Come era facile supporre, anche quest'anno il mercato del Torino FC è avviluppato nella rete del pressapochismo e della mancanza di pianificazione. L'unico vantaggio di un campionato senza ambizioni e finito già a marzo poteva tradursi nell'avere il tempo di preparare bene la stagione successiva. Il cambio improvviso e improvvido dell'allenatore ha azzerato anche questo minimo vantaggio, riportando a zero le lancette e avviando l'ennesimo giorno della marmotta. Se c'è una certezza con il Torino FC è non si arriva mai al raduno estivo con un allenatore capace di sviluppare un progetto e al quale venga affidato un gruppo di giocatori funzionale e completo. I tifosi hanno assistito a ogni genere di situazione: dalle urla di Juric per i mancati acquisti allo sguardo attonito di Vanoli quando gli è stata annunciata la vendita di Bellanova; dalla partenza di Cerci all'ultimo giorno utile (condito con l'aceto dell'arrivo di Amauri) alla sorpresa di De Biasi per l'ingaggio dello sconosciuto Oguro.


granata dall'europa
Il solito teatrino
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Ogni sessione di mercato estiva si trasforma in un noioso teatrino dagli attori bolsi e dalla sceneggiatura sciatta e prevedibile. Il primo atto ruota intorno alla cessione eccellente in nome del bilancio. Mentre in passato però si trattava di veri pezzi da novanta (vedi Bremer e Buongiorno), ora si è passati a pezzi meno pregiati come Ricci e Milinkovic Savic. È chiaro che a furia di vendere l'argenteria buona, sostituendola con quello che capita, ci si ritrova poi a dover fare i conti con un servizio da tavola di mediocre valore. Ricci e Vanja rappresentano l'ultimo vagone di un treno delle plusvalenze che ormai arranca. Il circolo vizioso in cui si è avvitato il Torino FC con la mancanza di ambizioni, di programmazione e di scouting è ormai entrato nelle fasi conclusive e al prossimo mercato si rischia di non avere nulla da sciorinare al primo offerente.
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Il secondo atto del teatrino estivo ruota invece intorno alla spasmodica ricerca di profili che non si ha i soldi per pagare o che non hanno nessuna motivazione di legarsi a una squadra senza coppe e senza ambizioni. Da Elmas a Beto a Gosens (solo per citare i più recenti) il balletto del vorrei ma non posso si ripete stancamente, senza mai neanche una piroetta su una giovane scoperta o un guizzo su nuovi mercati. A testimonianza della sceneggiatura sempre mediocre stanno i sedici milioni spesi per Ilic, gli otto milioni per Coco, i cinque per Walukiewicz, e i tre e mezzo per Pedersen (tutti giocatori arrivati fuori tempo). A chiudere la tragi-commedia del mercato estivo arriva poi uno sgangherato terzo atto in cui, a ritiro ormai finito e con l'allenatore che ha sprecato tempo e fatica, i buchi di una rosa largamente incompleta vengono turati con corse affannose sul mercato delle rimanenze, per aggiudicarsi scommesse perse in partenza, giocatori minati nel fisico o scarti che altre squadre non sono riuscite a piazzare (lascio agli attenti lettori il compito non arduo di trovare gli esempi). Così dopo tanta noia e poche emozioni, alla fine del mercato cala un triste sipario sulle speranze e sulle ambizioni dei tifosi, che ormai anestetizzati da anni di repliche stantie non se la prendono neanche più di tanto, consci del fatto che l'unica speranza è che cambi il proprietario della compagnia.
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