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Quello che invece il DT si guarda bene dal dire, è che se ormai il Torino FC è una squadra ‘non importante’ ridotta a mera succursale di quelle con vere ambizioni, la responsabilità è anche (e soprattutto) di chi in venti anni non ha saputo creare nulla più che un mediocre sistema di sussistenza, piallando sistematicamente visibilità e credibilità di uno dei club più prestigiosi d'Italia per storia e valori. Quello che Vagnati tace, è che per i giocatori l’appeal di una squadra dipende anche dai suoi risultati in campo nazionale ed europeo, e che per ottenerli, se non si vogliono spendere soldi, bisogna almeno avere idee e competenze sul mercato, come dimostrano squadre capaci di scovare e valorizzare fior di talenti. Dare uno sguardo alla lunga e avvilente lista di mezzi pedatori che hanno sfibrato bilanci e fegati dei tifosi negli ultimi anni potrebbe aiutarlo a individuare il responsabile di buona parte del problema. Alla fine, a pagare lo scotto della vacuità e dell’inconsistenza della società è paradossalmente Vanoli, l’unico che fino ad ora ha provato a fare e a dire qualcosa di granata. Il nuovo allenatore debutta in serie A ed avrebbe avuto bisogno di qualità in campo e di tempo per imparare. Si è invece ritrovato in mano un gruppo scremato nel talento e assemblato tardi, le cui lacune evidenziano ancor più la mancanza di esperienza e di adattamento del nuovo mister alla massima serie.
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Schierare titolare un Maripan in ritardo di condizione dopo lo scempio fatto vedere con la Lazio è stato un azzardo inutile (e forse eccessivo dopo i rischi già presi con la formazione senza capo né coda in Coppa Italia). Non coprirsi subito con un terzo centrale in 10 a San Siro contro l’Inter sa di suicidio annunciato, cosi’ come è stato un dispendio non necessario lasciare il trentaquattrenne Zapata da solo allo sbando in campo aperto in un finale di partita che non aveva più nulla da dire. Ma al mister alla fine si può imputare ben poco: deve fare fuoco con la poca legna di bassa qualità che la società gli ha messo a disposizione, e non è colpa sua se 65 milioni di introiti e mesi di trattative hanno partorito una difesa senza difesa. L’ultimo pensiero non può che essere speso per esprimere speranza e ammirazione per Duvan Zapata, che il cuore Toro lo ha sempre dimostrato in campo e che per rispetto della maglia e della gente granata nel finale di una partita ormai persa è andato stremato a combattere per quel pallone in più che forse agli occhi di chi non sa cosa sia il Toro non era neanche ‘importante’.
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