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18 maggio 2014 - Per fortuna lavoravo e a Firenze non sono andato. Calcio di rigore a tempo scaduto. Chi c’era ricorda ancora il rumore dei guanti di Rosati a mandare in frantumi un sogno. La testa bassa di Cerci, le lacrime. Il sogno si ricomporrà magicamente per le magagne del Parma. Ma che bello sarebbe stato se non ne avessimo avuto bisogno. Se quel maledetto tiro fosse entrato. Un dolore calcistico forte, peggio di una retrocessione per certi versi, perché fermarsi a un passo dal Paradiso dopo averne sentito il profumo è più doloroso di andare all’inferno.
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23 agosto 2012 - Da quando siamo tornati in serie A, il sogno Cerci sembra reale. Dopo due stagioni difficili a Firenze, tra screzi con la tifoseria e feste di compleanno finite male a causa di pernici impagliate, ritrovare il suo mentore Ventura sembra l’ideale per consacrarsi e confermare le qualità fin qui viste solo a sprazzi. Quando arriva è una sensazione splendida, dopo anni di pane duro, finalmente un giocatore di alto livello arriva da noi. Quello che pensavo fosse Guberti l’estate prima, ma un infortunio decise di anticipare il suo declino. Dopo video postati su Facebook di giocatori di categoria, di promesse rivelatesi pipponi, di mestieranti con un grande futuro dietro le spalle, siamo pronti per qualcosa di completamente diverso. Siamo pronti per uno forte.
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27 gennaio 2013 - San Siro, la scala del calcio. In quell’Inter-Toro non siamo una comparsa, uno sparring partner. Siamo il Toro, semplicemente il Toro e il trascinatore è Alessio Cerci. Juan Jesus, Pereyra e chiunque si metta sulla sua strada quella sera viene semplicemente spazzato via. Gli stanno correndo dietro ancora adesso, forse. Al 52’ va via praticamente da fermo a Pereyra e crossa basso, alla perfezione, per Meggiorini che completa la sua incredibile doppietta provvisorio 1-2. Quella sera c’è la dimostrazione che Cerci, in certi momenti, può letteralmente fare quello che vuole e quei momenti stanno capitando sempre più spesso. Praticamente ogni domenica.
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1 settembre 2014 - Alessio Cerci firma per l’Atletico Madrid. Un tweet lo aveva già annunciato una decina di giorni prima, ma no, mi hanno hackerato l’account, stavo giocando alla play con Ruben Perez, la cui esperienza in granata si può riassumere nell’essere messo in mezzo per mascherare una gaffe. “Amore, non è come credi, stavo giocando a Fifa con Ruben Perez” potrebbe essere un’ottima scusa. Hackeraggio o no, Cerci va via. Va via e si rovina la carriera. Non viene più ricordato per le sue irresistibili sgroppate, per il rientrare sul sinistro da destra e calciare imparabilmente sul palo lontano. No, viene ricordato per “ce ne andiamo nel calcio che conta” cosa che non ha scritto nemmeno lui, ma la fidanzata. Viene ricordato per il paragone con Robben e tutti giù a ridere, anche tifosi di squadre che quando Ale puntava un loro difensore si cagavano addosso. Ma ci sta, il mondo è questo, i social sono questi, le stesse battute ripetute all’infinito, non importa se cinquemila l’hanno già detta o scritta prima di te, devi comunque dirla. Alessio Cerci ha una responsabilità grande. Non aver capito. Se nella tua carriera rendi alla grande solo con un allenatore, magari è con quell’allenatore che devi stare. Oppure rimanere nell’ambiente per cui sei un Dio. Pensa come sarebbe stata bella l’Europa League insieme, Alessio. A volte la cosa giusta non è fare il passo avanti, ma rimanere fermi. Perché si rimane fermi solo in apparenza, a ben vedere si cresce di più così. E magari, chissà, non ti saresti tolto di dosso l’azzurro. Magari in quel terrificante Italia-Svezia saresti stato tu quello che tirava la Nazionale fuori dai guai. Ma non hai capito. Succede, succede a tutti. Peccato.
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20 giugno 2014 - Concerto dei Pearl Jam, San Siro. Sono in fila aspettando il mio turno per il bagno. Guardo il maxischermo che trasmette Italia-Costa Rica. Entra Cerci. “Dai, Alessio” urlo. Mi guardano strano. Non me ne frega niente. Gli voglio bene.
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25 agosto 2013 - “Vedi che mettere Cerci punta è una cazzata? Lo vedi che non è il suo ruolo, deve fare l’esterno non l’attaccante. Non ha i movimenti, è molto meno pericoloso così”. Al 63’ Cerci converge da destra e lascia partire una sventola col sinistro che non dà scampo al portiere del Sassuolo per il definitivo 2-0. Meraviglioso. Forse non è una cattiva idea fargli fare l’attaccante. Un diluvio incredibile che ci costringerà a ritardare l’uscita mi porterà a riflettere su quanto sia importante non dare giudizi affrettati.
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22 aprile 2013 - Se le cose andassero come dovrebbero andare, rievocheremmo questa partita come quella in cui abbiamo recuperato da 3-0 a 3-3 a Firenze e il gol di Cerci sarebbe ricordato al pari di quello al Genoa. Un gol meraviglioso. Sinistro da venti metri da posizione leggermente defilata, tanto forte quanto preciso, a scavalcare Viviano mal posizionato. Una rete eccezionale, da ricordare quando si è tristi. Invece diventa un ricordo da scacciare, perché siamo riusciti a beccare gol a 3’ dalla fine da Romulo e quindi resta una prodezza dimenticata o quasi. Peccato. Ma non avremmo potuto fare fallo da rigore su Romulo? Generalmente se recuperiamo tre gol, quando abbiamo un penalty contro gli altri lo sbagliano. La storia non ci insegna proprio niente.
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17 febbraio 2014 - La sconfitta in casa contro il Bologna ultima in classifica, di un doloroso inconcepibile, sembra avere allontanato il sogno europeo. Bisognerebbe vincere a Verona, di lunedì sera, per rialimentare il fuoco, ma un rigore di Toni ci manda sotto al 36’. Nella ripresa, però, è tutto un altro Toro. Cerci chiama subito Rafael al grande intervento, il “gemellino” Immobile pareggia in netto fuorigioco, poi al 53’ tocca al numero undici granata. El Kaddouri avanza a sinistra e serve un pallone che attraversa la linea che delimita l’area. Cerci arriva in corsa dal centrodestra e lascia partire una legnata col sinistro che si infila nell’angolino basso, poi allarga le braccia, la bocca aperta in un urlo di arrogante felicità. Lo stunk che si sente quando il mancino colpisce il pallone è un suono paradisiaco. Alessio è un ragazzo generoso, sforna anche assist,
non solo gol. Caracolla a destra e restituisce un passaggio identico a El Kaddouri che, da medesima posizione, col destro, trova il 3-1. Una della più belle vittorie dell’anno, una serata d’onore col ragazzo coi riccioli come arma in più.
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17 ottobre 2015 - L’ultima volta che Cerci aveva giocato un Toro-Milan al Comunale aveva segnato un gol da urlo dopo una fuga splendida seguita da un pallonetto mancino sull’uscita del portiere, prima che il Milan ci rubasse allegramente il 2-2 in pieno recupero. Stavolta lo gioca con la maglia rossonera. Una gara opaca, in cui sbatte spesso contro Molinaro. Finisce 1-1, a Bacca risponde Baselli. A 2’ dalla fine, Mihajlovic lo richiama per inserire Honda. L’Olimpico viene giù dai fischi. Cerci ci rimane malissimo. Lo sussurrerà, lo scriverà. E qui, forse, non abbiamo capito noi. Un conto è fischiarlo durante la partita, un conto questa standing ovation al contrario. Non abbiamo capito che un giocatore può anche cedere alla tentazione di andare a giocare all’Atletico Madrid, magari perché la società non garantisce quei palcoscenici che credeva di meritare e che le sue prestazioni dicevano che meritasse, ma quella tentazione non cancella cos’ha fatto in quei due anni con noi. In quei due anni ci ha fatto letteralmente godere. Da quando non avevamo più uno che ci faceva provare quella parolina lì? Da quando le squadre avversarie non temevano un nostro giocatore come temevano lui? Da quando un giocatore col suo estro non giocava due anni con una continuità impressionante, soprattutto se rapportata al resto della sua carriera e anche a cos’hanno fatto dei calciatori di pari livello da noi? Sì, avrebbe potuto e dovuto rimanere, anche solo per cancellare il rigore di Firenze. Forse lui stesso sa che sarebbe dovuta andare così. Ma non è andata, le cose brutte succedono e non si può tornare indietro. Però quei due anni rimangono eccome, coi suoi riccioli a correre a perdifiato sulla fascia, a strappi, fermandosi e ripartendo, con giocate come lampi e sono propio come lampi, perché se ci pensi non riesci a dargli un ordine preciso, sono troppo veloci e allora, come in questo pezzo, le giocate, i gol, i momenti, si sovrappongono, senza nessun ordine cronologico, senza nessun motivo. Solo seguendo il filo dell’emozione. E insieme ne abbiamo vissute tante. Sono sicuro che profilo hackerato o no, fischi o non fischi, ci vogliamo ancora tanto bene.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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