La sensazione è che tutto sia un prodromo del calcio del futuro, magari sottoforma della tanto agognata “SuperLeague” ma stavolta progettata a trazione franco/tedesca. Nell’ambizione di trasportare la visione neocapitalista americana nell’Europa dei popoli e dei diritti sociali, il calcio potrebbe essere l’atteso “Superbowl” che annichilisce coscienze sedute in poltrona e macina miliardi da distribuire a corti affamate e ingorde. Esso sta vivendo una sua instabilità, non sa più esattamente cosa è anche se continua a mandare in scena il suo evento inzeppando il calendario di partite con cadenze sempre più ravvicinate. I giocatori sono simili ai gladiatori del film “Rollerball”, non combattono di certo fino alla morte ma vengono spremuti fino ad oltre le umane capacità fisiche. I loro frequenti infortuni hanno finito di essere un dramma, sono semplicemente danni collaterali trascurabili e rimediabili. “Tornerai più forte di prima”, “il club ti aspetta”, sono alcune tra le didascalie social dedicate ad atleti finiti con le gambe in trazione. L’ottimismo anima il commercio, e intanto lo spettacolo va avanti. Ora la “Red Bull” ha compiuto il colpo di assoldare Jurgen Klopp, affidandogli l’incarico di “Global Head of Soccer”, una sorta di sultano a capo del sultanato della galassia calcistica più controversa del mondo. Non si capisce ancora bene cosa farà l’ex allenatore del “Liverpool”, e in proposito si può star certi come tanta fuffa verrà dispensata dall’ufficio marketing di Salisburgo, ma Klopp rappresenta il sorriso “Durbans” da esibire in un eventuale futuro scontro al vertice tra “Paris FC” e “Paris Saint Germain”. Tutto concorrerà a far accrescere il valore di un campionato ancora dai connotati da step di passaggio, più che da attrazione globale del calcio. Ad Arnault la “Red Bull” serve per impostare un modello di business innervato in modo convincente in realtà calcistiche completamente diverse tra loro per storia e per cultura.
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Il modello di business ideato e pianificato nel tempo a Salisburgo, prevede l’azzeramento di ogni storia per crearne una nuova, concependo ogni suo arrivo come l’anno zero e l’alfa e l’omega di ogni decisione. È talmente profondo questo tipo di lavoro, che alla fine del processo di mutazione il club acquisito al massimo potrà apparire alle nuove generazioni alla stessa stregua di una “cover” di una esperienza passata. Tutto ciò sta avvenendo sotto i nostri occhi, con il calcio divenuto la famosa “rana bollita” di Noam Chomsky. Stanno cucinando a fuoco lento il gioco europeo più iconico con l’obiettivo di un cambio radicale e definitivo delle sue abitudini. Ci stiamo adattando lentamente alla biodegradabilità della sua natura costitutiva, stiamo trovando accettabile la mortificazione del senso della maglia in nome della vittoria, siamo addivenuti a credere logici e persino dovuti i guadagni stratosferici di tecnici e atleti, consideriamo le plusvalenze e i diritti d’immagine uno sfruttamento legittimo, e ci adattiamo all’aggiramento delle regole con il serafico atteggiamento mozartiano del “Così Fan Tutte”. Da Salisburgo prendono talmente per i fondelli, che non potendo mettere “Red Bull” Lipsia, a causa delle ferree leggi tedesche che non permettono di mettere un “brand” nel nome della squadra, perculano il diritto chiamando tutto “RasenBallssport” Lipsia e stampando sulla maglia l’acronimo “RB”. Le “jeux sont fait”. I tifosi del “Paris FC” stanno per essere presi in ostaggio, forse non lo sanno o forse gli sta bene così, in fondo la società dello spettacolo non ha bisogno di natura sociale e di ricordi, ma solo di presenza al consumo. Una cosa deve essere chiara: non è il calcio ad essere cambiato, siamo noi ad esserlo. Il calcio è un esecutore di fenomeni, lo è sempre stato e sempre lo sarà. Lo tenga bene a mente chi vuole alla sua porta soggetti come “Red Bull” o sceicchi vari: si sta vendendo l’originale per una contraffazione.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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