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GENOA, ITALY - APRIL 23: Marco Baroni, head coach of Lazio, looks on during the Serie A match between Genoa and SS Lazio at Stadio Luigi Ferraris on April 23, 2025 in Genoa, Italy. (Photo by Simone Arveda/Getty Images)
La stagione calcistica si apre per il Toro con una lunga serie di interrogativi e pochissime certezze. L'impressione è che ancora una volta all'ennesimo mister sia stata data la scatola di un puzzle con doppioni e pezzi mancanti. Il mercato estivo è stato finora insufficiente per poter ambire ad obiettivi che non siano una mediocre metà classifica. A zavorrare, come troppo spesso negli ultimi anni, le speranze dei tifosi, concorrono carenze che ben rappresentano la coazione parossistica di questa società a ripetere continuamente gli stessi errori. In primo luogo si ripete l'abitudine, ormai consolidata, di andare a pescare presunti rinforzi tra le squadre retrocesse o tra gli esuberi ormai fuori rosa di altre formazioni, il tutto sempre guidati dal principio che si prende il meno costoso. È evidente che non si tratta di una strategia, ma di una necessità dettata da un bilancio sempre più traballante che ha come conseguenza il livellamento verso il basso della rosa.
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A fronte di partenze eccellenti, da Bremer a Buongiorno, da Bellanova a Ricci e Milinkovic (e dei lauti incassi realizzati), la squadra è stata imbottita di mediocri pedatori a basso costo, spesso caratterizzati da pesanti cartelle cliniche o da carte d'identità polverose. Il paradosso è che molti sono stati acquistati a titolo definitivo e a cifre comunque rilevanti per un bilancio magro come quello del Torino FC. E' difficile immaginare quali valutazioni abbiano spinto a sborsare tre milioni per Sazonov, cinque per Pellegri, quattro per Pederson, cinque per Walukiewicz, tre per Tameze, cinque per Ilkhan e via discorrendo: si è trattato di investimenti a perdere che non hanno certo contribuito a migliorare la qualità della squadra, mentre dall'altra parte si lasciavano andare via giovani del vivaio promettenti come Lucca o Corona.
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L'altra coazione a ripetere che affligge da più di un decennio l'approccio della società al mercato si può riassumere nella spasmodica concentrazione su un solo reparto, che raggiunge a volte livelli parossistici. Basti guardare l'esercito di esterni e centrali che fa dell'attacco di quest'anno uno dei più affollati della storia del Torino FC (ma occhio ad Adams, unico plusvalenzabile e dunque automaticamente con il cartellino attaccato). Peccato che a questa mania di collezionismo in avanti corrisponda negli altri reparti una mancanza di investimenti e di qualità che rischia di rendere pleonastico il potenziale offensivo. Come al solito, infatti, la società sembra affetta dalla sindrome da coperta corta. Il centrocampo a due Casadei-Anjorin è affidato ad un giovane inesperto e a uno pseudo-centrocampista che non ha mai ricoperto quel ruolo, rincalzati da una scommessa ampiamente persa (ahi ahi, Ivan quanto è costata cara la tua svista grossolana su Ilic). Sulla difesa bisognerebbe stendere un velo pietoso, ma per dovere di cronaca meglio guardare in faccia i fatti. Le corsie destra e sinistra sono già state fatte a fette durante le amichevoli da giocatori non certo di prima fascia, e sono chiaramente il punto più debole. Al centro, se Maripan fa il suo onesto mestiere, Coco ha già messo in mostra il campionario delle sue tante difficoltà e l'infortunio di Ismajli toglie ogni alternativa (a meno di non considerare tale Masina, ma speriamo la società non voglia arrivare a tanto). In porta, partito Milinkovic, si è scelto di ripiegare a basso costo su un debuttante in serie A che viene dalla panchina del campionato portoghese (il cui acquisto per di più ha appena finanziato un frazione del mercato gobbo).
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In tutto questo, Baroni è chiamato a trovare un quadra difficilissima, schiacciato tra un attacco ipertrofico, una difesa rachitica e un centrocampo mal assortito. La cosa più probabile è che il mister insista per il momento sul 4231, per sfruttare almeno agli inizi la folta batteria di esterni ed attaccanti. L'estrema fragilità della difesa rischia però di obbligare presto l'allenatore ad un cambio di modulo a cui Baroni (come Vanoli) potrebbe essere obbligato per riequilibrare una squadra costruita in maniera completamente sbilanciata. Se il Mister precedente si era inventato Lazaro alto a destra e Walukiewicz terzino, è possibile che Baroni faccia un passo in più e adotti il 4-3-3, un modulo che garantirebbe più filtro a metà campo. La rinuncia ad un attaccante metterebbe però in discussione gli equilibri in avanti, con sei candidati di buon livello per soli tre posti.
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Sembra quindi che anche Baroni, come i tanti prima di lui, dovrà fare i conti con le palesi lacune della rosa, cercando, tra un buco e un rattoppo, di non perdere troppo terreno nella sfilza di partite impervie che caratterizzano le prossime gare. A meno che da qui alla fine del mercato non arrivino due titolari per gli esterni bassi, un centrale di qualità e un centrocampista di sostanza che sappia muoversi a due in mezzo; ma questo approccio sarebbe troppo logico (e servirebbero soldi), quindi, visto il recente modus operandi della società, è più probabile che arrivi un altro esterno offensivo a rinfoltire un reparto già saturo. Insomma, lo strambo puzzle messo finora insieme per l'allenatore sembra davvero non contenere alcune tessere fondamentali, ma in compenso è pieno di doppioni. A Baroni non resta che lavorare di fantasia per tirarne fuori un'immagine che abbia senso.
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