E quindi non può sorprendere più di tanto se ultimamente nella politica italiana si siano ascoltate parole che hanno detto tutto e il loro contrario, dando vita ad un governo rimasto appeso semplicemente ad una giustificazione di forma costituzionale. Almeno così alcune parole lo hanno giustificato: “la Costituzione sostiene che le maggioranze si formano in parlamento, e quindi questo nuovo governo è legittimo aldilà di ogni qualsiasi altra ragione”. Sembra importare poco, comunque la si pensi politicamente, come le parole dette dalla politica fino a qualche settimana fa escludessero categoricamente un appalesarsi di una maggioranza governativa stile “Conte-bis.
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Le parole cambiano repentinamente un giudizio, arrivando ad utilizzare la forma della Costituzione per nascondere una macroscopica contraddizione. Quello che non andava bene ieri, oggi è accettabile. Ma se la contraddizione data come possibilità dalla parola prende possesso della forma, siamo sicuri che la forma abbia ancora un valore? Se l’amore per una squadra di calcio, che secondo la vulgata va avanti da oltre un secolo, è l’unica cosa non passibile di cambiamento nel corso di una vita, come è possibile giustificare con le parole alcune contraddizioni opposte ai caratteri costitutivi di questo amore? Probabilmente Sarri, tifoso del Napoli sin da bambino e allenatore del Napoli antagonista della Juventus, l’ultima squadra a cui avrebbe dovuto offrire le proprie prestazioni professionali avrebbe dovuto essere proprio quella bianconera.
La parola “professionista”, diventa appunto una parola priva di senso se la si svuota di alcuni contenuti etici necessari. Conosco uno scrittore di cinema, tifoso di fede granata, che diversi anni fa declinò gentilmente un’offerta molto vantaggiosa economicamente per fare un film Rai su un pezzo di storia della Juventus. Avrebbe potuto trovare mille parole,in nome del professionismo, per accettare quell’opportunità professionale, ma rifiutò di cercarle quelle parole. “Esistono dei limiti – disse al latore della proposta- anche per il professionismo. Non sarebbe eticamente ed empaticamente giusto se accettassi la proposta di scrivere un film sulla Juve. Un tifoso del Toro non può farlo”. Ecco cosa hanno fatto l’uso diabolico delle parole, hanno scardinato ogni limite conosciuto, provocando la rimozione della coscienza delle cose che non possiamo fare, se vogliamo preservare il valore della forma. “Voglio correre con il Torino e Mazzarri per me è come un padre”, parole belle e gravide di promesse queste pronunciate da Nicolas Nkolou appena qualche mese fa, ma contraddette poco tempo dopo da altre parole che hanno fatto capire chiaramente come il giocatore volesse(e voglia) lasciare il “padre” Mazzarri e la corsa con il Torino per accasarsi in altri lidi. I tifosi granata, quando questo distacco di Nkolou dal Toro avverrà, troveranno parole per condannarlo o giustificarlo, probabilmente per lenire un po’ il dolore della perdita o semplicemente perché a volte le parole servono a far allontanare il nostro sguardo dalla verità espressa dalla realtà.
“Parole soltanto parole, parole tra noi”, canta Mina nella nota canzone, sognando di ritrovare sempre il meglio nell’uomo di cui è innamorata. Ecco, le parole possono anche condurre a ritrovare quel meglio smarrito, se solo se ne avesse voglia. Perché se torniamo a dare un valore alle parole, e glielo si può tornare a dare solo se alle parole leghiamo delle conseguenze/responsabilità, potremmo finalmente allontanarci da quella loro natura diabolica di cui parla Saramago. Allora non saremmo più costretti ad assistere alla patetica conferenza stampa della vigilia di Fiorentina-Juventus di Sarri, perché Sarri, avendo di nuovo ridato valore alla parola e alla forma, non potrebbe mai essere l’allenatore della Juventus. La parola legata alla conseguenza imporrebbe a tutti il giusto limite nell’agire. Forse in questa storia non vivremmo completamente felici e contenti, ma sicuramente in modo più decente. Sarebbe un sogno se, attraverso la parola, recuperassimo la decenza perché, usando ancora delle belle parole scritte da Stefano Benni,“Bisogna assomigliare alle parole che si dicono. Forse non parola per parola,ma insomma ci siamo capiti”. Spero di sì.
Con la collabrazione di Carmelo Pennisi
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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