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Torino, Cairo taglia col passato: Vagnati paga le poche scommesse vinte

Piero Coletta
Taglio netto col passato: la sensazione è che Vagnati abbia pagato le poche scommesse vinte

“Mi aspetto una continua ricerca di giocatori con alto potenziale, possibilmente giovani. È molto importante cercare giovani da formare che abbiano potenziale, serve l’occhio per identificarli anche quando sono molto giovani. Mi aspetto che abbia rapporto di simbiosi e di grande collaborazione e sintonia con Baroni. E che trasmetta alla squadra la carica e la voglia che ha per questo ritorno, dobbiamo fare cose positive e importante”.

Con queste parole, Urbano Cairo ha tracciato la linea per il Torino che verrà, indicando nella figura di Petrachi il punto di riferimento per ogni sessione di mercato. Si evince come lo scouting e la valorizzazione dei giovani promettenti siano alla base di questo nuovo corso, in continuità con la prima esperienza del direttore sportivo leccese all’ombra della Mole Antonelliana. Allo stesso tempo, però, la frase sembra implicitamente segnare un netto taglio con l’esperienza di Vagnati.

Si spiega così l'addio del precedente dirigente?

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L'addio con Vagnati è stato burrascoso, più nelle tempistiche e per l'estemporaneità della notizia. A pagare non è stato l'allenatore, come spesso avviene in queste situazioni, bensì un dirigente. La sensazione però è che ci sia qualcosa di più sotto questa frase. Oltre che ad una volontà, quella di un mercato che ragioni principalmente sulla valorizzazione di giovani e di scouting, c'è anche l'impressione di una spiegazione per questo divorzio.

Urbano Cairo evidentemente non era soddisfatto del lavoro di Vagnati per quanto riguardava la ricerca di talenti. Eppure in sei anni sono arrivate tante scommesse, ma molte sono state sbagliate. Riavvolgiamo il nastro. Le cessioni più importanti sono state quella di Bremer e Buongiorno alla Juventus e Torino. Questi però erano elementi che erano già approdati al Torino prima dell'arrivo di Vagnati. Successivamente sono arrivati giocatori come Seck, Kabic, Popa, Warming, Sazonov e tanti altri elementi giovani. Profili che, nelle idee di Cairo e Vagnati, dovevano garantire delle plusvalenze corpose. Così non è stato, molti sono stati dei flop e alcuni hanno anche messo in cattiva luce la società con comportamenti non idonei al di fuori del campo.

I nomi forti di Vagnati erano già volti noti

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I sei anni di Vagnati sono anche quelli delle grosse plusvalenze. I citati Bremer e Buongiorno sono stati ceduti sotto la sua gestione, ma come anticipato erano già presenti al suo arrivo. I nomi che il direttore tecnico è riuscito a rivendere sono stati quelli Samuele Ricci al Milan o Raoul Bellanova all'Atalanta. Gli altri colpi importanti sono stati per esempio Chè Adams, arrivato da svincolato, oppure Nikola Vlasic, così come Zapata o Schuurs. Però ecco, qui c'è una particolarità, che in qualche modo va a confermare quanto detto prima. Questi sono stati sì, ottimi colpi, ma con nomi che alla fine erano già conosciuti al mondo del calcio che conta. Petrachi è stato comunque il direttore sportivo che ha portato elementi sconosciuti come Bremer o Lukic, rivenduti poi a cifre alte. La spiegazione di questo addio si potrebbe spiegare così: l'insoddisfazione di non aver centrato una grande vendita da elementi sconosciuti. Anche perché Ricci e Bellanova erano arrivati tramite investimenti comunque "corposi". Bremer, per fare un esempio, arrivò al Torino per appena cinque milioni di euro dal Mineiro. La cessione, come si sa, è storia.