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Perché Ceferin perderà

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Torna Loquor l'appuntamento con la rubrica a cura di Carmelo Pennisi

“Oggi gli intellettuali sono

completamente a fianco del

potere, e lo legittimano”.

Costanzo Preve

Il filosofo Costanzo Preve individuava nel “carosello delle opinioni arbitrarie elevato a nobile gioco delle interpretazioni” il pericolo maggiore a cui stava andando incontro la società contemporanea, che stava entrando trionfalmente nel terzo millennio senza avere un’idea che fosse una contro la riduzione della natura della verità ad infinito gioco dei punti di vista. Nel caos informativo sulla questione “SuperLeague” si è assistito, e si sta assistendo, alla pretesa di livellare verso un pericoloso “basso” qualunque sciocchezza partorita da menti che probabilmente non si sono mai posti il problema di differenziare il diritto dalla legittimità. Si è ormai immersi in un clima “caricaturale”, dove primeggiano i desideri personali, a scapito della volontà di comprendere cosa ci sia realmente in gioco.

Se si prova a partire dall’ultimo “fatto” accaduto in materia di “SuperLeague”, a risaltare agl’occhi dovrebbe essere  la questione di legittimità che Juventus, Real Madrid e Barcellona stanno ponendo all’attenzione  della “Corte Europea di Giustizia”, rispetto al diritto sportivo che concede all’Uefa la facoltà di poter escludere i tre prestigiosi club dalle coppe europee, o in subordine di poter comminare alle stesse pesanti sanzioni pecuniarie. La questione non è di poco conto, e porta direttamente ad una storica decisione della “Corte Europea di giustizia”: la “Sentenza Bosman” del 1995, che stabilì, in buona sostanza, un cambiamento copernicano nel rapporto club/giocatori. L’atleta non era più da considerarsi una proprietà, ma solo un temporaneo prestatore d’opera, libero, se europeo, di poter giocare senza nessun impedimento in ogni campionato messo in scena nel territorio dell’Unione Europea. Da quel momento non è stato più legittimo disporre di un calciatore come fosse una qualunque merce prodotta da una catena di montaggio di una qualunque fabbrica.

Il diritto sportivo fu costretto, quindi, a porsi il problema di quale fossero i suoi limiti nella gestione della vita di un calciatore, e questo cambiò per sempre la natura stessa della gestione dei club calcistici europei. Le legge ordinaria aveva finalmente stabilito come nessuna persona potesse essere ridotta alla condizione di schiavo, neppure sotto il dettame di una sua precisa volontà, e neppure attraverso una più che cospicua retribuzione. E’ importante fare un lavoro di memoria, perché la tentazione di molti tifosi, improvvisamente calatisi nei panni di novelli “Savonarola”, è quella manifestata in modo più o meno chiaro di chiedere all’Uefa di colpire con pesanti sanzioni i club ribelli ostinatamente legati all’idea della “SuperLeague”. Chi scrive ha da sempre manifestato la sua contrarietà a questa nuova Lega per ricchi dallo spirito da “Franchigia”, ma nonostante ciò non si può non avvertire il pericolo di una vocazione arbitraria nel richiedere alla giustizia sportiva europea misure che, come in futuro si vedrà, non ha nessuna autorità nel comminarle. Almeno fino a quando il “Diritto Comunitario” sarà quello di adesso in materia di libera concorrenza, e fino a quando la politica non prenderà atto con azione concerete (leggi) della specificità particolare dello sport.

Non aver compreso come ci si sia infilati in una strada dove i club della “SuperLeague” vedranno riconosciute le loro ragioni di fronte al tribunale europeo, è il vero dramma in atto nelle teste dei tifosi del Vecchio Continente. L’idea di una Uefa con il diritto di agire a prescindere dal diritto ordinario è talmente balzana, da chiedersi cosa stia succedendo veramente nella cultura e nel pensiero dei cittadini europei, a cui si dovrebbe sommessamente far presente come le questioni, in materia di diritto, non possono essere gestite con l’arbitrarietà del tempo della pandemia da Covid-19. E se si esce dall’arbitrarietà, sarà facile concludere come il diritto comunitario abbia come punto di riferimento obbligato il “Trattato di Lisbona” (Figlio di un’idea neo liberista) e non il “Manifesto di Ventotene” (di chiara matrice socialista) al tempo prefigurato da Altiero Spinelli per il sogno di un’Europa unita. Questo ben lo sanno i vertici di “J.P Morgan” e delle società della nuova Lega europea, ed è su questo che stanno giocando la loro vicenda legale contro Aleksander Ceferin, vanamente teso ad adottare una strategia  suicida da “muro contro muro” molto sorprendente, essendo il presidente dell’Uefa un noto avvocato nel suo Paese. Non si vorrebbe assumere toni da complotto, ma l’ipotesi di un Ceferin attore di una parte in commedia potrebbe non essere così bizzarra e irrealistica. Un attore che ha vestito i panni di Leonida alle Termopili, per dare l’idea di un vecchio calcio combattente strenuo contro il potere plutocratico dei club più ricchi, poi caduto sotto i fulmini del diritto comunitario.

E’ fantascienza? E’ complottismo? Può darsi, ma certo Ceferin si è messo in una posizione dove la stazione finale sarà la sconfitta, e la cosa inquieta un po’, anche a volerlo considerare in perfetta buona fede. La questione “SuperLeague”, a mio modesto parere, dovrebbe essere posta in modo diverso da quanto fatto dai suoi detrattori fino ad ora, perché alla richiesta avanzata dai fondatori della nuova Lega di poter realizzare le proprie libertà personali, considerata irrinunciabile e inviolabile da tutte le Costituzioni degli Stati democratici, la risposta non doveva essere la minaccia di una sanzione punitiva. La risposta doveva, e potrebbe ancora essere, culturale, dove l’accento doveva, e potrebbe ancora, essere messo in prima istanza su quali valori debba esercitarsi il sacro diritto alla libertà. Più che di una vocazione alle punizioni, l’Uefa si dovrebbe finalmente dotare di un “Pensiero”. Chiarendo, inoltre, quale sia il punto di vista “vero” al quale il diritto dovrebbe uniformarsi per definirsi legittimo, affinché il diritto stesso non sia un vizio formale facilmente aggirabile o manipolabile dal denaro.

La politica dovrebbe intervenire, e forse dovrebbe farlo anche la classe intellettuale, per “ordinare” nuove regole d’ingaggio culturali a stabilire un “recinto” dove il denaro torni ad essere un mezzo e non un fine nella quotidianità del calcio continentale. Invece, nella cara e vecchia Europa, si è ancora una volta di fronte al “mucchio selvaggio” in scena da trent’anni a questa parte, dove ognuno corre per sé e per i propri interessi, e dove il diritto è rimasto fermo a guardare un mondo che sta stravolgendo “dialetticamente” ogni certezza degli ultimi cento anni. Un diritto non più in grado, perché vecchio, di difendere l’interesse generale dall’interesse particolare, e quindi chiamato a garanzia da quest’ultimo a dare una legittimità diventata fatalmente strabica rispetto ad ogni criterio di verità. Ed è in questo strabismo che il Tribunale Commerciale di Madrid ha emesso una sentenza dove si intima all’Uefa e a tutte le Federazioni calcistiche, in modo chiaro e dettagliato(basta leggersi la sentenza), di non intraprendere nessuna iniziativa sanzionatoria, perché avrebbe carattere arbitrario, nei confronti dei club aderenti alla “European Super League Company, S.L.”, che è il veicolo giuridico creato in Spagna da Andrea Agnelli e soci per gestire tutti gli affari della nuova Lega.

Se a questa sentenza devono necessariamente guardare con attenzione le Federazioni continentali, più complessa e nebulosa rimane la posizione di un’Uefa residente in un Paese, la Svizzera, non obbligato a confrontarsi con una sentenza di un tribunale di un’Europa di cui non fa parte. Quando la “Corte Europea di Giustizia” ribadirà quanto già stabilito dal “Tribunale Commerciale di Madrid”, perché altro non potrà fare se non vorrà andare contro il diritto comunitario, le Federazioni e le Leghe nazionali dovranno mettersi in riga e obbedire al dispositivo emesso dal massimo organo di giustizia dell’Unione Europea. A quel punto, per Ceferin, i giochi saranno chiusi e si assisterà alla fine del potere super partes dell’Uefa, perché completamente delegittimato dal diritto. Tertium non datur, per buona pace di tifosi senza cognizione di causa e qualche presidente improvvido, e populista per interesse, che stanno chiedendo la mano dura contro Real Madrid, Juventus e Barcellona. La sensazione della ragione di Friedrich Nietzsche che con la morte di Dio si andasse verso un infinito nulla, continua a trovare nuovi e importanti riscontri e nessun accenno di un qualche contrordine. La “SuperLeague” è una sciagura per il calcio e i club che l’hanno pensata sono certamente arroganti, ma da questa vicenda arriva un monito da non sottovalutare: nel mercato del Tempio sarebbe bene vendere solo oggetti sacri, prove emotive evidenti del motivo per cui il Tempio esiste e lo si frequenta. Dite che quest’ultima cosa c’entri poco con l’affaire “SuperLeague”? chissà…

Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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