Non echeggiava più nessun coro a favore del presidente in curva Maratona nella stagione del 1993, nonostante sotto la gestione Goveani il Torino vinse la Coppa Italia. La squadra poteva contare ancora su giocatori di altissimo livello. A fine 1993, le azioni granata furono sequestrate dai giudici e Goveani si dimise da presidente. Il curatore fallimentare cedette il pacchetto azionario a Gianmarco Calleri. A giugno 1994, il notaio fu arrestato con le accuse di concorso in bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e appropriazione indebita. Goveani collaborò attivamente con la giustizia e in seguito venne assolto dall'accusa di appropriazione indebita, ma venne condannato per concorso in abuso d'ufficio. La tifoseria granata era frastornata e disorientata. Non sapeva più con chi prendersela, ma ben presto, con l’avvento di Calleri (dirigente sportivo italiano ed ex presidente della Lazio, nonché proprietario di diverse azienda tra cui la Mondialpol), ritornò anche il capro espiatorio.
Divennero sempre meno i tifosi che si recavano allo stadio per seguire le vicende del Torino. Le contestazioni erano ridotte ai minimi termini perché subentrò più indifferenza che astio. Il primo anno di Gianmarco Calleri risultò positivo dal punto di vista dei risultati, meno il secondo. Rifonda la società e la squadra, ma trascura il settore giovanile e soprattutto si macchia di una colpa che mai nessun tifoso granata gli ha mai perdonato. A differenza dei predecessori, Calleri considerava lo stadio Filadelfia un peso e affermava di non avere interesse al suo recupero. La mancanza di lavori di ristrutturazione costarono al Torino numerose sanzioni pecuniarie e, dopo l'ennesima proroga, il 27 settembre 1994 ne venne dichiarata la completa inagibilità a causa dei continui crolli. Nel secondo anno della gestione calleriana, il Torino retrocede per la terza volta in serie B. Negli ultimi allenamenti della stagione, a retrocessione acquisita, un’incursione dei tifosi negli spogliatoi granata mise in fuga numerosi giocatori che, pur di salvar la pelle, preferirono non farsi più vedere a Torino. Anche Calleri non si fece quasi più vedere a Torino e nel 1997 lasciò la presidenza al genovese Vidulich.
In realtà a gestire il Torino erano in tre: Massimo Vidulich, il presidente, Renato Bodi che ricopriva il ruolo di direttore sportivo e Davide Palazzetti quello di amministratore delegato. La loro azienda era l’Hsl, azienda che ufficialmente offriva «consulenza strategica» nel campo della comunicazione. Dopo due anni di gestione, il Toro ritorna in A. La triade genovese fu l’unica a non aver mai ricevuto feroci critiche da parte della tifoseria (forse sono stati troppo poco tempo per riceverne), ma i proventi delle loro attività sono sempre stati dubbi. Pare che dietro loro ci fosse un certo Roberto Regis Milano, reale proprietario del Torino, con capitali custoditi alle isole Cayman e fantomatici affari in Malesia. Il loro operato passò quasi inosservato e, dopo due anni e mezzo, il Torino Calcio passò nelle mani di Franco Cimminelli per una cifra introno ai 35 miliardi delle vecchie lire, più debiti per 40-50 miliardi.
Cimminelli vattene! Ormai siamo quasi ai giorni nostri. Ben presto tornano gli striscioni con il solito slogan coniato a inizi anni ’80. Di Franco Cimminelli, proprietario della Ergom, azienda fornitrice di materie plastiche della Fiat, si è sempre parlato in abbondanza. Cinque anni a capo del Torino Calcio, con Attilio Romero presidente, ex uomo di relazioni pubbliche della Fiat, nonché storico tifoso del Torino. Cinque anni culminati con il fallimento della società Torino Calcio. Disastro finanziario anche per Cimminelli che svende a 1 euro la Ergom alla Fiat. Disastro sportivo per il nostro Toro. E’ la fine. Non si contano gli striscioni di dileggio e i cori aspri e duri intonati per anni nei loro confronti.
Cairo vattene! Adesso è il suo momento. E’ il momento delle feroci critiche anche per l’attuale presidente del Torino Fc. Stesso striscione che campeggia in curva Maratona, la parola vattene rimane, cambia solo il nome del presidente. Non c’è nemmeno più originalità nell’espressione delle frange più contestatrici del tifo.
Avanti il prossimo, consapevole che questo è ciò che accade a chi diventa proprietario del Torino: insuccessi sportivi, disgrazie finanziarie e un pubblico che non risparmia contestazioni; lo stesso pubblico che spesso viene (o meglio veniva) definito come il più caloroso d’Italia. Ahimè, ormai, questo è il nostro biglietto da visita
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