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Nella stessa intervista Serra sottolinea anche come oggi il problema italiano risieda soprattutto nella bassa produttività del lavoro, ovvero della quantità di valore aggiunto che riusciamo a mettere in ogni nostra ora lavorata. “E’ un problema di talento acquisito”, aggiunge nella stessa intervista l’imprenditore di origini genovesi naturalizzato britannico, mettendo l’accento sul fatto come negli ultimi decenni in Italia si sia stata elevata a singolare regola quella di mettere la persona sbagliata nel posto giusto. E quando si legge di una vicepresidenza della Lega di Serie C al momento al momento affidata ad una che di mestiere nella vita fa l’attrice, allora qualche ragione a chi accusa il nostro Paese di non occuparsi con serietà della faccenda della produttività bisogna darla. Al momento della sua elezione, avvenuta nel 2018, aveva messo in cima ai suoi intendimenti il coinvolgimento della scuola nelle vicende del calcio. la scuola, ad oggi, non ha notizia di attività portate avanti in suo favore dall’attrice romana. Ma il problema, a dire il vero, non è la povera Capotondi, ma piuttosto di un presidente del Coni che ormai da anni batte un colpo solo quando si parla di organizzare olimpiadi o quando un ministro gli toglie una qualche gestione economica dello sport italiano. E siamo sempre lì, ai soldi. Nell’antichità il “talento” designava una moneta greca, perché al denaro si dava il simbolo archetipo del “valore”, cosicché quando una persona realizzava positivamente le proprie qualità sul mercato, finiva per realizzare se stesso come persona di valore. Era l’indice di produttività di cui parlano Serra e tanti altri quando puntano il “focus” sulle criticità del nostro Paese. Difficile comprendere, oggi, quale sia il rapporto reale tra gli emolumenti acquisiti e il valore reale dei talenti della nostra elite. Questa rubrica più volte ha parlato della sua palese inadeguatezza. E’ un Italia che se progetta, ormai progetta solo al ribasso, avendo come orizzonte il galleggiamento mentre si rosicchia qualche osso lasciato dalle generazioni precedenti. Quelle della nonna di Davide Serra, per intenderci.
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Ove mai arrivassero fondi dal mitologico “Recovery Fund”, c’è da sperare si sia ipotizzato un piano per ristrutturare anche il mondo dello sport, ma il rischio di rimanere disperati rimane altissimo. Agl’italiani, a mio parere, non è stato spiegato bene il carattere da “ultima fermata” del “Recovery Fund” e del “Mes”, ove mai sul serio si decidesse di accedervi. Non è un problema di essere d’accordo o meno con queste due forme di finanziamento, ma di prendere coscienza che se si dovesse ancora una volta fallire dopo avervi aderito, il prossimo passo sarebbe la ristrutturazione del nostro debito. A quel punto lo scenario diventerebbe drammatico e irreversibile. E di fronte alla scelta più cruciale dei 150 anni di storia italiana, c’è un presidente di una lega calcistica “occupato” a chiedere soldi senza spiegare in che modo li utilizzerà, chiede soldi senza presentare un piano di rilancio del calcio di provincia, chiede soldi e basta. La produttività del lavoro e l’investimento di denaro pubblico come effetto moltiplicatore dell’economia? Solo un banale dettaglio. Ma bisogna capirlo, Ghirelli, perché dal lato del governo c’è chi va sostenendo come il Paese non debba “essere guidato solo dalla volontà di favorire il business”. Quando uno come Francesco Boccia, l’autore di questa sciocchezza travestita da solenne analisi politica, non riesce a comprendere dalla posizione privilegiata di uno scranno governativo come non si stia parlando di business ma di sopravvivenza di un Paese, si fa improvvisamente chiarezza sui perché e i per come del declino italiano. Aver messo in concorrenza tra loro, causa pandemia, denaro e salute, è l’ultima fatale sciocchezza di una elite senza nessuna qualità. Fosse di destra o di sinistra. Se osserviamo le cose dal lato dello sport, perché di questo “Loquor” si occupa, non resta che una tenue speranza di una dirigenza sportiva finalmente disposta a prospettare idee di futuro. Nel mentre i bambini del 2020 continuano, ignari, a costruire nel presente il bagaglio dei loro ricordi. Non saranno, temo, bei ricordi, ma almeno saranno un necessario monito per costruire un futuro diverso da quello che noi gli stiamo consegnando.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con Anthony Weatherill della rubrica "Loquor" su Toro News, annovera tra le sue numerose opere e sceneggiature quella del film "Ora e per sempre", in memoria del Grande Torino.
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