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Müller e gli anni al Torino: “Ero lo straniero più pagato dopo Maradona”

Müller e gli anni al Torino: “Ero lo straniero più pagato dopo Maradona” - immagine 1
L’ex attaccante brasiliano racconta il suo passaggio in granata tra rimpianti e una frase di Radice che non scorderà
Matteo Curreri

Luiz Antonio da Costa, meglio conosciuto come Müller, è tornato a parlare della sua esperienza al Torino, vissuta tra il 1988 e il 1991. In una recente intervista rilasciata in Brasile al programma Abre Aspas di Globo, l’ex attaccante brasiliano – oggi commentatore televisivo – ha ripercorso quegli anni non particolarmente memorabili, né per lui né per i tifosi granata, che all’epoca riponevano grandi aspettative nel suo talento.

Nel corso della conversazione, Müller ha espresso un’opinione netta sulla qualità del calcio attuale, paragonandolo alla sua epoca:


“Non parlo solo per me, ma tanti miei contemporanei sicuramente lotterebbero per essere i migliori del mondo. Chiaro, a patto di giocare in Europa. Un brasiliano, un genio, non è mai stato e non sarà mai il miglior giocatore del mondo restando in Brasile. Bisogna andare in Europa, giocare la Champions, stare nelle grandi leghe".

Müller: "Ho preferito restare al Toro"

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Alla domanda sul perché la sua carriera nel calcio europeo non sia decollata come ci si aspettava, l’ex granata ha risposto con schiettezza: “Perché sono andato al Torino, una squadra media. E anche se ho segnato 11 gol in Serie B, ero considerato forte. Avevo già giocato in nazionale. Il problema è che l’ambiente ti plasma. Mi ero ambientato, avevo amici, e ho preferito restare. Non ho voluto andare a Milan, Roma, Lazio o Barcellona. Qui in Brasile ho giocato solo in grandi squadre, e questo ha fatto la differenza". Nonostante un rendimento altalenante, Müller sottolinea come il suo valore fosse comunque riconosciuto anche in Italia: “Ero il secondo straniero più pagato, solo dietro a Maradona, pur giocando in una squadra media. Per me era tutto perfetto. Anche in Serie B sono tornato in nazionale. Non me l’aspettavo, perché la concorrenza era alta".

Müller e Radice

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Tra i ricordi più vividi di quel periodo, Müller ha raccontato un episodio che ha segnato la sua crescita personale e professionale, protagonista l’allora tecnico granata, Gigi Radice: “Per due mesi non mi guardava nemmeno in faccia. Diceva ‘buongiorno’ in modo generico e se ne andava. Un giorno, in allenamento, mi chiama e dice, secco: ‘Sai che sei un fenomeno? Careca sta volando con Maradona a Napoli, ma se tu metti in campo il 10% di quello che puoi, sei meglio di tutti. Anche meglio di Careca, perché sei un genio, solo che non lo sai’". Quelle parole, secondo Müller, hanno avuto un impatto profondo sul suo modo di affrontare il calcio: “Mi hanno esaltato in una maniera enorme. Ho iniziato ad unire velocità e tecnica. È stato un colpo al cuore, in senso buono. Sono diventato il giocatore che ero grazie a quella frase".