Insomma, nel corso della fine dell’ottocento e dei primi del novecento, il calcio è stato espressione di un certo modo di stare al mondo, coautore di un radicarsi di tradizioni consolidate nel tempo. Il sincretismo esistenziale, alla base del successo dello sport più seguito al mondo, è in quella genesi a trovare le ragioni del suo successo. Ma, come si è detto, la necessità del progresso alla fine viene sempre a bussare alla porta, e allora le cose devono per forza di cose mutare. E nella mutazione le strade sono due: o ci si adatta con nuove modalità e si diventa più forti, o non si riescono a trovare i giusti accessi alle nuove vie indicate dal progresso e si scompare. Nell’antica Grecia, Atene e Troia erano le città-stato rivali quasi per antonomasia, ma nell’evolversi del tempo e delle tradizioni la rivalità è confluita in un’Atene diventata capitale della Grecia moderna, e in una perdita di ogni traccia di Sparta. Il rischio che il Toro faccia la fine di Sparta al momento è notevole, e dovrebbe essere chiaro a tutti, tifosi compresi, come il destino dei granata non possa ripercorrere i passi finanziari dei bianconeri.
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E allora che fare? Perché non si creda sia una buona idea quella di accettare di veder scomparire il Toro tra le nebbie della storia, solo perché il suo presidente non sta riuscendo a trovare un’idea utile di progresso. Quale evoluzione deve provare ad avere la società granata per tornare a sedersi con la dignità che gli spetta al tavolo della storia del calcio? Forse, ma è solo un’ipotesi, dovrebbe mostrare chiaramente un’idea di “offerta” diversa di quella della Juventus; e se la società bianconera si spinge verso il palcoscenico mondo, relegando Torino solo come luogo di suo teatro di rappresentazione scenica, probabilmente il Toro, in risposta antitetica, dovrebbe ancora di più cercare un radicamento nella città che fu la prima capitale d’Italia. Indicare una via “sovranista” del calcio, dove i soldi non siano il fine ma il mezzo per la realizzazione di un’idea, potrebbe anche scoprirsi, paradossalmente, un’idea finanziaria molto più redditizia di quelle perseguite fino ad ora. Per quanto si stia facendo di tutto per far diventare il calcio un prodotto di consumo, la reazione etica per inventarsi un futuro diverso da quello prefigurato dal grande capitale non può che rintracciarsi nel dna della storia del calcio.
Nel motivo per cui ha conquistato il cuore di tante generazioni. Il Toro è precipitato in un’anomia senza fine, e pensare che il suo stadio perennemente mezzo vuoto sia solo frutto della presenza invasiva della televisione, vuol dire non aver compreso niente della natura dell’uomo. Urbano Cairo si è, in tutta evidenza, un po’ “perso” il Toro, non riuscendo a trovare un varco per un suo progresso nella storia. Fa un po’ tenerezza la dichiarazione di Moreno Longo che promette ai tifosi “un derby giocato con il coltello tra i denti”, perché pare il frontespizio di una cartolina sbiadita proveniente da chissà quale tempo. L’attuale tecnico granata è stato lasciato solo ad annegare nella malinconia nei suoi ricordi di “ragazzo del Filadelfia”, ed è questa la cosa a fare più male. La solitudine di Longo temo non potrà mai essere compresa da Cairo, a cui si attaglia una feroce terzina del grande poeta giapponese Issa Kobayashi: “sta come un pesce che ignora l’oceano l’uomo nel tempo”.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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