Quindi alla domanda del Veltroni juventino se un giorno tornerai alla Juve come allenatore, il sorriso imbarazzato tradisce l’incompletezza ma la risposta è pronta: “nel futuro mi vedo sulla panchina della Francia”. Quando ha preso l’Italia distrutta dalle troppe ambizioni di Luciano Spalletti, Gattuso sapeva benissimo di accollarsi la responsabilità di una impresa disperata. Evitare la terza eliminazione di fila dalla fase finale di un mondiale rimane tuttora un compito improbo, perché se siamo stati eliminati dalla Macedonia del Nord in uno spareggio, è chiaro quanto a maggior ragione una Scozia o una Ungheria possano fare ancora più paura. Ma intanto ai playoff “Ringhio” la truppa Azzurra l’ha portata, istillando amore per una maglia e un Paese difficile da rintracciare nello scetticismo diffuso contemporaneo. “Se non porterò l’Italia ai mondiali andrò a vivere molto lontano”, ha detto nella conferenza stampa post Italia Israele, e questo sì sarebbe un vero tormento. Il “patriottismo semplice” gli adombra il viso da lottatore, da ultimo ad arrendersi in quella zona del campo dove tutto nasce e tutto può morire: non può nemmeno prendere in considerazione l’idea di non portare l’Italia ai mondiali americani. Nell’emigrare hai assunto sicurezza e hai trovato moglie, per poi tornare e realizzare il sogno più grande di ogni calciatore: vincere un mondiale. Sedersi sulla panchina dell’Italia del calcio per un meridionale è un onore che non si può descrivere, e sarebbe inutile provare a trovare parole da non potersi trovare.
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Si lascia un posto per andare in un altro posto, questo è stato il destino di molti nati in quella parte dell’Italia. “So che c’era gente più brava e con più esperienza di me, quindi ringrazio il Presidente Gravina di avermi chiamato… l’ho preso come un peso, come una responsabilità”, il completo scuro di Armani gli stringe il collo e l’anima, mentre cerca di far capire che lui, l’emigrante, non lascerà nulla d’intentato per rendere nuovamente felice il proprio Paese. Gennaro Gattuso e Zinedine Zidane sono figli del Mediterraneo, un mare difficile e complicato, pieno di storia e di sogni realizzati e perduti. Sono la “banlieu” di un gioco che prende cuore, anima e cervello. “La verità è nel mare, perché non ci fa sentire più terra sotto i piedi”, scrive Albert Camus, uno che il calcio lo ha amato e lo ha capito. Il giorno in cui Zinedine realizzerà il suo sogno di sedersi sulla panchina di Francia, quello sarà il momento in cui Smail, oggi novantenne, potrà definitivamente salutare la nave per l’Algeria, conscio di non averne più bisogno nemmeno come tentazione. Sarà un bel giorno, e chiunque sia stato emigrante lo può capire fin troppo bene. Sono stato cacciato, ma sono ritornato: ed è per restare, finalmente.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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