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Le persone geniali approfitterebbero dell’occasione degli azzurri del calcio, per tornare in equilibrio sulla vertigine dell’impossibile, provando a raccontarci seriamente perché il calcio per gli italiani non potrà mai essere esclusivamente un gioco, e perché non vedremo mai masse di discendenti della lingua di Dante Alighieri ritrovarsi a Piazza del Popolo a Roma a soffrire e a gioire davanti ad un megaschermo per la nostra rappresentativa nazionale di Pallavolo. Il calcio è resilienza, è fatica, è intuito, ed è, soprattutto, attesa. E’ tanta ed infinita attesa, ed è rappresentazione del valore di saper vivere bene questa attesa. Il calcio gli italiani lo interpretano con l’essenza della loro storia, dove la costante è saper aspirare a tempi migliori, con una sequela di sacrifici inenarrabili, dove si troverà il momento inebriante regalato dal lampo di bellezza. Il calcio è lo sport dove la tattica può trionfare su tutto, perché saper vincere è un’arte che richiede pazienza e saper gettare via la tentazione della vanità. Vincere è riconoscere il momento giusto di andare via lontano da un’area di rigore, come gli “Sposi Promessi” manzoniani, per poi ritornavi ad assestare il colpo giusto frutto di un percorso resilienza. Il calcio, per gli italiani, non è dare battaglia per un’ansia di dominio (non siamo tedeschi), ma è urlare al mondo il nostro saper resistere come pochi ad ogni tipo di avversità. E se anche ci hanno fatto unire molto tardi, si era patria e nazione molto prima che i Savoia compissero l’impresa. L’italiano, nel calcio, si esalta nella sofferenza perché nei nostri geni è situato il ricordo di generazioni di contadini che andavano a lavorare nei campi in ogni condizione e in ogni clima. E quando non erano campi agricoli erano il buio di miniere situate in ogni sorta di profondità. Ma la fatica non ha raso al suolo, mai, la fantasia al servizio della nostra tendenza alla disponibilità di essere meravigliati dall’esistenza e dal mistero. Sotto il cielo di Londra, in questi giorni, arrivano per noi italiani notizie incredibili, come una finale di un europeo di calcio e una semifinale di Wimbledon dopo sessant’anni. Forse qualcuno ci sta parlando ad un orecchio, suggerendoci come, ancora una volta, il nostro momento sia giunto, e non solo nello sport. Qualche intellettuale da piedistallo, piuttosto incarognito, potrà prendere nuovamente in giro le persone semplici, onnubilate da una cultura cristiana presente da secoli nella nostra penisola e tendente a far credere troppo facilmente ad un avvenire migliore. Ma non gli si dia troppa cura e importanza. Il prestigioso quotidiano francese “L’Equipe”, ha celebrato la vittoria della squadra di Mancini sugli spagnoli titolando in prima pagina, in rigoroso colore azzurro, con “L’allegria”. All’estero ci vedono da sempre così, allegri, con i nostri abbracci e i nostri ciao. Che dopo un periodo oscuro il calcio lo abbia ricordato a noi e a loro, dimostra agl’intellettuali da piedistallo come non siano geni, ma, appunto, solo appoggiati su un piedistallo e incapaci di stare sul bordo dell’impossibile. E non c’è altro da aggiungere.
Scrittore, sceneggiatore e regista. Tifosissimo granata e già coautore con il compianto Anthony Weatherill della rubrica “Loquor” su Toro News che in suo onore e ricordo continua a curare. Annovera, tra le sue numerose opere e sceneggiature, quella del film “Ora e per sempre”, in memoria del Grande Torino.
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