Ci sono scene che parlano da sole. Attimi che non hanno bisogno di moviole, analisi tattiche o commenti post-partita: bastano per raccontare cos’è, o cos’era, davvero questo Torino. La gestione surreale dell’infortunio di Tameze contro il Milan, quei quattro minuti di smarrimento culminati nel gol del 2-3, è una di quelle scene. Un fermo immagine doloroso, ma perfetto per spiegare perché questo club doveva voltare pagina. Per anni il Toro ha indossato un abito elegante: un’organizzazione “pettinata”, bella da vedere solo per chi non conosceva la realtà quotidiana. Dietro quella facciata: confusione, comunicazioni lente, leadership molli. E soprattutto l’assenza di quella fame e di quella durezza che nel Toro non sono accessori ma DNA.

#CuoreGranata
Dal Toro “pettinato” al Toro con la coppola
E infatti, in quel frangente decisivo della partita contro il Milan:
– nessuno legge la situazione,
– nessuno forza un fallo tattico,
– nessuno prende il comando,
– nessuno spezza il gioco,
– nessuno protegge la squadra.
Quattro minuti eterni. Quattro minuti che in Serie A non possono accadere. Quattro minuti che, nel Toro, non devono accadere mai più.
Ed è qui che il ritorno di Gianluca Petrachi diventa molto più di un cambio in scrivania: diventa una dichiarazione di identità e il ritorno dell’appartenenza. Alla presentazione ufficiale Petrachi non ha indossato maschere, non ha usato frasi di circostanza e soprattutto ha parlato come uno che il Toro lo conosce, lo sente, lo respira. Uno che sa che qui non basta “lavorare bene”: qui serve appartenere.
Ha riportato parole che mancavano da troppo tempo:
• armonia tra società, squadra e tifosi,
• chiarezza,
• responsabilità,
• cultura del lavoro.
Niente promesse miracolistiche. Una parola sola: coerenza.
E per chi ricorda cosa fu il suo primo ciclo, è più che sufficiente per capire la direzione. Si passa dal “pettinato” alla coppola. Dalla forma alla sostanza. Dalla teoria ai fatti. Tameze e quei quattro minuti spero siano il simbolo di un ciclo finito e guardati oggi, alla luce dell’arrivo di Petrachi, quei quattro minuti contro il Milan sembrano quasi un epilogo scritto:
73:01 Tameze si fa male in modo evidente.
75:21 Esce zoppicante.
76:40 Arriva il gol del 2-3, figlio del caos.
77:00 Finalmente viene fatto il cambio.
Una gestione così, Petrachi, non l’avrebbe mai tollerata, non perché sia un mago ma perché è presente. Perché lo vedi, lo senti. Perché appartiene alla categoria di dirigenti che intervengono e risolvono. Il Toro non è un club borghese. Il Toro è sangue, anima, fatica ed è l’opposto dell’attesa. È un club che non può permettersi di accogliere gente che scende in campo senza anima e con la spia che indica “entro in campo e poi vediamo cosa succede”.
Le prime dichiarazioni da DS sono state chiare: “Sono molto carico. E voglio rimettere al centro l’identità del Toro.” Un mercato di gennaio intelligente, non scenografico. Scelte condivise, non imposte. Confronto quotidiano per evitare incomprensioni: proprio ciò che negli ultimi anni era mancato. Petrachi vuole riportare energia, spirito, ambizione. Vuole, finalmente, far tornare a emozionare la gente granata. Cairo, presentandolo, è stato altrettanto netto: “Serve una direzione nuova” ed è esattamente quella che Petrachi rappresenta. Il messaggio è limpido: il Toro ha bisogno di qualcuno che incarni lo spirito popolare, duro, sanguigno di questa maglia. Il Toro ha bisogno di carattere, di immediatezza, di gente che sa che qui non si passeggia: si combatte.
E allora, in questo nuovo ciclo, mi ritrovo in una frase che sento profondamente:
“Un uomo può esprimere degli ideali, ma solo un uomo di carattere può realizzarli.”
Bentornato Petrachi.
È ora di rialzarci.
E, prima ancora, è ora di tornare TORO.
Learning Advisor, mi occupo di formazione e sviluppo organizzativo aiutando persone e team a crescere nelle competenze, nella leadership e nella capacità di collaborare. Credo che ascolto, empatia, condivisione e fiducia siano le vere leve per generare cambiamento e risultati sostenibili, per questo accompagno aziende e organizzazioni in percorsi su misura dedicati allo sviluppo delle performance e alla costruzione di una cultura collaborativa. Con #CuoreGranata porto questa stessa visione nel racconto delle storie di tifosi e professionisti legati al Toro. Attraverso interviste e testimonianze, raccolgo voci e passioni che si intrecciano con i valori granata, ispirandomi al modello del Grande Torino: resilienza, organizzazione, missione e visione che parlano al presente e al futuro.
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