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tor mondo granata Vasyl Pryima, la meteora granata che racconta il nostro tempo

IL RACCONTO

Vasyl Pryima, la meteora granata che racconta il nostro tempo

Vives Vasil Pryima prima corsa in Sisport
Dal fallimento del Metalurh Donetsk ai mesi al Torino di 10 anni fa, ma la guerra in Ucraina è ancora attualità
Matteo Curreri

Non tutti i calciatori inseguono il sogno di giocare sotto i riflettori dei grandi palcoscenici. Alcuni, invece, si ritrovano costretti a fuggire da un incubo a occhi aperti. È il caso di un ragazzo il cui fugace passaggio nel calcio italiano racchiude significati ben più profondi.

È ottobre 2015. Il Torino comincia bene, ma poi qualcosa si inceppa. La squadra di Giampiero Ventura perde 2-1 contro il Carpi, che festeggia la sua prima storica vittoria in Serie A. In difesa pesano le assenze: Maksimovic si rompe il piede, Jansson si ferma per un problema al tendine. Il ds granata Gianluca Petrachi sfoglia la lista degli svincolati. Tra i nomi c’è un ventiquattrenne ex nazionale Under 21 ucraino: Vasyl Pryima. Non gioca da quattro mesi, da quando il suo club, il Metalurh Donetsk, è fallito come conseguenza della guerra nel Donbas.


Arriva a Torino in prova e, dopo aver assistito al pari per 1-1 con il Milan, firma un contratto di un anno, con opzione per altri due. “Auguro al giocatore di avere tanto successo in Serie A quanto il leggendario Shevchenko”, dice il suo agente Vadim Shabliy, forse troppo ottimista.

Per Pryima, il Toro è un nuovo mondo, un nuovo calcio, una nuova lingua. A chi lo guarda sembra una delle tante meteore di passaggio, ma dietro quel silenzio c’è una storia che viene da più lontano e il calcio, in fondo, ne è solo l’eco.

Donetsk: l'irruzione della guerra

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Prima di Torino c’era Donetsk, dove si giocava il derby cittadino tra “i minatori” dello Shakhtar e “i metallurgici” del Metalurh. C’era, appunto. Pryima vide la gente uscire in piazza nei giorni dei tumulti di Maidan. Vide anche i tifosi del Metalurh esclusi dal derby alla Donbass Arena per la loro posizione filo-ucraina. Dall’11 maggio 2014, dopo il referendum dei separatisti, Pryima si ritrovò a vivere in un altro Paese, senza essersi mosso di casa.

Ma la guerra arrivò anche dove trascorreva le giornate, al campo di allenamento. Una decina di uomini armati della Repubblica Popolare di Donetsk fece irruzione nel centro sportivo. “È una storia terribile, non la augurerei a nessuno”, avrebbe poi ricordato. Fuori la guerra, dentro casa un’altra: tra lo zio in Russia e il padre in Ucraina. Ma Vasyl non aveva dubbi su quale parte stare. Fu uno dei giocatori sanzionati per aver intonato sui social un coro diretto al presidente russo Vladimir Putin.

Pryima

Pryima: un rublo non vale la coscienza

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Con la guerra che avanzava, il club di Pryima si sbriciolò. Si parlò di una fusione con lo Stal di Alcevsk, ma a luglio arrivò il fallimento. La guerra finì per travolgere anche le già precarie condizioni economiche della squadra. E poi la beffa finale. Nello stadio in cui Pryima aveva rappresentato il Metalurh, ad agosto si giocò Repubblica Popolare di Donetsk contro Repubblica Popolare di Luhansk. Dal derby del Donbas, al derby dei secessionisti.

Senza squadra, Pryima ricevette un’offerta dall’altra linea del fronte. La risposta fu un no: non voleva avere nulla a che fare con il rublo russo. Non poteva tollerare di giocare per chi, a causa della guerra, aveva tolto la vita a diversi conoscenti. “Ho chiamato il proprietario del Kuban e gli ho spiegato tutto. Non ho detto niente di offensivo: ho semplicemente espresso la mia posizione”.

Pryima, cinque minuti al Toro e una guerra senza tempo

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Cinque minuti in granata, in Coppa Italia. Il prestito al Frosinone, un gol segnato in Serie B al Cittadella, prima di fare ritorno in una casa che non sente più sua. Gioca a Luhansk, poi va in Bielorussia, dove il destino lo riporta davanti al Toro. Quando lo Shakhtyor affrontò il i granata nei preliminari di Europa League, Pryima salì a Superga, come faceva spesso nel suo brevissimo periodo torinese. Non scese in campo né all’andata né al ritorno. Leopoli e Odessa, prima di dire basta nel 2021, a soli trent’anni. Un anno dopo, l’invasione russa su larga scala. "La Russia ha invaso tutto il nostro paese, non lo dimenticheremo mai. Siamo forti, spero che il mondo ci aiuti. Pregate per noi". A distanza di un decennio, la storia di Pryima resta purtroppo attuale: un piccolo frammento di un mondo che continua a farsi la guerra.