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Torino-Como 1-5 e quell’atmosfera allo stadio: un tifo stanco anche di contestare

Matteo Curreri
Tra fischi, olé ironici e uscite anticipate, il pubblico esprime di avere le tasche piene di umiliazioni: ora tocca alla squadra riconquistarlo, ancora una volta

Tre mesi dopo la prima di campionato, il Toro ricasca puntualmente nella stessa trappola. “Non siamo stati all’altezza della Serie A, chiediamo scusa ai nostri tifosi”: così Adam Masina lo scorso 25 agosto, quando i granata vennero dominati dall’Inter, mostrandosi fin troppo arrendevoli. “Questa sconfitta ci deve dare quel dolore addosso che serve per trovare la quadra e la compattezza”, affermava Baroni al triplice fischio, per poi completare il discorso alla vigilia della gara con la Fiorentina: “Siamo in debito con i tifosi: dobbiamo fare di tutto affinché siano orgogliosi di noi”.

La risposta, già dal settore ospiti, fu la contestazione: posti lasciati vuoti e, all’appuntamento casalingo con i viola, cori contro squadra e società, accompagnati da una serie di striscioni. Dopo lo 0-0, Cairo, a poche ore dallo scoccare del ventennio di presidenza, sosteneva come non ci fosse nulla da festeggiare, ma si diceva convinto di poter ricucire il rapporto con la piazza. Lo stesso patron granata che il 21 settembre non si presentò all’Olimpico-Grande Torino in occasione della gara con l’Atalanta, quella anticipata dalla marcia dei 5.000 dal Filadelfia allo stadio, a cui partecipò persino Alessandro Baricco, per dire. “Ecco il tuo acufene” a trascrivere il sibilo dei fischietti della Maratona, mentre in campo si consumava un’altra umiliazione, inaspettata dopo lo scherzetto ai danni della Roma, accomunata a quella di San Siro per l’arrendevolezza dei granata e per l’assenza di cartellini gialli a referto. “Non si può uscire dalla partita in questa maniera dopo il primo gol, non si può cadere in queste amnesie, in questi blackout”, tuonava Baroni nel post-gara con la Dea. “La contestazione? L’ho già detto alla squadra: siamo noi che dobbiamo cambiare la situazione con atteggiamenti diversi, giocando partite feroci e di qualità”. A fargli eco Vlasic: “Se prendi 3 gol in 8 minuti diventa tutto più difficile: abbiamo perso la testa”.

Toro, sei risultati utili prima di una nuova umiliazione

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Ed eccoci all’attualità, al “non c’è due senza tre”. L’umiliazione inflitta dal Como arriva dopo sei gare senza sconfitte, in cui gli appelli e le strategie tattiche di Baroni sembravano aver attecchito, per identità e solidità. Il Toro, nelle ultime settimane, aveva anche dato buone dimostrazioni di orgoglio: vedi la rimonta con il Genoa, dallo 0-1 al 2-1, e quella con il Pisa, da 0-2 a 2-2, senza trovare però lo slancio per i tre punti. Anche la contestazione mirata e feroce dei primi appuntamenti di stagione si è fatta più ondivaga, benché sempre presente sullo sfondo. Tuttavia, già undici volte nell’era Cairo i granata sono affondati sotto le goleade avversarie, cinque di fronte al proprio pubblico. Una tifoseria che, anche lunedì, ha risposto presente: oltre 20.000 persone in un insolito orario delle 18.30 feriale. E proprio quella massa granata, quando la partita si è trasformata in un allenamento a ritmo più sostenuto per la squadra di Fabregas — sottolineato dagli “olé” ironici della Maratona ai passaggi degli ospiti — ha espresso tutto il malcontento abbandonando lo stadio, fischiando o alzando la voce. “Meritiamo di più”, “Vergognatevi”, “Ma le palle le avete o no” e altri cori. Ritornelli riproposti anche quando la squadra si è diretta sotto la curva per fornire le proprie scuse.

Toro di nuovo in debito con i tifosi

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Il trait d’union con la gara contro l’Atalanta lo riservano Baroni e Vlasic nel post-partita: “Bisogna chiedere scusa ai tifosi. Abbiamo fatto molto per ricreare entusiasmo, oggi abbiamo buttato tutto questo lavoro fuori dalla finestra”, il primo. “Quando abbiamo preso il gol dell’1-2 abbiamo mollato un po’ e perso le distanze. Proprio una giornata brutta per noi”, il secondo. Necessaria una presa di coscienza profonda, perché ora sì, la squadra è nuovamente in debito con i tifosi. “Partita terrificante. Pensavo di perdere, ma 5-1… Si sapeva che fossero più forti, ma ci palleggiavano in faccia in casa al 90’. Una vergogna totale”, affermava un ragazzo interpellato nel post-partita, fuori dallo stadio. “È stato uno spettacolo orrendo. Un disonore”, due tifose. Tre sconfitte gravi in dodici partite di campionato sono troppe, e la sensazione è che il pubblico ne abbia davvero le tasche piene. Perché, più che il risultato finale — inaccettabile — è mancato un fattore riconosciuto anche dallo stesso Baroni: l’atteggiamento. E quello è ben più grave di una disfatta tecnica. Un peccato, soprattutto dopo quanto mostrato dalla Lazio in poi. Starà ora al gruppo squadra far ricredere i tifosi, affinché la manita incassata sia circoscrivibile a una sbandata, a un frantumante viaggio nel passato che non dovrà più ripetersi. “Noi ci crediamo”, ripetevano sempre le due tifose. Perché, nonostante tutto, al cuor non si comanda. E ora Lecce, che fa ricordare due retrocessioni, la mancata vendetta dell’anno scorso con Vanoli alla guida e, in questo caso, soprattutto la disfatta del 2 febbraio 2020 per 4-0, arrivata dopo lo 0-7 con l’Atalanta e costata la panchina a Mazzarri. Starà a Baroni e alla squadra evitare il ritorno di fantasmi che il popolo granata non vuole più rivedere.