Quale?"Ne avevamo due. Uno era il gruppo: eccezionale, eravamo molto uniti e avevamo tutti la consapevolezza che insieme potevamo uscire da qualsiasi difficoltà. Il secondo segreto era il mister: Camolese era davvero super".
Cosa vi siete detti durante l'intervallo? "Nulla di fuori dal comune, ci siamo soltanto detti di ragionare da squadra e siamo rientrati in campo molto consapevoli di quello che dovevamo fare e siamo riusciti a ribaltare la partita".
Da allenatore ha attinto da Camolese?"Camola è stato un grande, un'ottima persona e un ottimo allenatore. A quel tempo era un giovane tecnico emergente, un grande studioso che aveva molta voglia di dare. Era un innovativo. In quel Toro fece la differenza".
E quella buca?"Resta iconica. Segnammo il 3 a 3 sotto la Maratona, il mio stato d'animo ve lo lascio soltanto immaginare. Stava uscendo un pomeriggio straordinario e non potevamo perdere per un rigore nel recupero. Allora ho cercato di disturbare il battitore, Salas ha messo la palla sulla buca e il tiro è andato alle stelle... Tutto bene quel che finisce bene".
In quella stagione regalaste due derby splendidi ai tifosi."Vero, anche al ritorno uscì un bellissimo 2 a 2 con il rimpianto del gol di Maresca. Tra l'altro giocavamo contro una Juventus fortissima; era composta da metà Nazionale italiana e da metà Nazionale francese. Noi avevamo dalla nostra un gruppo molto unito. Già la stagione prima in Serie B avevamo stabilito record su record. Sentivamo dentro di noi uno spirito differente".
Si aspettava di più dal Torino di oggi?"Questo Toro è da metà classifica, lo sostengo da tempo e i risultati lo certificano. Il Toro è da anni sempre inferiore alle prime otto. Quest'anno manca qualche punticino, quindi la classifica deve iniziare a far paura. Venire immischiato nella baraonda della salvezza non è mai un affare perché venirne fuori diventa complicato. Mantenere il cuscinetto diventa fondamentale, per farlo servono punti".
Cosa manca al Toro?"Manca il senso di appartenenza, manca l'amore che si dava alla maglia. Non è una critica ai giocatori che purtroppo sono schiavi del sistema. Una volta se firmavi un contratto triennale, sapevi che per tre anni eri in quel club. L'aspetto economico ha vinto, quindi l'attaccamento scende. I social hanno influito tanto. Oggi il 95% degli allenamenti è a porte chiuse, roba impensabile trent'anni fa. C'è sempre un maggior distacco rispetto ai tifosi. I tifosi vengono comprati ma il rapporto giocatore-tifoso è molto meno intenso rispetto al passato. Se si vuole far diventare il calcio spettacolo, i rischi aumentano".
© RIPRODUZIONE RISERVATA



/www.toronews.net/assets/uploads/202304/7d98fd554c540056f3d614f9aeedd3af.jpg)
/www.toronews.net/assets/uploads/202508/2152c6c126af25c35c27d73b09ee4301.jpg)