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Adams, la rivincita della pazienza: così si è ripreso il Torino

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Dall’ombra alla luce: Che Adams riconquista il Torino con lavoro, pazienza e intelligenza tattica
Enrico Penzo
Enrico Penzo Redattore 

Il valore di Che Adams non è di certo un'incognita. Il Torino è sempre stato a conoscenza delle potenzialità dello scozzese, perché lo ha già visto ben figurare lo scorso anno, quando l’infortunio di Zapata lo aveva costretto a prendersi sulle spalle il peso dell’attacco. Nove gol, tanto lavoro sporco e la sensazione di un giocatore completo, capace di interpretare più ruoli e dare profondità alla manovra. L’estate, d'improvviso, ha cambiato gli equilibri: con l’arrivo di Giovanni Simeone, Baroni ha scelto di ripartire da un sistema con una punta sola, spingendo Adams nell'ombra. Un avvio in sordina, quasi inspiegabile se rapportato a ciò che lo scozzese aveva già dimostrato in granata.

Dall’ombra alla rinascita: Adams, il valore della pazienza

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Il calcio però, come spesso accade, trova da sé le proprie soluzioni. La rete contro la Lazio, figlia delle capacità di entrare subito dentro il ritmo partita dello scozzese e il gol in nazionale contro la Bielorussia hanno riaperto il dibattito. Baroni ha forse intuito che tenerlo ai margini significava rinunciare a un’arma preziosa. Il tecnico contro il Napoli ha deciso di cambiare prospettiva: non più un attacco ad uno, bensì una coppia. Simeone e Adams sono due prime punte vere, ma con caratteristiche completamente diverse. Da un lato la verticalità, la cattiveria e il fiuto del gol dell’argentino; dall’altro la fisicità, la capacità di legare il gioco e muoversi tra le linee dello scozzese. Il risultato che si è potuto osservare è stato quello di un Torino più presente negli ultimi trenta metri, più pericoloso e vivo.

L’attacco a due convince: Adams-Simeone, una coppia che può diventare complementare

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Come si evince dai dati SofaScore sulla gara di Adams (3 tiri, 1 nello specchio, 28 tocchi, 13 passaggi riusciti), la prestazione è stata solida ma soprattutto intelligente: ha saputo alternare movimenti d’appoggio e attacchi in profondità, permettendo a Simeone di ricevere in zona centrale senza dover sempre arretrare. In sostanza, ha liberato l’argentino da parte del “lavoro sporco” che ne limitava l’efficacia. I due si sono divisi gli spazi con naturalezza e questo è il dato più interessante. Baroni, che fin qui aveva insistito su un assetto prudente, ha trovato un equilibrio nuovo: un doppio terminale offensivo che non sacrifica la struttura, ma la potenzia. L’impressione è che l’attacco a due non sia un esperimento passeggero, ma il punto di partenza per una svolta strutturale. E al centro di questo cambiamento c’è proprio Che Adams. Dopo un avvio trascorso in secondo piano, con l’arrivo di Simeone a catalizzare l’attenzione, lo scozzese non ha mai alzato la voce: ha continuato a lavorare, ad allenarsi, a farsi trovare pronto. Ha accettato il silenzio come terreno fertile per crescere. E oggi, quel lavoro sommerso sta emergendo con forza. Adams è diventato l’emblema di come la professionalità possa trasformarsi in opportunità. Non ha perso fiducia nemmeno quando sembrava un’alternativa di lusso e ora sta dimostrando di poter essere qualcosa di più: un giocatore che tiene insieme i reparti, che dà profondità ma anche intelligenza, che sa leggere i momenti della partita. Accanto a Simeone lo scozzese non toglie spazio, lo crea.