E non arriva nemmeno a San Siro contro l’Inter, ma è una delle più spettacolari e pirotecniche partite di un grandissimo Toro, di quelle che ti ricordi se ci vai. Di quelle che ti ricordi anche se sei un bambino che ascolta la partita alla radio. Dopo 10’ Collovati rinvia addosso a Zaccarelli che va a segno con un gran tiro da fuori che fa esplodere la Maratona in trasferta, ma Paparesta dice “braccio”, mentre Zac dice “petto”. Il potere è del fischietto barese e il vantaggio è annullato. Al 20’ il capitano commette uno dei pochissimi errori stagionali provocando il rigore su Rummenigge e Brady realizza. Il Toro non molla dopo il cazzotto preso, ormai lo sappiamo, e Comi pareggia quasi subito di testa su punizione da sinistra di Junior. Al 40’ Francini e Collovati devono lasciare il campo dopo una terribile craniata: nel Toro entra Vittorio Pusceddu che ci mette meno di 5’ per entrare nell’immaginario collettivo. Su passaggio di Corradini, il sardo lascia partire un incredibile sinistro che Zenga può solo sfiorare. Un groviglio di abbracci sull’autore del gol che, permettemi il ricordo personale, è il primo di cui abbia memoria nitida. Rete di un semi-esordiente in A con un siluro dopo pochi minuti dal suo ingresso in campo: non male come battesimo. Il Toro chiude il primo tempo in vantaggio, ma a inizio ripresa, mentre Altobelli continua a litigare col gol contro di noi (almeno con la maglia nerazzurra addosso, con quella bianconera ci farà discretamente piangere, accidenti a lui), Kalle Rummenigge vuole far ricordare a tutti che giocatore bestiale è con una sforbiciata vincente dopo un’incerta uscita di Copparoni. Poco dopo viene espulso Sabato per proteste, ma, come contro il Pisa, la cosa ci carica e un gran tiro al volo di Schachner su appoggio di testa di Comi ci riporta avanti. Dopo due pali (Rummenigge sotto misura, il povero Cucchi da fuori) l’Inter trova il 3-3 definitivo con testa di Bergomi su centro del solito tedesco da destra, ma quanto gonfia il petto, a prescindere dal risultato, una partita così?
Purtroppo il finale del girone d’andata non è altrettanto gratificante: un pari a reti inviolate contro l’Atalanta senza brillare, nonostante il solito grande Zaccarelli, e una sconfitta di misura a Verona causata da un colpo di testa da un passo di Galderisi sugli sviluppi di una punizione, mentre i granata sprecano molto e colpiscono anche un palo con Schachner. Al giro di boa Toro settimo a sedici punti alla pari proprio con gli scaligeri e con l’impressione di essere in credito con la sorte.
Il Toro comincia il girone di ritorno come quello di andata e, cioè, all’insegna della media inglese: vittorie al Comunale, pareggi fuori casa. Si riprende la marcia contro l’Udinese ed è un secco 2-0. Junior, appena rientrato dal Brasile, ricomincia a far ballare tutti. Le marcature le apre un gran colpo di testa di Comi nella prima frazione e le chiude, con un meraviglioso diagonale dal lato destro dell’area, proprio Leo su appoggio di Dossena, al 58’. Stavolta il palo lo prende De Agostini e se la sfortuna guarda altrove, si può sorridere. Sorrisi parzialmente rovinai da volantini anonimi che criticano l’operato della società, indizio di quel che succederà la stagione successiva. A Firenze si gioca meglio e si spreca, come in quasi ogni partita fuori casa, e non si sblocca lo 0-0, complice un gol dubbio annullato a Sabato, giusto per non farci mancare nulla, mentre in casa col Lecce arriva la vittoria, nonostante un arbitraggio discutibile di Luci, ma abbiamo già detto che questo Toro sa essere spesso più forte di tutto.
I salentini passano in vantaggio con Pasculli al 27’ dopo un pallone perso a centrocampo dai nostri, ma Schachner, di testa, pareggia abbastanza in fretta, però la rete viene annullata per fuorigioco millimetrico, mentre Sabato, poco dopo, si vede negare un rigore sacrosanto per fallo di Barbas. Il Toro si incazza e inizia la ripresa come una furia: al 46’ il Lecce deve ancora capire dove si trova quando Dossena pesca in area Corradini defilato sulla destra. Centro per Schachner e facile deviazione di testa per il pari con Stefano Di Chiara che tocca per ultimo nel tentativo di salvare. L’austriaco viene messo giù probabilmente in area dall’ex Danova, ma Luci fischia punizione dal limite e il pensiero di un’ingiustizia subita continua a gasare i granata, nonostante un incrocio dei pali colpito da Nobile su punizione ci faccia tremare. Al 68’ Junior intercetta palla a centrocampo, Dossena smarca Corradini in area e il terzino, ormai più punta delle punte, è freddo sull’uscita di Negretti per il 2-1. Il punto esclamativo lo mette Junior: Dossena gli tocca una punizione, Leo la tira a giro ed è samba sugli spalti. A Genova, contro la Samp, il Toro ha il lutto al braccio per la morte del papà di Ezio Rossi, regolarmente in campo e autore della solita prova coraggiosa. I granata stavolta limitano i danni, Comi si ritrova a fare addirittura il difensore, prova tecnica del suo ruolo futuro, e, dopo un palo di Lorenzo, il salvataggio di Zaccarelli su Souness è una delle cose che gli saranno sicuramente servite per vincere il Guerin d’Oro: finisce zero a zero.
Il trittico terribile contro Roma, Juventus e Milan, che all’andata portò tante recriminazioni e zero punti, sembra partire allo stesso modo. Contro i giallorossi il Toro inizia bene, Junior conquista un calcio di rigore, ma Tancredi ha un conto aperto con noi dal dischetto (vedi due finali di Coppa Italia, vedi la parata su Hernandez due anni prima all’Olimpico in una di quelle slinding doors che riusciamo spesso a trovare chiuse) e blocca. Leo, ben lanciato da Comi, dopo una splendida azione corale, si vede di nuovo il tiro parato da Tancredi in uscita. Al 35’ la giocata che decide il match è un’inarrestabile azione personale di Boniek che crossa con precisione per Pruzzo, il cui colpo di testa prende in controtempo Copparoni. Un altro strappo di Boniek nel finale porterà Junior a causare un penalty per la Roma, ma il portiere granata dirà no in modo indentico a quello di Tancredi a Pruzzo.
Sconfitta amara, ma non c’è tempo di disperarsi. Arriva il derby. La Juventus non è più la schiacciasassi dell’andata, sta rallentando e, pian pianino, la Roma si sta facendo sotto. Quattro lunghezze sono ancora un buon margine coi due punti, ma non lasciano tranquilli. Al Toro manca Schachner, sostituito in avanti dal giovanissimo Lerda. Un inserimento di Laudrup porta in vantaggio i bianconeri, ma il Toro è irriducibile, prende qualche pugno, ma non cade e nel secondo tempo si getta in avanti sotto la Maratona, che prima aveva sghignazzato vendicativa quando Serena si era accartocciato senza riuscire a spingere in rete l’assist di Platini a porta vuota, poi ha chiamato i granata all’assalto e quando una curva così chiama, non si può che rispondere. C’è una mischia furibonda dopo corner di Junior, dove Dio solo sa come quel pallone non sia entrato, c’è uno splendido tiro a spiovere di Sabato che centra la traversa, poi, finalmente, il pareggio quando mancano 3’ alla fine. Punizione di Junior, respinta plastica di Tacconi che però rimette in gioco l’attacco granata. Arriva come un razzo uno dei nostri e la mette dentro al volo in spaccata. Non si capisce subito chi sia. Lo sommergono i compagni. Lo sommerge quello splendore di individui incappottati che, ai tempi, stava dietro le porte, non sempre con un ruolo chiaro. Poi qualcosa si vede, una fascia, un numero quattro, un baffo. Ha segnato Renato Zaccarelli, aveva già deciso un derby nel finale nel 74/75, allora fu 3-2, questo è un pareggio, ma vale come una vittoria ed è giusto che un gol così pesante l’abbia segnato lui, quello che Radice, a fine gara, definirà “il mio Beckenbauer”. La Juve perde un altro punto nei confronti dei giallorossi, Roma-Lecce è ancora lontana, per adesso un po’ di strizza è anche merito nostro, ma quello che conta è un punto che pesa come granito.
Toro sesto a ventitré punti, domenica arriva il Milan che è avanti di due. Il profumo di aggancio è intenso, quello di Europa pure. Questo Toro lo può fare, questo Toro lo deve fare. Questo Toro lo farà.
(continua)
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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