sospetta una sorta di salvatore dalle cattive acque in cui navigherebbe, causa pandemia, attualmente il calcio italiano. Cvc Capital, è quasi banale sottolinearlo, non è una onlus, e in genere ha un metodo operativo già collaudato in altri settori sportivi: moltiplica i debiti dell’organizzazione di cui cura (si fa per dire) gli interessi, distribuisce munifici dividendi agl’azionisti, per poi dopo qualche anno cedere tutto e dileguarsi.
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Ma già li vedo Lotito e De Laurentiis (come avrebbe sorriso Carlo Collodi nel vederli operare) sfregarsi le mani e il portafoglio di fronte all’offerta di 2,2 miliardi recapitata dal fondo britannico. “Salus populi suprema lex esto” (la salvezza dello stato sia la legge suprema), scriveva Cicerone nel tentativo di far comprendere ai suoi contemporanei e ai posteri come esistesse qualcosa a venire sempre prima dei nostri privati interessi. Lo stato generale del calcio dovrebbe venire prima di ogni avidità, ma temo che lo stordimento in cui i cittadini sono precipitati, causa di molti fraintendimenti della realtà, impedirà la comprensione della drammaticità della situazione. Perché dalla pandemia non stiamo uscendo migliorati, ma soggiogati. Ma volendo rimanere ottimisti, viene ancora in soccorso Viktor Frankl, a ricordare come “il potenziale umano al suo meglio è trasformare una tragedia in un trionfo personale, per trasformare la propria situazione in un risultato umano”. Si ha ancora tempo, quindi, per opporsi al trionfo del denaro sul rito. Per sconfiggere i meri interessi personali, in nome di ciò che è stato e si è amato. Per rammentare come prima responsabilità quella di essere dei buoni antenati. Magari si potrebbe prendere le mosse da una bella frase di Fedor Dostojevkij: “temo una sola cosa: di non essere degno del mio tormento”.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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