Otto giornate con soli quattro punti, squadra bloccata e una crisi evidente. Ma gli ultimi venti minuti contro il Monza aprono uno spiraglio da cui ripartire
Sono quattro i punti dei granata nelle ultime otto giornate: un bilancio che suona come un fortissimo campanello d’allarme. Il Torino sembra intimorito, incapace di esprimersi, indipendentemente dall’avversario, sia esso Roma, Fiorentina, Juventus o Monza. La disposizione in campo è la stessa, le trame di gioco si ripetono, gli errori anche, e ciò che emerge è una squadra bloccata, mai veramente pericolosa. Mancano personalità, guizzi, e persino un’idea tattica chiara. Il Monza, almeno sulla carta, rappresentava un avversario abbordabile, contro il quale i tre punti dovevano essere molto più di un’opzione. Eppure, sul campo, almeno nel primo tempo, non si è percepita superiorità da parte dei granata. Ma se il Monza lotta per salvarsi, il Torino, invece, non può permettersi di considerare la salvezza un obiettivo. Serve un cambiamento, immediato e netto. Se c’è qualcosa da salvare della partita contro i brianzoli, si tratta degli ultimi venti minuti, a partire dal 71’. È lì che il Toro ha lasciato intravedere qualcosa di diverso. Vediamo il perché.
Ingresso in campo di Njie e cambio modulo
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Se il primo tempo è stato povero di emozioni e privo di idee, con appena due occasioni per i granata, nella ripresa il Torino ha mostrato una maggiore volontà di gestire il pallone. Al 60’, Lazaro ha pescato la testa di Masina, bravo a insaccare il gol dell’1-0. Ma il vantaggio è durato poco perché il Monza ha riportato i conti in parità dopo appena 4’.
A quel punto, Nesta ha deciso di giocarsi la carta Vignato, subentrante a Maldini, e al 71’ Vanoli ha risposto con un doppio cambio: dentro Njie e Vojvoda al posto di Vlasic e Lazaro. Questi hanno segnato il passaggio dal 3-5-2, modulo di partenza sin qui sempre prediletto, ad un 3-4-3, già utilizzato a partita in corso da Paolo Vanoli. Era successo, ad esempio, in Coppa Italia contro il Cosenza, quando Karamoh era entrato all’82’ al posto di Ilic, o contro l’Empoli, con l’inserimento di Zapata nell’intervallo, o ancora in campionato contro il Venezia. Gli ingressi di Njie e Vojvoda hanno riorganizzato la squadra: difesa a tre con Walukiewicz, Coco e Masina; centrocampo a quattro con Vojvoda come mezzala sinistra, Ricci e Gineitis al centro, e Pedersen sulla destra. In avanti, un tridente con Adams, Sanabria e Njie, quest’ultimo posizionato nella sua zona naturale di esterno sinistro, dove in Primavera ha mostrato lampi interessanti. In 44 presenze da quella posizione, lo svedese ha realizzato 4 gol e 6 assist. Vanoli, nel post-partita, ha commentato così questa conformazione offensiva: “Volevo forzare di più la partita. Njie è un giocatore importante nell’uno contro uno, e ci ha dato una grossa mano”.
I vantaggi di un possibile 3-4-3
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Un cambio di modulo potrebbe non solo rappresentare una svolta tattica, ma anche un segnale chiaro: la volontà di invertire la rotta. Sul piano tecnico, i benefici sarebbero evidenti. Ricci e Gineitis, per esempio, hanno dimostrato di saper dialogare bene nel cuore del centrocampo granata. Ma non solo: contro il Monza, è stato evidente come la squadra abbia cambiato marcia dopo l’ingresso di Njie, autore delle due migliori occasioni su azione manovrata.