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Probabilmente anche il Como dei fratelli indonesiani Hartono si sta avviando, attraverso una strategia di marketing e di investimenti abbastanza particolare, a ripetere l’esperienza della famiglia Percassi a Bergamo. Joey Saputo è un imprenditore ricco, rispetto ai benestanti De Laurentiis e Lotito, ma non ricchissimo. La sua storia familiare è quella riuscita di molti italiani emigrati in America; divenuti ricchi grazie al commercio di latticini, i Saputo ora tra le varie diversificazioni di interessi hanno anche il calcio. Joey Saputo con il Bologna è riuscito a prendersi delle buone soddisfazioni, ridando al club felsineo una dimensione appagante dimenticata da anni. Non ama la ridondanza della spesa, tanto che per il mercato prossimo ha chiesto a Sartori e Di Vaio di ottenere un attivo di bilancio di venti milioni di euro, e non ha mai promesso futuri gloriosi o cose similari. Il suo credo si basa sulle reali possibilità e sulla abilità dei suoi dirigenti operativi ai quali demanda molto della gestione sportiva e finanziaria. La società rossoblu funziona bene e nessuno nel capoluogo emiliano sente l’esigenza dell’arrivo di uno sceicco arabo o di un fondo di investimento. Certo ci sono le gestioni fallimentari, dal punto di visto sportivo, di club come il Torino o la Salernitana, per non parlare del vero e proprio incubo che stanno passando Genoa e Sampdoria, ma queste non sono da imputare a mancanza di patrimoni alle spalle, bensì ad una chiarissima incapacità di gestire l’impresa calcio. Ci sarebbero altri esempi da fare, sia in positivo che in negativo, ma il risultato di ogni percorso aneddotico porterebbe ogni volta alla stesa conclusione: non c’è niente ad impedire ad un piccolo imprenditore di poter aver fortuna, nei risultati sportivi e negli utili di bilancio, nella gestione di un club calcistico italiano. Nonostante il contesto economico/sociale difficile e la trasformazione in atto del consumo del prodotto calcio, non è una “mission impossibile” darsi degli obiettivi ambiziosi nella nostra Serie A. Un campionato che ha bisogno di riformarsi nelle infrastrutture e negli obiettivi di far venir su giocatori di talento autoctoni, perché una Nazionale così povera tecnicamente come quella attuale non fa onore alla nostra tradizione e alla nostra storia nel gioco, ma comunque gravido, per chiunque abbia le giuste attitudini per un sistema d’impresa anomalo e amore per questo sport, di ambizioni e potenzialità di crescita. Dalla lista dei nostri desideri rimuoviamo quello di avere prima o poi per il nostro club del cuore una esperienza analoga a quella dell’ingresso del fondo sovrano del Qatar nel Paris Saint Germain. Essa fu una piccola parte di un accordo politico gigantesco che tuttora lega alcuni interessi dell’Eliseo a quelli del piccolo emirato arabo.
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La Francia post coloniale che si muove nello scacchiere medio orientale, e con una immigrazione islamica importante, ha molto di più da offrire rispetto ad una Italia da molto tempo alla ricerca di una nuova collocazione nel Mediterraneo(anche se i recenti accordi firmati dall’attuale governo con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, potrebbero aprire nuovi scenari). Inoltre il Psg è un unicum anche nella Ligue 1, stretta attualmente nella morsa di una crisi finanziaria che la sta devastando. La quantità notevole di denaro immessa dai qatarini nel club parigino, non è il sonno irragionevole e un po’ ebete del ricco scemo, ma è figlia di un progetto di cui ancora oggi non si vedono tutti i contorni. Il calcio italiano ha bisogno di “normalizzarsi” definitivamente, per poi trovare un percorso comune di rilancio a livello globale. Per fare questo, come detto, non servono miliardari disponibili a svenarsi o fondi di investimento con l’unico scopo di una soddisfazione di istinti corsari, ma solo imprenditori veri che comprendano il calcio e sappiano delegare. Avere fiducia nel futuro vuol dire anche capire, e non solo desiderare. Usciti dall’infanzia è una delle prime lezioni che si apprendono.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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