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I modi di operare nell’occidente furono rivoltati come un calzino, e non oso nemmeno immaginare quale traumi provocò alle persone del tempo nel loro quotidiano. Deve avere avuto risvolti terribili e di non facile gestione per le psicologie umane più semplici. Svegliarsi la mattina e non riconoscersi più in niente, perché una forza misteriosa e completamente avulsa da te ha deciso come la tua vita debba forzatamente cambiare. Il calcio, dal suo ingresso in “borsa” e dal suo essere regredito al livello di una qualsiasi iniziativa d’impresa, ha cessato nel tempo di essere un fenomeno culturale, trasformandosi in fenomeno di consumo. Certo sono ancora in vita le ultime generazioni che hanno vissuto lo sport più popolare del mondo come un fenomeno esistenziale dai risvolti romantici, ma temo siano, appunto, le ultime. Le nuove generazioni vivono il calcio come un fenomeno di costume dal carattere televisivo e patinato, e l’unica cosa ad importargli è il bacio mediatico che il nuovo campione acquistato fa sul logo della loro squadra. Tutto per una foto postata immediatamente sul web, al fine di generare la vendita di maglie con il numero e il nome della star. E’, per intenderci, tutto una nuova puntata di un reality show preconfezionato e con sentimenti eterodiretti, al quale vogliamo obbligarci a credere. Perché più che viverlo, abbiamo bisogno di consumarlo. Funziona così nell’Era dove un conglomerato come “Amazon” ha sostituito il diritto di commerciare al potere soverchiante ottenuto dal commerciare. E a sentire gli umori in giro, pare siano tutti ben felici di aver conferito questo potere ad Amazon. E’ la cosa inquietante è come questo potere, dalle genti, sia stato conferito all’azienda americana senza farsi un minimo di domanda, senza porsi un minimo di pensiero sulle conseguenze. Bene ha fatto Claudio Ranieri a ricordare come il Toro sia una religione, in un estremo tentativo, fatto da una persona veramente perbene, di sottolineare a tutti noi, a partire da Urbano Cairo, come la squadra granata sia il simbolo di un’idea. E l’idea metafisica del Toro è quella del diritto dei più deboli di provarci, è quella della fiducia come qualcosa di buono possa sempre accadere nelle nostre vite, è quella del granatissimo Ettore che va ad aspettare lo juventino Achille davanti alle Porte Scee, perché più della paura della morte vince la necessità di combattere. Il Toro è sempre stato amato da tutti, perché si è elevato ad archetipo. È il “non arrendersi mai” di Winston Churchill ancora presente tra i corridoi dei “Comuni”, è lo slalom di Maradona fatto ai giocatori inglesi andando a segnare il gol del secolo da dedicare ai suoi giovani compatrioti caduti nel conflitto Malvinas/Falkland, è il Grande Torino che urla al mondo come l’Italia esista ancora sotto le macerie del dopoguerra. Al mio amico tifoso del Toro dobbiamo dire di non rammaricarsi di avere trasmesso al figlio la passione granata, perché le parole di Claudio Ranieri nascondono un sottotesto importante: tutti abbiamo bisogno della religione del Toro, oggi più che mai. Urbano Cairo prenda davvero in mano la situazione e dia la guida tecnica della sua squadra ad una persona portatrice di un’idea, e al quale gli si dia tempo per costruire qualcosa a durare nel tempo. Il mondo ha bisogno più che mai di Ettore, oh se ne ancora bisogno. Ci vediamo tutti davanti alle Porte Scee, amici miei. E non dimentichiamo di portare il nostro entusiasmo, i nostri ricordi e la nostra fiducia nel futuro.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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