La prima stagione di Paolo Vanoli da allenatore del Torino si concluderà domenica allo Stadio Olimpico Grande Torino. L’atmosfera si preannuncia tesa: ci si aspetta la contestazione, alla luce – o meglio, all’ombra – dei risultati negativi del rush finale.
IL TEMA
Vanoli come Juric chiude il primo anno con la Roma: cosa è cambiato?
Solo un punto nelle ultime quattro uscite: il 2-0 del Maradona, l’opaco 1-1 con il Venezia, lo 0-2 per mano dell’Inter e infine l’”antonacciana” vacanza in Salento che ha suscitato più di qualche malumore. “Non vivo più senza te” penserà chi si è imbattuto in una trasferta proibitiva per seguire questo Toro ormai privo di motivazioni. “Anche se, anche se…” vendicare le due funeste trasferte del Via del Mare, nel 1989 e nel 2000, sarebbe stato il quadro ideale. Quelle due sconfitte, ancora cocenti nella memoria dei tifosi, coincisero con altrettante retrocessioni. Ma il delitto perfetto l’ha invece consumato Marco Giampaolo, che evidentemente aveva più ragioni personali per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e fare i conti con il passato.
Era Giampaolo in sella alla panchina granata nella stagione 2020-2021, quella post lockdown. Un incubo, poi cauterizzato da Davide Nicola e - bisogna ricordarlo - dal palo di Ciro Immobile. Quella sera i granata toccarono quota 36, poi diventata 37 con il Benevento, che retrocesse al posto del Toro con 33 punti. Finora, era quello il punteggio più basso da quattro stagioni a questa parte. Cioè, prima che il Torino 2024-2025 ne racimolasse appena 44 in 37 partite.
Un dato che va in controtendenza rispetto alle precedenti annate a guida Ivan Juric, in cui si raggiunsero sempre quota 50 punti: 53 nelle ultime due, anche se non valsero la tanto ambita (almeno dalla tifoseria) qualificazione europea. Il primo anno del croato, quello appena successivo al tandem Giampaolo-Nicola, terminò con 50 lunghezze. Oro colato, contando da dove si era partiti.
Il 14 maggio 2022, il gol che valse quota 50 fu di Josip Brekalo: splendido destro a giro che colpì la traversa prima di insaccarsi alle spalle di Lorenzo Montipò per lo 0-1 in casa dell’Hellas Verona. “Ho fatto un bellissimo gol”, disse allora l’ala croata, ora al Kasimpasa, in Turchia, aggiungendo che “il primo anno non è stato facile. Penso che possa dare di più il prossimo”.
Il successo del Bentegodi aprì le porte all’ultima sfida contro la Roma di Josè Mourinho, allora concentrata sulla finale di Conference League, poi vinta con un gol di Zaniolo.
Alla vigilia, Juric si presentò in conferenza con diversi nodi da sciogliere: “Brekalo? Io lo so da due mesi che non vuole restare. Non è una sorpresa. Dovevamo decidere domenica scorsa e abbiamo deciso di non prenderlo”.
Ma il tema più scottante di quelle ultime battute di stagione riguardava il giocatore che più nell’era Cairo ha saputo ritagliarsi uno spazio nella storia del Torino: Andrea Belotti. Il “Gallo” si trovava in scadenza di contratto. “Abbiamo fatto le cose giuste, proponendo cose anche buone, ora lui deve decidere. Sarà in questi due giorni, dopodiché il discorso è chiuso”, affermò Juric. Il tecnico fu chiaro anche su altri fronti: “Mandragora? Non è nostro, lo dobbiamo comprare. Noi perdiamo Pobega e perdiamo Mandragora, non c’è stato nessun riscatto. Se vogliamo giocatori il prossimo anno li dobbiamo andare a comprare. Praet? Se lo vuoi 15 milioni e lo porti a casa, lui è un giocatore del Leicester. Io non chiedo garanzie alla società. È sempre così sui prestiti, ma non bisogna guardare a tutto con tristezza”.
Non bisogna poi dimenticare che quella fu la stagione da mattatore di Gleison Bremer, che proprio il 20 maggio 2022, a pochi istanti dal fischio d’inizio di Torino-Roma, fu premiato come miglior difensore del campionato. Quel Bremer che, a fine partita (che non giocò per un problema alla caviglia), poi vinta dai giallorossi 0-3, si esibì sotto la Maratona in un “Chi non salta bianconero è” con il pubblico ad acclamarlo. “Poveri ingenui!”, diremo ora: nessuno in quel momento l’avrebbe immaginato sull’altra sponda del Po. Ma ciò che rimase negli occhi fu soprattutto l’uscita dal campo al 23’ della ripresa di Belotti, nel bel mezzo di un passaggio di testimone. Non salutò il suo pubblico e non fece sapere nulla del suo futuro per giorni, settimane, prima di dire sì proprio ai giallorossi di Mourinho.
Dopo la partita Juric parlò di Europa: “Io vorrei provare, penso che la gente ne abbia bisogno, Quanti giocatori servono? Dieci. Abbiamo 6 prestiti, Bremer sarà venduto, se facciamo i conti siamo lì. Con Vagnati parliamo spesso…”. Due mesi dopo avremmo osservato incredulamente che i due si parlassero sì, ma in cagnesco, con tanto di mani addosso. Lo stesso Juric, prima del successivo debutto in campionato contro il Monza, fu costretto a tornare sui suoi passi: “A maggio avevo detto che nel prossimo campionato volevo puntare all’Europa, mi ero allargato troppo” oppure: "Siamo come i 5 Stelle: promettiamo, ma non facciamo un ca...”.
Anche per Paolo Vanoli il primo anno alla guida del Torino si concluderà con un match casalingo contro la Roma. Non mancano analogie: la mancanza di obiettivi, così come la totale incertezza verso il Toro che sarà.
La situazione di Eljif Elmas ricorda molto quella di Brekalo. Un giocatore incisivo – almeno nei primi mesi di avventura in granata – e un riscatto alto, a 17 milioni, con il giocatore che non nasconde di trovarsi bene a Torino e la società che, a parole di Vagnati, farà “tutto quello che dovremo fare per trattenerlo”, pur ricordando che “non dipende soltanto dal Torino ma anche dalla volontà di due o tre soggetti, primo dei quali il calciatore medesimo” che sa tanto di scaricabarile.
Poi c’è Samuele Ricci, capitano (per l’assenza di Zapata) come il “Gallo” e sulla bocca di tutti come Gleison Bremer, poco interessato a dare la scossa ai suoi compagni, da leader, per evitare prestazioni altamente insufficienti, come nell’ultimo mese. Sembra avere già la testa altrove e come Bremer, e poi Alessandro Buongiorno e Raoul Bellanova, e forse Vanja Milinkovic-Savic, sarà la prossima plusvalenza della gestione Cairo. In più, diversi giocatori a fine ciclo o in scadenza.
Ci si ritrova così al solito refrain: “Ci sono squadre che hanno grandi disponibilità economiche come il Como e altre che lavorano con le idee, come Bologna e prima ancora l’Atalanta. Il nostro obiettivo è crescere con le idee, ma c’è tanto da lavorare”, ha detto Paolo Vanoli prima di volare a Lecce.
Era il 24 agosto quando Vanoli, scosso dalla cessione di Bellanova, disse: “Non mi piace la mediocrità. Ho detto al presidente chi ero e alla società di avere più coraggio, di tirare fuori tutte le potenzialità”. Se fosse una sit-com, servirebbe un personaggio pronto a dire: “Guardati attorno… sei solo Paolo”.
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