Quello che mi pare manchi perciò al Toro è la mentalità giusta per "calarsi" nella parte che deve fare sul palcoscenico della serie A: l'anno scorso la squadra ne necessitava una da neopromossa in lotta per non retrocedere, ma quasi mai ha interpretato quella parte con la convinzione necessaria, tant'è che sul finale di campionato ha rischiato di essere risucchiata nella zona rossa della classifica. Quest'anno doveva ritagliarsi un ruolo da parte sinistra della classifica, ma raramente ha saputo fare sfoggio di quella mentalità che ti fa vincere partite definibili spartiacque tra un tipo di campionato di alto livello ed uno di medio-basso.
Forse, azzardo, è qui che sta la madre di tutti gli errori di Ventura: la squadra lo segue molto pedissequamente, troppo, tanto che non mi pare che i singoli giocatori si prendano iniziative per tentare giocate al di fuori di quelle suggerite dal mister. Un bene in linea generale, un male se si vuole fare il salto di qualità. Una squadra di calcio non è come una squadra di football americano dove gli schemi sono quasi la Bibbia per i giocatori. Ventura è bravo a dare forma e sostanza alla squadra ma, presumendo che sia lui il punto di partenza dell'atteggiamento degli uomini in campo, forse pecca di abilità nel trasmettere la sicurezza necessaria per trasformare le giocate dei protagonisti in campo da semplici compitini a efficaci variazioni sul tema. E' chiaro che se un giocatore è più preoccupato dal non dover uscire dallo spartito per non deludere le richieste del mister, difficilmente avrà la serenità e la scioltezza per provare cose in grado di sparigliare le carte in campo.
Un Toro che non si getta allo sbaraglio per avere la meglio di un avversario non può che essere considerata una squadra attenta e matura, ma lo stesso Toro se non "azzanna al collo" un avversario come il Cagliari in condizione psicologica peggiore, dimostra di non avere la mentalità per affrontare certe sfide con il giusto piglio, quello della squadra che può stare nella parte sinistra della classifica. Non so se questo coraggio debba essere già insito nei giocatori o debba partire da chi ha il manico del comando: nel primo caso significherebbe che come per Don Abbondio vale il detto manzoniano che "uno il coraggio se non ce l'ha non può darselo", ma nel secondo vorrebbe dire che è Ventura a peccare di scarsa attenzione verso questo aspetto...
Infine una banalissima considerazione sulla partita di Cagliari: i rossoblù reduci da tre sconfitte consecutive, quindi in seria difficoltà emotiva e psicologica, avevano in campo il proprio capitano Conti che è stato l'autore della doppietta da tre punti per la sua squadra. Il Toro, invece, che secondo l'allenatore cominciava il suo campionato proprio domenica, aveva in panchina il suo capitano in una partita con la difesa schierata a quattro e presentava titolare Bovo preso apposta per fare la difesa a tre. Parecchio strano, non trovate? Però in un certo senso esemplificativo di quanto l'aspetto mentale possa giocare un ruolo determinante nel calcio.
I moduli sono buoni per far discutere la gente al bar e farci sentire tutti allenatori, ma mi sa che quello che conta davvero sono la qualità dei giocatori e la mentalità che la squadra acquisisce o che gli viene trasmessa dal proprio allenatore. A questo punto ognuno faccia i propri Conti...
Alessandro Costantino
(Foto Dreosti) Follow @AleCostantino74
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