Risorgimentoro

II Toro non è un’idea!

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Torna l’appuntamento con RisorgimenToro, la rubrica a cura di Massimiliano Romiti. In questa puntata natalizia spazio al Dna granata

Massimiliano Romiti

Ammettiamolo.

Ciascuno di noi ha una propria idea di Toro.

Di come dovrebbe essere e come non è.

Ce l'ha il Presidente.

Ce l'ha allenatore.

Ce l'abbiamo anche e forse soprattutto noi tifosi, più che altro per l’affetto che ci strugge.

Tutti, ce l’abbiamo. E se ci mettiamo a contarle queste idee sono una moltitudine.

Io so come dovrebbe fare… io so come dovremmo/dovrebbero essere... e invece guarda!

Così frotte di pensieri, a mano a mano, prendono il posto di quella che per tutti è una formidabile esperienza che ha attraversato a un certo punto la nostra vita e ci ha fatto diventare del Toro. Per sempre.

Esperienza cominciata per molti (per me è stato banalmente così) con il nostro papà che ci ha portato allo stadio da bambini; per altri invece è accaduto in circostanze più originali e più curiose da raccontare. Perché le si racconta… sempre.

Un’esperienza proseguita almeno per me col rimanere impressionati da quel posto nuovo, lo stadio. Tanta gente e tante bandiere dello stesso colore, con al centro quel grande prato verde ma cosparso di maglie granata che richiamavano i colori della gente, della curva… come si chiama? Ah, sì, Maratona. Ma non era una corsa lunga?

E poi i primi gol, i primi canti... Le figurine Panini a scuola e novantesimo minuto alla tele.

Tanti splendidi sorrisi e simpatiche battute che mi venivano rivolti da sconosciuti che però avevano sempre, come me, una maglia, una sciarpa, un cappellino granata.

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Quegli stessi sconosciuti che magari mi offrivano un panino o una bibita quando avevo fame oppure sete. Ma chissà poi perché? Ma che bello però… mai estranei, sempre amici.

E poi ancora i cori, le sciarpe e i tamburi. E cadere giù dai gradini per un gol nel derby e per tanti altri gol. E poi srotolare o issare i più grandi striscioni mai visti. E respirar l’odore acre dei fumogeni. Ma chi inventa queste cose? Lo chiamano il pittore. Che festa!

E sempre tanti, tanti, tanti amici intorno.

Sempre a parlare di Toro, a pensare al Toro.

D’altronde, se non si è capito, giochiamo NOI quando gioca il Toro. Tu, io, NOI!

Quattro passi nel cortile del Fila per guardare l'allenamento... In sede c'è persino un ristorante...lo chiamano Circolo Soci.

In sede e alle case del Toro poi abitano i ragazzi delle giovanili con le loro speranze che arrivano in città, molte volte, da molto lontano. Al Fila gioca la Primavera: andiamo!

E davanti al Filadelfia ci si ritrova anche per le trasferte in pullman con i Leoni della Maratona e qualche volta si torna con i vetri rotti, da quella che ogni tanto diventa proprio un'avventura.

E quanti, quanti cori e quante, quante birre con quanti, quanti amici.

E ogni anno a Superga il 4 maggio tutti insieme a Messa tra la folla più bella e composta che io abbia mai visto. Una folla che ricorda, ama e fa vivere ora chi c'era allora. Miracolo.

E ogni due settimane per anni e anni prima nei distinti, poi in Maratona, poi di nuovo nei distinti (ma mi divertivo di più in Maratona…).

E in tutta Italia incontri persone che hanno un comune sentire di color granata. Ma come è possibile?

E non sono di Torino, no, ognuno a casa propria, per tutta Italia, fortissimamente del Toro. Tante anime di un unico sentire. Ma quanto di bello e di bene ha seminato il dolore di Superga?

E all'estero pure ci conoscono. E anche lì, davvero in tanti, ci amano.

No, non siamo veramente antipatici a nessuno. Sarà perché vinciamo poco? Ci sono tante squadre che vincono poco e molto meno comunque amate.

Semplicemente, non siamo un Club qualunque.

Siamo il presente di un gruppo di persone formatosi in passato e che probabilmente ha origine da quel nostro concittadino di origine svizzera che per primo portò un pallone di cuoio in Italia. Un pallone che lo affascinò a tal punto da invitare ed assumere nella propria azienda, per insegnare il gioco del calcio sulle rive del Po, quell’inglese che sarà il futuro fondatore del Milan.

Edoardo Bosio e Herbert Kilpin, pionieri del calcio italiano e granata ante litteram.

Perché siamo granata poi?

La più bella storia (l’avrò raccontato cento volte ma mi ripeto perché ogni volta mi dà un brivido) dice che il colore abbia a che fare con il sangue di un messaggero della Brigata Savoia che portava al suo re l'annuncio della vittoria della battaglia di Torino contro gli strapotenti e prepotenti francesi, correndo l'anno 1706 e avviandosi un piccolo ducato così a divenire definitivamente libero e a costruire l’Italia unita.

NOI ci chiamiamo come la nostra città perché evidentemente avevamo il diritto di chiamarci, dato che al di là di tutto ne siamo l'anima e l'anima viene prima di tutto il resto. E di fatto anche noi siamo venuti prima di tutti.

Football & Cricket Club Torino, Nobili Torino, Internazionale Torino, F.C. Torinese, Torino Football Club. Un filo di nomi legati alla città che dice che Torino è sempre stata e resterà granata come nel tempo è divenuta per sempre. I latinismi di ripiego li lasciamo ad altri.

Noi siamo sempre quelli lì: i sognatori visionari pionieri del calcio italiano, quelli della notte del 1906 alla Birreria Voigt, quelli dello stadio Filadelfia inaugurato dal futuro sfortunato Re di Maggio, il primo Club europeo a partire per il Sudamerica in tournée al nascere della Grande Guerra, la prima squadra a cavallo della seconda Guerra Mondiale a infrangere talmente tanti record da qualificarsi direttamente per la “Angeles League”, in Paradiso, andando a raccogliere l’immortalità proprio su quel colle già sacro alla città per la sopra citata battaglia. E poi lo storico Circolo Soci e il primo gruppo di tifosi organizzato. E l’innovativo calcio del Toro del ’76. Insomma, sempre ad anticipare i tempi. E anche ora alcuni di noi granata gridano: “Un altro calcio è possibile!”. Non smettono di sperarlo. Evidentemente eredi dei visionari del passato.

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Tre mondiali vinti da due allenatori indissolubilmente legati alla storia granata: Pozzo e Bearzot.

E tanti in campo poi si sono poi passati il testimone: da Baloncieri a Mazzola e agli Invincibili, da Bearzot a Meroni, da Ferrini a Pulici con i campioni del ‘76, da Dossena a Cravero, da Lentini a Asta, da Moretti a Belotti.

Dick, Cinzano, Novo, Pianelli e da 16 anni Cairo. Che è lì ma non capisce, sembra ostinarsi a non voler capire, dato che per altre cose dimostra grande abilità e sagacia.

E intorno o piuttosto, dentro, sempre noi. La gente del Toro.

Perché il Toro altro non è che il Torino Fc, insieme alla sua gente.

Come ho detto tante volte.

Gente che ce l'ha sempre in mente il suo Toro.

Non è un'idea però, è una magnifica esperienza.

Un’esperienza che si ha il dovere di far ripetere ai ragazzi di oggi.

Bisogna dare loro la stessa opportunità che abbiamo avuto la fortuna di avere noi.

MENO TV!

Ci vogliono invece PIU’ LUOGHI di ritrovo e di sport dove incontrare amici, coltivare la passione e continuare la tradizione.

Lo Stadio Grande Torino, certo, il Fila, il Museo e la sede che devono tornare lì, ma non solo.

Bisognerebbe inventarsi tanti e tanti altri luoghi, perché di luoghi e di incontri di persone ha bisogno il Toro per vivere.

MENO CHAT e SOCIAL!

Ci vogliono PIU’ INCONTRI in presenza, abbracci, salti, cori, tavolate con cibo, vino, birra, tanto calcio ma non solo, tanto sport, tanta cultura, tanta solidarietà, il tutto tinto del nostro bel colore granata.

Il Toro non è quello che si pensa del Toro. E chiunque lo pensi smetta di pensarlo.

Il Toro è quella splendida esperienza che abbiamo fatto talmente tante volte che tanto ci ha coinvolto ed alla quale ci sentiamo di appartenere. Che bisogna far ritornare potente in città.

Pensando al vero Toro infatti non mi vengono in mente prima di tutto idee ma volti di amici, persone care e grandi calciatori visti o incrociati, canti e rumori, luoghi e sensazioni vissute.

Come i ragazzini delle scuole di Bilbao per le strade, con sciarpe e bandiere granata orgogliosamente portate in giro il giorno dopo la prima partita vinta da una squadra italiana al San Mames. Proprio in quella città basca, dove un popolo si identifica con il proprio Club più che in qualsiasi altro posto al mondo.

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Dove i pionieri del calcio spagnolo hanno incontrato quelli del calcio italiano ed è stata, immancabilmente, una grande festa. D’altronde che altro deve essere il calcio?

Il Toro non è un'idea, come non lo sono tutte le cose e le persone più belle e vere a questo mondo. Il Natale, d’altronde, porta con sé proprio questo insegnamento.

Ci avete mai pensato?

Sta quindi a noi, come agli atleti e ai dirigenti, dargli carne e sangue al Toro, farlo vivere.

Ma senza unità non c'è vita e noi del Toro, tutti, siamo ora chiamati a lavorare su questo.

Spazziamo via i pensieri anzi, per meglio dire, facciamoli uscire dalle nostre stanze e tornare in strada, in città.

Nel chiuso delle nostre stanze servono solo a farci dimenticare il fascino che ci ha conquistato e che si può trovare solo là fuori, in luoghi reali e partecipati. Non virtuali e “condivisi”.

E vogliamoci semplicemente più bene, noi del Toro.

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Non siamo mica estranei, perdoniamoci allora e non stanchiamoci di costruire sempre.

Solo così senz'altro avremo il Toro come vorremmo che fosse. Lo metteremo su, tutti insieme, pezzo a pezzo.

L’augurio di queste feste è un giorno di ritornare come un tempo soci di un Club che oggi purtroppo, ma come quasi tutti in Italia in verità, non è più un Club.

E questo fa male a noi appassionati ma anche al sistema calcio e ai suoi stessi interessi.

Sarebbe davvero un bel regalo per tutti.

Buon Santo Natale allora e sempre Forza Vecchio Cuore Granata!

Avvocato e mediatore civile e commerciale. Socio Fondatore dei Giuristi Granata - Toro Club Marco Filippi, dell'Associazione Curva Primavera per la Fondazione Stadio Filadelfia e dell'Associazione ToroMio. Attuale presidente del Comitato NOIF "Nelle origini il futuro" che unisce a ToroMio associazioni di varie tifoserie italiane nella promozione di una proposta di legge che introduca la partecipazione popolare nel mondo del calcio e dello sport.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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