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Nella stagione 1962-63 vinse il Premio Combi quale miglior portiere della Serie A. L'anno prima, se l'era aggiudicato Fabio Cudicini della Roma. "Le mie più grandi prestazioni? Una col Cagliari di Riva e una al Filadelfia contro il Catania. Parai l'impossibile. De profession Bel zóven, mi chiamava Rocco. Ai tifosi granata devo il soprannome di Pinza, come Bodoira. A mani nude sentivo di più il pallone, anche col freddo". Nella stagione 1963/1964, Lido mantenne la porta inviolata (oggi la chiamano clean sheet) ben 17 volte in 34 match. Certo, oggigiorno ci mostrano le parate alla Neuer. Ma che nostalgia per il suo ardimento, la presa a mezz'aria, il volo con la testa avanti tra i piedi degli avversari...
"Una volta i portieri si dividevano in due categorie: freddi e caldi. Freddi erano Jašin, Giuliano Sarti, Cudicini, Zoff. Caldi Moro, Ghezzi e Albertosi. Caldissimo Vieri".
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Gianni Mura, "Il campo dei ricordi" (2014).
"Certo, se vedo le foto di quando giocavo io e di adesso sembra passato un secolo. I guanti, per esempio. Non li ho usati per anni o al massimo quelli di lana se pioveva. La maglia. Ai miei tempi, solo nera, o grigia. Se l'immagina se poteva esserci un ragno arancione, così come c'era il ragno nero, Jašin? Un grandissimo, ma, non so perché, gli preferivo Beara, lo jugoslavo". Antonio Pigino ne condivide l'amicizia e mi ha raccontato un aneddoto molto bello. "Ero negli Allievi, e al Filadelfia noi ragazzi spiavamo l'ingresso in campo dei grandi. Un giorno manca un portiere per l'allenamento della Prima Squadra. Mi chiamano. Figurati l'emozione da parte mia! Lido mi prende da parte e mi dice: guarda che qui, semplicemente, si gioca a pallone. Fai quello che sei capace".
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All'Internazionale, nel 1970-71, vinse, insieme a Corso, Sandro Mazzola, Burgnich, Facchetti e Boninsegna uno scudetto in splendida rimonta sul Milan " ma mi sentivo in esilio, anche se l'ambiente era simpatico". Lido Vieri allenatore dei portieri al Torino ha lasciato il segno. Pariamo del carisma, della capacità di riconoscere il talento e di coltivarlo, di rischiare, di proporre soluzioni di allenamento innovative. "Ho l'orgoglio di aver allenato, incoraggiato e sempre difeso un grande portiere: Luca Marchegiani ". Nel corso delle stagioni al Torino, il portiere di Jesi affinò soprattutto la capacità di gestire i sedici metri. Una sicurezza costruita con Vieri, implacabile nel proporre cross e controcross, usare barriere mobili, sipari di tela da cui all'improvviso sbucava il pallone. Allenava i riflessi del giovane portiere nella presa e nel contatto col cuoio tirandogli la palla mentre era bendato.
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Lo vidi allenare sul campo di Epinel, a Cogne, Bucci e Casazza nel ritiro pre-campionato '98-99.
Portiere disteso a terra su un fianco sulla linea di porta, palla sotto la traversa, e su col colpo di reni.
Sequenza di 30 tiri consecutivi -quelli centrali non contavano. A fine allenamento fu molto cordiale e disponibile. Gli dissi"Certo che come paravi tu ai vostri tempi...", "Volavamo, eravamo angeli", mi rispose con un largo sorriso, con la sua abbronzatura di uomo di mare. Diceva Albert Camus, premio Nobel della Letteratura e gardien de but del club universitario, il Racing Algeri, che tra i pali ci si rivela completamente. Non ci sono trucchi. Certo, Lido, nel tuo caso, soprattutto, per noi tifosi, è stato così. E grazie di tutto. Anche di quel pomeriggio a Cogne.
Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
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