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Comprare prestigiosi club come Paris Saint Germain, Manchester City e Newcastle non è stato semplicemente togliersi un capriccio(ah, questa tendenza dalle nostre parti a voler “caricaturizzare” ogni cosa da noi ritenuta culturalmente inferiore. Quella del ricco scemo arabo è la “commedy” più dura a morire), ma un posizionare un “bug” all’interno del meccanismo del calcio europeo al fine di stravolgerlo a tal punto da fargli perdere ogni punto di riferimento. L’avvitamento verso l’alto dei costi del mercato calciatori, il conseguente dissesto dei bilanci di quasi tutti i principali club, l’avvento di Nasser Al Khelaifi alla guida dell’European Club Association, dovrebbe far capire quanto siano sì ricchi ma assolutamente poco scemi gli arabi. Abili nell’aver approfittato degli appetiti della politica europea(specie quella francese) di appropriarsi di risorse di cui il sottosuolo mediorientale abbonda e di “grandeur” geopolitica nel Mediterraneo, oggi gli arabi sono gli assoluti padroni del calcio del Vecchio Continente e hanno deciso di passare al vero incasso. Il colpo a dover far riflettere di più è quello dello spagnolo Gabri Veiga, centrocampista di grandissimo talento, uno della “meglio gioventù” del calcio europeo scippato al grande palcoscenico della “Champions League” con un contratto faraonico di quasi 13 milioni di euro a stagione. Se i soldi vincono sul “medio scenico” delle grandi competizioni europee, se tecnici come Mancini e Guardiola vengono sedotti e resi complici da grandi mole di denaro messe a disposizione, se i tifosi europei altro non sognano che lo sceicco arabo per rinvigorire le sorti dei loro club(non capendo come sia iniziata una nuova fase, prevalentemente domestica, per gli investimenti arabi nello sport più seguito al mondo), si capisce come la riflessione dell’Economist(“l’ambizione di Mohammed bin Salman è usare lo sport per modernizzare la percezione che l’estero ha del regno desertico”) sia una clamorosa cantonata da cui, quando verrà il tempo del risveglio e si capirà di come sia la geopolitica l’unico interesse ad essere in campo, sarà difficile riprendersi. E se l’Arabia Saudita ospiterà nel 2029 i giochi invernali asiatici nel deserto(sì, avete capito bene: giochi invernali tra le dune) e la città di fondazione “Neom” sarà il manifesto compiuto di “Saudi Vision 2030”, forse qualcuno dovrà ritrattare molti sberleffi e molta ironia che a suo tempo riservò a Matteo Renzi, reo di aver parlato di un nuovo “Rinascimento” in Arabia.
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Ma l’Europa è sempre fonte di sorprese, è per un Roberto Mancini o Gabri Veiga pronti a salire senza rimorsi sulla trappola dorata costruita da bin Salman, ecco Alessandro Buongiorno rifiutare un ingaggio migliore, una squadra migliore, un’affascinante palcoscenico europeo per restare al momento nella sua squadra del cuore e dove è nato e cresciuto come calciatore. Torino e Atalanta, nonché lo spirito del tempo, gli avevano messo una penna in mano per firmare un nuovo contratto, un nuovo club, una nuova vita. Ma Buongiorno ha opposto un fermo rifiuto da stupire persino la “liquidità” di Bauman, un diniego somigliante alla “voce di colui che grida nel deserto” di Giovanni Battista, infaticabile nell’esortare a “raddrizzare i sentieri” al fine di “sfuggire all’ira imminente”. Il no di Buongiorno è coscienza, riflessione e umiltà; è darsi un limite in un mondo dove il PIL, la misura ufficiale del benessere di una nazione, si misura in base alla quantità di denaro scambiata tra le persone. L’urlo del difensore granata si oppone “all’economia dell’inganno”, prefigurata da Bauman, figlia del consumismo e dell’averci convinto come la nostra prosperità risieda nel mantenere uno stato di perenne insoddisfazione. Forse il gesto di Alessandro Buongiorno meriterebbe spazio nei più importanti talk show(e Urbano Cairo ne produce tanti con la sua tv), affinché il suo grido dal deserto europeo arrivi forte e chiaro alle orecchie di gente come bin Salman: noi europei siamo ancora qui, e siamo duri a morire. Nonostante Mancini, nonostante lo sciagurato Gabri Vega.
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Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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