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Fedele alla nuova massima calcistica del “va dove ti porta il portafoglio o il bitcoin”, l’ormai ex allenatore della “Casa Blanca” dimostra di non andare a caccia di sentimenti autentici, ma semplicemente di profluvi da mercato pervertito, dove la “Fides” romana da tempo se ne è andata letteralmente a quel paese. Qualcuno potrebbe far notare come anche Julio Velasco, argentino, si sia accomodato sulle panchine delle nazionali di pallavolo. A questo qualcuno si potrebbe far notare, con il dovuto rispetto, come la panchina della nazionale di calcio dei “VerdoOro” non sia nemmeno lontanamente paragonabile, per tutti i significati estrinseci e soprattutto intrinseci, a quelle delle nazionali maschile e femminile della pallavolo italiana. E’ quasi pleonastico ricordare come il calcio non sia la pallavolo, basta vedere la festa in corso in queste ore a Bologna per la vittoria dei “Rossoblu” della “Coppa Italia”. Città bloccata, aneddoti generazionali a non finire, dichiarazioni entusiaste di ogni tipo di autorità. Il calcio smuove, attraverso la “Fides” ancestrale romana, quel senso di “amicitia” intesa come patto sociale sacro e inviolabile. Si tratta di una delle più antiche virtù non solo dell’Antica Roma, ma della storia sociale e sacra del mondo. La scelta di Carlo Ancelotti di accettare la panchina del Brasile, lo pone nella condizione della eventualità di dover un giorno guidare i “Carioca” in una importante sfida iridata contro l’Italia. C’è bisogno di specificare come Italia Brasile non sia una partita come le altre?
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Con quale cuore o principio di intelletto puoi congegnare piani di vittoria contro un sentimento importante, perché questo è per gli italiani la nazionale di calcio, per il tuo Paese? Vale dunque così poco, oggi, il posto dove siamo venuti al mondo, dove siamo cresciuti, dove siamo divenuti uomini, dove risiedono tutte le nostre memorie e gli affetti più importanti? Certo deve essersi sentito importante, quasi un semidio, Carletto, quando tra i benefit gli hanno addirittura concesso un jet privato sempre a disposizione per volare in Europa o in Canada per raggiungere la moglie Mariann. Ma cosa mai avremmo pensato se nei libri di storia, a proposito della battaglia di Zama, ci fosse stato Scipione l’Africano a comando delle truppe cartaginesi? Davvero saremmo stati capaci di giustificare tutto con la gloria, i soldi, l’ambizione e quant’altro di supposto “moderno” si potrebbe portare a difesa di certe decisioni? Ma vale proprio tutto a giustificazione del nostro godimento? Qualcuno assai acutamente si è chiesto: “i soldi non sono tutto. Ma cosa è tutto”? Ci sono domande scansate dalla postmodernità, confondendo la ricerca della felicità come possibilità di sfregiare ogni sentimento, ogni tradizione, ogni regola in teoria scritta sulle pietre senza età. Eppure il “cosa è tutto?” non dovrebbe mai smettere di tormentare le nostre coscienze, quel tipo di tormento, che qualche sciocco senza nessuno contezza di sé e del tempo che sta vivendo, chiamerebbe furbescamente moralismo. Ma la scaltrezza anomica dei nichilisti non riuscirà a nascondere un eventuale estraniamento dal “vero”, che gli italiani avrebbero nel vedere un Italia Brasile con un allenatore italiano sbracciarsi per portare la Coppa del Mondo a Brasilia. Il calcio delle nazionali è l’onore e la memoria di un popolo che muove il cuore e rigurgita lacrime, fu per questo che Matthias Sindelar preferì la morte e la “damnatio memoriae”, piuttosto che giocare nella Germania post “Anschluss” i mondiali di calcio di Parigi del 1938. Carlo Ancelotti non si sta concedendo un bel finale di carriera, ma se guardiamo a cosa sia diventato l’orizzonte etico/morale di tutti noi, forse fa parte di quelli ad aver compreso tutto, riuscendo a stare a passo con i tempi come pochi altri. E che il “mos maiorum” smetta di rompere i famosi “zebedei” del “Commissario Montalbano”.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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