tor columnist Qualcuno vuole la Juventus. Qualcuno vuole il Toro?

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Qualcuno vuole la Juventus. Qualcuno vuole il Toro?

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“L’offerta di Tether di un miliardo per prendersi la Juve, diciamolo con franchezza, non era congrua”... Torna Loquor, di Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi
Carmelo Pennisi Columnist 

“Torino invita alla logica, e attraverso la logica apre alla follia”

Italo Calvino

Non si capisce l’offerta di Tether per l’acquisizione della Juventus, se non si fa una riflessione adeguata su come si sta evolvendo la città di Torino, sul fatto di essere considerata una dei luoghi più promettenti d’Europa riguardo allo sviluppo economico/sociale. Negli ultimi tempi si è addirittura registrata una inversione di tendenza riguardo al flusso demografico negativo degli ultimi decenni, ed è sorprendente rilevare ciò dal momento in cui il capoluogo piemontese ha smesso di pensarsi esclusivamente attraverso l’automotive. Se cento anni fa l’automobile rappresentava il futuro, oggi sono le “startup”, ovvero imprese di nuova costituzione alla ricerca di nuove tecnologie e “venture capital”, ad animare la ricerca di un futuro più che mai desideroso di cambiamenti vorticosi e di nuove possibilità di mercato. Torino sta raccogliendo questa sfida, attira giovani dalle menti brillanti, single e con tempo libero da spendere in cose non banali fino al punto di ricevere il titolo di “Capitale Europea dell’Innovazione 2024-25”. L’ottimismo sta tornando corposo in città e si è nella tipica situazione pre boom di qualche cosa, ancora dai contorni non proprio definiti o definibili. E’ presto per capire se il capoluogo piemontese possa assumere il carattere di una nuova Seattle, certo è che gli investimenti stanno crescendo e allora anche una cosa come il calcio 2.0, quello che si è trasformato da gioco a forma di intrattenimento, potrebbe suscitare un interesse fino a ieri assente.

L’offerta di “Tether” di un miliardo prendersi la Juve, diciamolo con franchezza, non era congrua, e quindi era quasi scontato il diniego di John Elkann, un diniego che ha preso i connotati di una dichiarazione d’amore quasi eterna verso un bene considerato di famiglia, quasi una sorte di gioiello della corona. Giovanni Cobolli Gigli, uno che il pianeta Juve/Elkann/Agnelli lo conosce abbastanza bene, in una intervista velenosa ha ricordato come anche fino a due mesi fa il capo di “Exor” giurava che non avrebbe mai venduto il “Gruppo Gedi”, e proprio in questi giorni, con dei risvolti un po’ drammatici, si sta assistendo ad una discutibile cessione del principale gruppo editoriale italiano al greco Theodore Kyriakou, un personaggio dai contorni poco chiari e sodale d’affari del principe ereditario saudita bin Salman. Le parole di Cobolli Gigli forse centrano il segno, perché nel liquidare “Gedi”, John Elkann si sta disfacendo anche del quotidiano “La Stampa”, che in quanto a valore di famiglia non è che contasse meno della club bianconero. L’ex presidente della Juve ha pure ricordato la perdita di un miliardo da parte del club negli ultimi anni, e questo fa il paio non solo con la mancanza di risultati sportivi ma anche con un certo raffreddarsi di prospettive di sviluppo commerciale ed immobiliare del brand Juve. Il club negli ultimi anni ha oggettivamente perso dinamicità operativa ed è entrato in una sorta di stato confusionale. C’entra la crisi attraversata da Torino con il declino della sua vocazione sull’automobile e c’entra anche una certa allergia di John Elkann a gestire sviluppi aziendali piuttosto che finanziari. Il calcio italiano, inoltre, è entrato in una crisi  senza precedenti, povero come non mai di ricavi, utili e prospettive, e delle 146 società professionistiche in vita negli anni novanta ne rimangono 90. Servono nuove idee e nuove risorse, cosa di cui le proprietà dei due club cittadini sembrano essere in tutta evidenza sprovvisti o stanchi(nel caso di Elkann) di continuare ad immettere.

La sensazione è quella che da parte di “Tether” ci sarà un rilancio, che per forza di cose dovrà superare i due miliardi di euro, anche perché il suo status di “stablecoin” agganciata al dollaro potrebbe far gola a tutte quella realtà di startup che, come dicevamo, stanno venendo su con l’intenzione di far diventare Torino un hub internazionale delle nuove tecnologie. L’ecosistema torinese prospettato per il futuro ha molti punti di contatto con il mondo arabo, talmente vigile sulle nuove tecnologie e sullo sport da avergli riversato molte risorse. Inoltre i recenti accordi firmati dall’attuale Governo per investimenti in Italia da parte di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, potrebbe essere la spinta decisiva per portare gli arabi a prendere in considerazione di fare calcio a Torino, prendendo in esame sia l’opzione Granata che quella bianconera. Gli arabi stanno cercando da anni di relazionarsi con l’Europa con il loro modo para adolescenziale, tipica di una cultura che si sta affacciando nella  modernità, di chi è affascinato da un futuro ipertecnologico senza prima essere passati da un “Rinascimento” o da una rivoluzione industriale. Il modus operandi è quello di apprendisti della modernità ma con tanti di quei soldi da potersela comprare, e soprattutto è una società molto giovane, quindi fisiologicamente dinamica. Ovvio quanto ciò che sta accadendo a Torino possa essere una calamita per il loro modo di pensare, e non è escluso come ad un progetto calcio, come già accaduto a Manchester e Newcastle(il Paris Saint Germain rientra in un altro discorso e in un’altra casistica), ci stiano già pensando da qualche tempo. Ci fossero cambiamenti di assetti proprietari di una certa importanza dei due club torinesi, il volto del calcio italiano cambierebbe non poco considerato come sarebbero inseriti in un contesto urbano sulla soglia di una fase di rilancio. Il calcio italiano, per riprendersi dal suo momento di marginalizzazione, ha un bisogno vitale di Torino e di un suo eventuale risveglio di entusiasmo sociale. Il nostro calcio ha bisogno di ritornare “giovane” per ritrovare stimoli perduti, smarriti anche a causa di una elite italiana negli ultimi anni  smarritasi a sua volta.

C’è bisogno di tornare a progettare e di farlo traghettare sul serio nel futuro il nostro gioco più seguito e amato, ha urgenza di linfa di nuove competenze e anche di sfrontatezza imprenditoriale. Le startup, è vero, sono realtà imprenditoriali ad alto rischio di fallimento, come tutte le neoteorie che vogliono diventare prassi, ma quando hanno successo sono momenti di alto valore aggiunto nell’economia. Sono stimolo per il mondo imprenditoriale a provare a dare il meglio di sé, e quindi per natura veicolano ottimismo e “venture capital”, e sono filosoficamente contrari sia al concetto di “vanity asset”(come in questo momento è la Juve per Exor), sia allo status quo da piccolo rigattiere che si accontenta dell’osso lanciato dalla tv per trovare ristoro nei ricavi(come nel caso del Toro gestito da Urbano Cairo). Se Torino abbia trovato il bandolo della matassa o meno per smuovere finalmente i suoi affari calcistici lo si vedrà, di certo il suo sistema nervoso sta dando i giusti input forieri di slancio, ed è lecito aspettarsi novità importanti. Le città sono costruite su desideri e paure, e possono essere anche abisso della civiltà, ma è dalla loro capacità di risvegliare istinti e creatività che tutto riparte. Dietro l’immobilismo di John Elkann e Urbano Cairo(immobilismo espresso ovviamente con diverse modalità e disponibilità economiche), sta arrivando a spingere il furore della storia determinata a continuare la sua strada. Certo  tutto, nella proprietà dei due club, potrebbe rimanere  come oggi, ma il furore della storia non potrà essere ignorato dagli attuali presidenti, sarebbe un delitto contro la città e contro il futuro. Torino è in marcia e le sue due società di calcio non possono restare ferme ad osservarne il cammino, esse ne devono essere protagoniste. Sarà interessante vedere Torino nel suo futuro prossimo, non sarà ricostruzione ma rivoluzione e sfida. Il calcio saprà raccogliere tutto ciò?

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coa­utore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

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