Cosa aveva di speciale il Toro degli anni Ottanta?"Il Toro era unico. Era, ora non lo è più. Il Toro è stato unico fino a qualche anno fa per il suo senso di appartenenza e per i suoi figli del Filadelfia. Essere unici in una città in cui c'erano gli altri era l'unico modo per sopravvivere. Il Toro era un modo di essere, anche a livello esistenziali. Oggi purtroppo manca".
Oggi ha dichiarato più volte di non seguire più la Serie A. Il Toro ha perso la sua unicità? Perché? "Per un insieme di cose. I tempi sono cambiati e con loro il calcio. Comunque, c'è qualcosa che ha aiutato a cambiare ancor di più i connotati di questa società".
Si definirebbe disinnamorato del Toro?"Sì, sono disinnamorato e non sono l'unico. Sono nato e vivo a Torino. Ho tanti amici granata e oggi molti di loro guardano, come me, solo il risultato. Il calcio moderno fatica a emozionare noi nostalgici, sarà un nostro difetto ma è così".
Comunque, continua a vivere il mondo del calcio tra Serie C e Serie D: lì è diverso? "Ormai anche nel calcio dilettantistico e nel mio mestiere conta più l'apparenza che tutto il resto. Essere fatti in una certa maniera piuttosto che in un'altra aiuta moltissmo".
Nella perdita di unicità del Toro quante colpe attribuisce alla lunga gestione Urbano Cairo?"Il Toro di oggi è figlio del calcio di oggi, senza radici. Non c'è più un componente della società che ha vissuto quel Toro là, quel Toro unico nella città con gli altri. Non esiste più un settore giovanile che sforna giocatori, questo non riguarda solo il Toro, però è triste che coinvolge il Toro. In una città in cui non ci sono Genoa-Sampdoria, Milan-Inter, ovvero società che si equivalgono, devi essere unico altrimenti ciao. A Torino c'è la Juve e purtroppo va sempre bene a loro. Quindi, si deve sopravvivere con i valori".
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