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Gigi Meroni – Regalo di Natale

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Torna "Culto", la rubrica di Francesco Bugnone: "Nell'anniversario della sua scomparsa, Culto vuole ricordare un Gigi Meroni felice e pieno di vita: quello che segnò i suoi primi due gol granata in serie A due giorni dopo il Natale del 1964"
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

Il 27 dicembre del 1964 il Toro ha il tipico buonumore di chi ha passato delle belle festività natalizie e vuole continuare a farlo. Una settimana prima ha sconfitto in casa il Catania per 2-1 issandosi al terzo posto in classifica in coabitazione con la Juventus e ora, ospitando il Cagliari penultimo, può consolidare la sua posizione confermando di vivere il suo miglior campionato post-Superga. C’è solo un piccolo cruccio: Gigi Meroni non ha ancora segnato in campionato. In realtà la cosa sembra preoccupare più una preoccupazione per la stampa che per la squadra visto che Nereo Rocco lo stima, apprezzandone la serietà nonostante si cerchi di rappresentare i mondi di tecnico e fantasista come antitetici. Parlando della zazzera di Meroni, che tanto farà infuriare Edmondo Fabbri e indignare giornali reazionari come Il Tempo, il “paron” dirà sorridendo “Ma lui è come Sansone, ho paura che se gli tagliamo i capelli non sa più giocare”. Gigi ha già segnato i suoi primi gol granata in Coppa delle Coppe contro Fortuna Geelen e Haka Valkeakosken, ma quello zero in serie A va cancellato anche se non è un goleador nel senso stretto del termine, anche se un dribbling, un tunnel, un assist sembrano quasi appagarlo maggiormente nel suo giocare “a un’altra cosa”, seguendo la teoria di Nando Dalla Chiesa nel suo “La farfalla granata”. Un modo di giocare che all’inizio veniva giudicato quasi problematico per la squadra come si evince da un pezzo su La Stampa dopo il pareggio interno contro il Foggia: “Il ragazzo sta diventando per Rocco un rompicapo simile a quello rappresentato da Peirò nella passata stagione. Nessuno disconosce la classe dell'ex genoano, ma il suo dribbling troppo insistito nuoce alla manovra della squadra, senza contare che i suoi spostamenti al centro obbligano Hitchens a rinunciare all'unico gioco che sa fare (e che talvolta dà esiti positivi), ovvero il centravanti di punta.” Col passare delle giornate i giudizi negativi si sono sono smussati, anche per l’ottima stagione della squadra granata, ma per Meroni è giunto il momento di segnare per farsi (e per farci) un regalo di Natale con due giorni di ritardo.

Al Comunale il Toro entra in campo di bianco vestito e la farfalla granata non veste la maglia numero sette, definitivamente sua soltanto nella seconda parte della stagione, ma la undici che per gli avversari è indossata da un altro Gigi, Riva che quel giorno vedrà il mondo capovolto non essendo lui a segnare una doppietta, ma chi sta dall’altra parte. Meroni sente che è il suo pomeriggio sin da subito, trovando la via del gol dopo una manciata di secondi, ma vedendoselo annullare dall’esordiente Pieroni di Roma per un fallo di mano. Dopo un quarto d’ora il nostro “beatle” contribuisce in maniera fondamentale al vantaggio granata con un’intuizione da artista che sfiora la beffa: Hitchens converge da sinistra e calcia rasoterra dal limite, Meroni si fionda sul pallone con l’intenzione di scaraventarlo in rete e poi allarga improvvisamente le gambe. Il portiere del Cagliari Colombo risulta completamente spiazzato dal colpo di genio meroniano e la sfera entra in porta. Al 39’ il Toro raddoppia con una stangata su punizione di Ferrini, che La Stampa e l’Unità rimprovereranno per un inusuale stop di natica a risultato acquisito visto come presa in giro agli avversari (“suscitando gli applausi dei tifosi meno intelligenti” la severa chiosa del giornale del Pci), e poi al 43’ tocca al ventunenne di Como festeggiare. Non è un gol “alla Meroni”, quello verrà dopo, ma nel gioco di opposti e stranezze in scena quel pomeriggio è un gol da “numero undici”, da punta d’area. L’assist glielo offre proprio chi indossa quello che sarà il numero con cui viene ricordato, il “sette”, indossato da quell’immenso cuore Toro di Gigi Simoni che sarà proprio il giocatore che andrà alla Juventus nell’estate 1967 al posto del calciatore-artista col fato che sembra davvero sbizzarrirsi quando va a incrociare la strada dell’ex genoano. Lanciato da Ferretti, Simoni va via sulla sinistra e serve al centro Meroni che gira su se stesso e conclude a fil di montante siglando la rete del 3-0, la sua prima in serie A con la maglia granata anche se oggi è candida come la neve. Nella ripresa arriva anche il gol “alla Meroni”. Al 58’ l’ormai sbloccato Gigi si getta su un lancio di Hitchens, evita un paio di avversari, converge e batte con precisione Colombo che deve raccogliere il quarto pallone in fondo alla rete. Di lì a tre anni sarà lo stesso numero di gol che l’estremo difensore dovrà subire dal Toro in un derby tragico, dove la furia di Combin e la maglia numero sette di Carelli dipingeranno un clamoroso 4-0 col cuore gonfio di dolore per la morte di quel giocatore che adesso ha appena segnato una doppietta. Il destino, i corsi e ricorsi, sembra sempre tutto incredibilmente scritto.

Il pareggio tra Inter e Juventus fa sì che il Toro sia terzo da solo e sarà la posizione con cui terminerà il campionato, miglior piazzamento dal 1949. Il Cagliari si ritrova ultimo in classifica, ma resisterà alla tentazione di far fuori il tecnico “Sandokan” Silvestri e con una grande rimonta finirà sesto. Il morale granata è alle stelle, il regalo di Natale è arrivato e andiamo negli spogliatoi per sentire come lo commenta Meroni. Bruno Bernardi descrive così l’apparizione di Gigi a fine gara: “A gara conclusa i tifosi lo hanno atteso per tributargli un caloroso applauso e un affettuoso incoraggiamento. Spettinato con…cura, con un cappello verde di foggia curiosa e dalla visiera di pelle nera, con una sciarpa variopinta annodata al collo, Meroni è uscito per ultimo dallo stanzone granata”. Meroni esclama: “Era ora! Due reti le avevo già segnate all’Haka, ma quelle con il Cagliari rappresentano ben altra cosa. Esse significano sicurezza e fiducia. Contrariamente alle altre partite, i miei tiri sono andati a segno. Non nascondo di trovarmi meglio giocando come punta operante nel settore destro dell’attacco. Ma è il Torino che è veramente forte!”. Sì Gigi, quel Torino era forte, ma tu eri veramente fantastico e spero che tu lo sappia in qualunque universo e in qualunque dimensione ti trovi adesso.  Ps Kristiane Uderstadt, Cristiana, il grande amore di Gigi Meroni ha donato al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata l’autoritratto che dipinse il suo Gigi, e la tavolozza che usava, con un grande gesto d’amore. Le parole che hanno accompagnato questo dono, riportate da Tuttosport, mettono i brividi: descrivono il dolore del separarsi da qualcosa di così grande accompagnato dalla consapevolezza che adesso quell’opera d’arte è nel posto migliore possibile per essere custodita e guardata dai tifosi che l’hanno tanto amato, sia vivendolo in prima persona che nei racconti successivi. “E quando anch’io mi ricongiungerò a lui, in qualunque luogo saremo, ci rallegreremo nel vedere come la sua arte e la sua memoria continuino a illuminare il cuore granata”. Kristiane, mi permetto di dedicare a Lei questo piccolo pezzo in cui Gigi era al settimo cielo. Grazie davvero per avere voluto condividere una cosa così importante.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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