Il Granata della Porta Accanto / La disaffezione della gente ha origini lontane, in parte esterne, in parte legate a come è gestito il Torino
Ci si stupisce dei 7.000 spettatori di Torino-Udinese e della media molto bassa finora di affluenza alle partite casalinghe granata, ma francamente mi stupisco io di questo stupore. Ma cosa si pretendeva? Che un Toro finalmente gagliardo e in parte sfortunato, perché ha raccolto meno punti del già discreto bottino accumulato in classifica, potesse in pochi mesi far dimenticare le ultime due orribili stagioni e 16 anni di gestione al ribasso?
Io c'ero in Maratona contro l'Udinese e c'ero anche le molte altre volte che in passato abbiamo toccato record negativi di presenze, come in un Torino-Grosseto del 2010, ma vivo a Torino e pertanto sono agevolato nel poter andare allo stadio anche in un freddo lunedì sera di novembre. Ci si stupisce che la gente rinunci agli spalti degli stadi quando si fa di tutto, e qui parlo in generale, per disincentivare la visione della partita "in loco" a favore della fruizione televisiva degli eventi calcistici. E con tutte le restrizioni legate a chi mette piede in uno stadio, ci si sente più "liberi" e a proprio agio paradossalmente più alla prima della Scala che a vedere un Torino-Udinese qualsiasi! Lo ha sempre sostenuto il nostro compianto Anthony Weatherill: estirpando scientemente dal calcio i suoi più profondi contenuti sociali e culturali di aggregazione delle masse popolari, si sta portando questo sport alla "morte" e alla fine della sua presa così profonda sulle vite e le abitudini di milioni di tifosi.
Nel caso del Torino, poi, c'è l'aggravante di una proprietà che ha di fatto, in questi tre lustri abbondanti, svuotato dei suoi valori fondanti tutto ciò che circonda e impregna il club e i suoi tifosi. Da sempre a Torino c'è uno zoccolo duro di tifoseria, stimabile in circa 10/15 mila irriducibili, che vanno allo stadio a prescindere, gente che non lega la propria presenza al mero andamento dei risultati del campo, dell'importanza delle partite, del caldo, del freddo, degli orari o dei giorni. Questa gente continua, con meno entusiasmo sicuramente, a fare ciò che ha sempre fatto, ma oggi, e con loro quasi tutto il resto della tifoseria, vive in una costante e continua discrasia lacerante tra l'amore incondizionato per la squadra e per un'idea romantica di "Toro" da una parte e la disaffezione che spesso sfocia nell'astio verso una presidenza inadeguata all'alto compito "emotivo" che quel ruolo imporrebbe, dall'altro.
Ho spesso detto di Cairo che mi ricorda un amministratore di condominio perché si limita a gestire il Torino con lo stesso slancio emotivo di chi fa quel lavoro, magari in unità immobiliari con tanti inquilini e tanti piccoli e grandi problemi quotidiani da gestire: l'obbiettivo del buon amministratore è che le spese (costi di gestione del club, principalmente il monte stipendi) siano coperte dalle rate pagate dai condomini (gli introiti di TV e sponsor) e che le grane lo tocchino il meno possibile. Punto. Perché cercarsi "rogne" facendo di più? Il nostro presidente questo fa e da lì non si muove. Il Toro però non è assimilabile ad un palazzone di periferia, ma se proprio vogliamo restare legati a questa metafora, più che altro ad un'elegante villa d'epoca situata in un quartiere con altre prestigiose ville d'epoca, inframmezzate da qualche lussuosa villa moderna. Il suo proprietario dovrebbe pertanto gestirla non come un semplice amministratore di condominio, ma come un vero proprietario, cioè come qualcuno che non solo desidera che il suo bene non perda il suo inestimabile valore, ma che sappia anche apportargli nel corso degli anni notevoli migliorie attraverso tutti quei lavori necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria. Chi possiede questo tipo di case non può prescindere nel suo agire anche da questioni di orgoglio e di prestigio. Se le altre ville del quartiere costruiscono delle piscine funzionali ed eleganti nel giardino, il nostro proprietario non potrà limitarsi ad affittare una piccola piscina gonfiabile nella quale magari a volte farà mancare pure l'acqua. Se le altre ville dotano le proprie strutture di moderni e capienti ascensori, il nostro proprietario non potrà limitarsi ad installare in esterna una carrucola porta vivande o un aggeggio similare. Se le altre ville si dotano di sofisticati sistemi di allarme, il nostro proprietario non potrà limitarsi a comprare un cane, tra l'altro scelto nemmeno fra quelli adatti a fare la guardia. Il proprietario di una simile villa deve amare la sua casa e renderla, per quanto gli sia possibile, sempre più bella e funzionale, per rimanere al livello delle altre ville del quartiere. E soprattutto se mai qualcuno fosse interessato al suo acquisto, non avendo lui adeguato la sua proprietà al livello delle altre simili, non potrà chiedere a questo potenziale acquirente la stessa cifra di mercato che chiederebbero i suoi vicini di casa. È del tutto evidente.