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Le analisi del post partita sono una via di mezzo tra lo sconforto e la speranza contenuta in ogni miracolo, ma se un secondo dopo il fischio della fine del match con la Croazia è cominciata a circolare la paura per il mostro elvetico, prossimo avversario negli ottavi di finale, vuol dire che la crisi del calcio italiano è qualcosa radicato in un profondo dove ancora non siamo riusciti ad arrivare con la mente e con il discernimento. Ascolti una trasmissione Rai e il giornalista giunto a commentare le prodezze azzurre chissà per quale mistero contenuto nelle vie infinite e opache di Viale Mazzini, si inerpica in una analisi collocata tra l’assurdo e il surreale, la cui medicina finalmente si è trovata: abbiamo Luciano Spalletti accomodato sulla panca che fu di Vittorio Pozzo ed Enzo Bearzot, e considerato come l’allenatore conti più del 30%(mi chiedo quali siano i dati da cui il prode giornalista ha ricavato la sua percentuale) allora di sicuro siamo a cavallo con il tecnico di Certaldo: prima o poi con lui vinceremo. Al povero Marco Tardelli, che con il suo pedigree un buon motivo ce l’ha a stare in tv a commentar partite, quasi cadono le braccia dallo sconforto a sentire parole dalla sicumera ignota, e prova a ricordare come in campo ci vadano i giocatori e come un tecnico il più delle volte deve essere un aggiustatore di talenti e non un venditore di fumo non richiesto. Ma niente, corroborato da una giacca e cravatta di pregio in uso per dare importanza, il mistero certificato da Viale Mazzini è andato avanti con una elegia da “Cinque Maggio” di Alessandro Manzoni della figura dell’allenatore.
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Mancano i campioni, simile a colui che tolse le castagne dal fuoco ad Arrigo Sacchi contro la Nigeria nel mondiale del 1994, dove il Divin Codino di Roberto Baggio mise in porta il pallone scaccia eliminazione umiliante, risolvendo una palese mancanza di gioco e di idee. Capita di avere questi periodi, e cercare di trovare una spiegazione razionale a un evento dipendente anche dalla mitica figura della “Cicogna”, è fatica improba in un dopo partita di uno stanco Europeo. Bisognerebbe recuperare umiltà, accettando la nostra attuale condizione di squadra media e quindi impossibilitata di fare del possesso palla un nostro credo. “Perifrasando” indegnamente Vasco Rossi (spero ci scuserà), si potrebbe dire come “la vanità ne ha rovinati più lui che il petrolio”, per cui dalla lucida testa di Spalletti escono solo parole ragguagliabili in “filosofia” e “progetto”, e se non ci va bene “forse dovevate prendere un altro, perché io non sono capace di allenare in altro modo che così”. Chissà, forse ha dato una idea interessante. Comunque c’è anche una percentuale di eventi, fate voi se sfortunati o fortunati, dove l’emigrazione costante a noi ha consegnato El Sharaawy e Mario Balotelli, e alla Spagna Nico Williams e Lamine Yamal. Nico Williams basco è uno di quei miracoli della lotteria del Mediterraneo, un mare intriso di drammi e di speranze, di echi di canti dei “muezzin” e delle campane della Roma papalina, un crogiolo storico di occasioni da cogliere. Con Mario Balotelli, posso sbagliare, ritengo si sia fallito culturalmente, perché se Yamal ha preso a modello la dedizione al lavoro e il carattere di Xavi e Balotelli l’indolenza pigra e “cafonal” di Antonio Cassano, forse c’è qualcosa nel nostro contesto valoriale/educativo da rivedere. Questione, e so di stare dando un immenso dolore al giornalista Rai sopracitato, da non poter essere delegata ad un allenatore con un progetto e una filosofia.
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Intanto Antonio Conte si presenta a Napoli (“Loquor” riprenderà questo argomento) usando stilemi verbali tratti dal sergente maggiore Hartman di “Full Metal Jacket: “avremo una faccia incazzata”. Conte e De Laurentiis devono essersi incontrati sulla impervia e complessa via del patriarcato e si inebriano nello spreco di citazioni paterne in stile “Dalai Lama”, e anche qui siamo al cliché da biglietto da “Bacio Perugina” da cui è stato eclissato il valore materno e, soprattutto, la coerenza (ma anche su questo in seguito ritorneremo) a suddetti principi del lavoro e della correttezza. Mentre ripenso alla parola “madrepatria”, la calura serale estiva mi ricorda come la nostra tv in tale periodo ripropone dei cult del nostro cinema da buonumore. “Forse daranno Totò le Mokò”, penso sulla tv che si accende e fa irrompere l’ennesima immagine di una partita di calcio nel salotto. Non ce la posso fare, e la noia mi travolge inesorabilmente.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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