Pinga sembra cominciare da dove aveva finito: una prestazione monstre in Coppa Italia col Bari con gol di rapina, un’altra rete, sempre in Coppa Italia, nuovamente al Milan. In campionato fa più fatica, ma si sblocca contro il Monza da fuori, aprendo le danze di un emozionante 3-2 esterno. E’ un fuoco di paglia, troverà la via della rete solo contro il Chievo in un amaro 4-2 e con Camolese avrà sempre meno spazio. Può capitare. Poi la promozione arriva ugualmente, c’è comunque da essere felici. In A, però, Pinga stampa un rigore contro il palo in casa con il Brescia e, dopo cinque partite, saluta e va in prestito al Siena, dove torna quello che conoscevamo. Contribuirà alla salvezza dei toscani e, soprattutto, alla storica promozione dell’anno dopo, suggellata da una magnifica punizione all’incrocio nella gara decisiva contro il Genoa. Il Toro sta disputando il suo peggior campionato in massima serie, concluso con un umiliante ultimo posto e in molti si chiedono quanto sarebbe servito Pinga, insieme all’altra pletora di ex granata che stanno giocando nel Siena, per evitare una tristezza simile. Non lo sapremo mai, ma sappiamo che Pinga tornerà a casa, provando a riportare noi in A. Stiamo di nuovo sognando con Pinga.
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Tutto bello, tutti felici? No. La tragedia è dietro l’angolo. Un terribile incidente stradale in cui muore il fratello di Rodrigo Taddei. Andrè è sull’auto, riporta delle ferite alla testa e si ripresenta in granata con una bandana a coprire le cicatrici esteriori. Quelle interiori non è dato sapere come faranno a rimarginarsi. E’ l’anno della B alle 24 squadre, un obbrobrio padre di tanti obbrobri successivi con campionati elefantiaci a discapito della qualità. Con Ezio Rossi in panchina, partiamo bene e finiamo così male che non riusciamo neanche ad agganciare l’ultimo posto utile per lo spareggio contro la quartultima della A. I mini-abbonamenti previsti per le ultime quattro partite li avranno comprati soltanto i parenti stretti dei giocatori. Pinga va a tratti, alterna gare meravigliose ad altre molto meno. Però non può finire così, quello che sa fare lo abbiamo visto, non è un bluff. E infatti non lo è. Il 2004/2005 è il suo anno. Via la bandana, Andrè si mette a guidare il secondo Toro di Ezio Rossi, che, per con un mix di giovani e di colpi azzeccati (su tutti Marazzina), si piazza subito nelle prime posizioni giocando benissimo sin dalla Coppa Italia. Il brasiliano è protagonista assoluto di alcune gare e, soprattutto, segna il gol più pesante della stagione: una velenosa punizione a tempo scaduto al Curi di Perugia che vale l’1-1 e, a posteriori, il terzo posto davanti al detestato Grifo, col vantaggio nella griglia playoff. Già, perché sarà proprio ai playoff la resa dei conti di quella stagione.
In panchina, esonerato, Rossi, c’è Zaccarelli. La semifinale è contro l’Ascoli: l’andata, in trasferta, è decisa da Quagliarella di testa su perfetta punizione tagliata di Pinga. Il ritorno sembrerebbe roba tranquilla. Sembrerebbe. Ma con noi quando lo è? In un “Delle Alpi”meravigliosamente granata come poche volte e con la Maratona “rinforzata”da Marco Ferrante, Colacone apre le marcature approfittando di una dormita colossale della difesa. Se prendiamo ancora un gol siamo fottuti. Bucchi colpisce un legno clamoroso su punizione nella ripresa. Poi, per fortuna, ci pensa Andrè.
Pinga parte a una trentina di metri dalla porta. Nel momento stesso in cui quattro ascolani capiscono di avergli lasciato troppo spazio e provano a chiuderlo è troppo tardi. Il sinistro di Pinga è partito come una molla, quasi azionato dal movimento degli avversari. La palla secca, forte, colpita quasi di punta è così fulminea che non può essere fermata da Coppola anche se è sulla traiettoria. La Maratona, che assiste alla rete dalla parte opposta, è come se fosse sbalzata fuori da quella prodezza, come se finisse sulle spalle di Pinga, le spalle su cui ci ha presi per scacciare la paura. Lo stadio urla come poche volte ho sentito, un urlo che è goduta, certezza di avercela fatta, scampato pericolo. Un urlo così forte che, quando Marazzina su angolo di Pinga, nello schema simbolo della stagione, trova il 2-1, siamo così spossati che non abbiamo nemmeno più forza di festeggiare. Avevamo già dato tutto prima, per quello che sarà l’ultimo centro granata di Pinga.
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Lo spareggio col Perugia è delizia all’andata e sofferenza al ritorno, ma alla fine la A arriva e, durante i festeggiamenti, Pinga si mette a palleggiare sotto la Maratona rimasta a godere sugli spalti che va in deliquio peri suo campioncino. Stiamo sognando la A con una squadra giovane e di talento. Stiamo sognando una A dove Pinga potrà essere finalmente decisivo come fra i cadetti. Andrè dirà che era stato così emozionante quel palleggio sotto di noi, che avrebbe voluto continuare a farlo per sempre. Sempre, però, dura poco. Tra le tante cose che ci porta via il fallimento del 2005 c’è anche lui. Proverà la massima serie col ripescato Treviso di Ezio Rossi, ma non sarà la stessa cosa, non avrebbe potuto essere la stessa cosa che sarebbe stata col granata addosso. I tre gol che mette a segno sono comunque gol da Pinga: due punizioni perfette contro Lazio e Udinese, una stangata di destro dopo un’azione personale al Lecce nella prima vittoria veneta in A. C’è anche un lato meno bello: uno scontro con il portiere della Reggina Pavarini, mentre probabilmente cercava un contatto per un rigore, come succede mille volte su un campo da calcio, provoca una tremenda frattura facciale all’estremo difensore avversario. Il Treviso retrocede, Pinga saluta, torna in Brasile e all’Internacional di Porto Alegre, alza la Libertadores e la Recopa, dove segna, in una stagione dove troverà la via del gol anche direttamente da corner. Poi, a ventisei anni, va in Qatar e quando troppe delle tue squadre hanno “Al”o “El” davanti al nome, onestamente la carriera può dirsi finita. Troppo presto. Incredibilmente presto. Come un sogno che si interrompe all’improvviso.
P.s. i gol di Pinga vi aspettano stasera sulla pagina Facebook “Culto - ogni martedì su ToroNews”. Mettete like e non perdeteli.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentinie…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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