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Allegri, la nemesi del Toro: 16 sconfitte e un solo successo

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Ribaltoni, recuperi fatali e un solo sorriso nel 2015: Allegri resta il peggior avversario possibile dei granata
Matteo Curreri

Se c’è una figura che negli anni si è guadagnata il titolo di nemesi, di vero e proprio ammazzatore di sogni granata, quella figura non può che essere Massimiliano Allegri. Se il calcio italiano fosse Matrix, il tecnico livornese sarebbe l’Agente Smith: inesorabile, impossibile da evitare. Possono cambiare le squadre, gli interpreti, i cicli tecnici, le epoche, ma l’esito è quasi sempre lo stesso, impedendo puntualmente al Toro la propria ascesa eroica. Un potere quasi esoterico, manipolatorio, che emerge quando meno te lo aspetti: quando l’avversario abbassa la guardia, quando il destino sembra, per una volta, piegarsi verso il granata. È il famoso “corto muso”, da intenditori di ippica, che Allegri ha trasformato in un vessillo tattico ed esistenziale. E il Toro, negli anni, ne è stato il suo laboratorio prediletto. Lo confermano le delusioni legate al suo nome: numerose, spesso traumatiche, arrivate allo scadere o proprio quando sembrava che la rotta potesse finalmente invertirsi. E invece i numeri parlano chiaro, come una sentenza: 23 partite, 16 sconfitte, 6 pareggi e una sola vittoria granata contro Max, che nel suo trascorso bianconero è stato incoronato re dei derby, superando addirittura Giovanni Trapattoni. E ora “Acciughina” si ripresenta a Torino. Non sarà in panchina, perché squalificato, ma con un Toro in enorme difficoltà e un passato così ingombrante, ci sono tutte le condizioni per la recidiva. Se il calcio ha il potere di sorprenderci, e spesso lo fa, sembra che difficilmente questo discorso possa valere quando si parla di Allegri.

Allegri, la sua prima vittoria in A fu contro il Toro

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Il rapporto tutt’altro che roseo tra il Torino e Massimiliano Allegri comincia nel lontano 2008, al suo primo anno da allenatore in Serie A. L’impatto non è semplice: cinque sconfitte consecutive, poi un pareggio con il Milan e infine la trasferta all’Olimpico contro i granata di De Biasi. Il gol decisivo di quella partita sembra già una premonizione di ciò che avverrà spesso in futuro: 0-1 il finale, rete di Robert Acquafresca all’86’, nonostante una buona prestazione del Toro. È la prima vittoria in A del tecnico livornese, che al ritorno non riuscirà a bissare il successo, complice un anonimo 0-0 a Cagliari. Per il Torino, a fine stagione, sarà retrocessione in Serie B, dove resterà per un triennio. Per Allegri, invece, gli orizzonti si allargano. Nell’aprile 2010 il vulcanico Massimo Cellino lo esonera: una decisione clamorosa considerando che solo due mesi prima l’allenatore aveva vinto la Panchina d’Oro. Tra le motivazioni, il presunto ammiccamento ai grandi club. E infatti, in estate, Allegri firma con il Milan: al primo anno vince lo scudetto; al secondo arriva dietro la Juventus; al terzo affronta una stagione di rifondazione dopo gli addii della vecchia guardia e dei due totem Thiago Silva e Ibrahimovic, ceduti entrambi al Psg.

Nel 2013, da 2-0 a 2-2: decise Balotelli

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È in quel 2012-2013 che Torino e Allegri tornano a incrociarsi. Il 9 dicembre 2012, all’Olimpico, Santana illude i granata, poi il Milan dilaga: Robinho con un gol alla Robinho, poi Nocerino, Pazzini ed El Shaarawy per il poker. Il colpo di testa di Bianchi rende solo meno amaro il risultato. Nel post-partita si parla già di futuro e di mercato: “Io credo che Balotelli sia un giocatore di cui difficilmente il Manchester City si priverà”, dice Allegri. E invece sarà proprio Super Mario il protagonista delle due sfide successive. La prima, il 5 maggio 2013, appoggiando a porta vuota la sponda di Mexes per l’1-0 finale. La seconda nella stagione seguente, in una serata dolorosissima per i granata. Il 14 settembre 2013 D’Ambrosio e Cerci sembrano aver indirizzato la gara con il doppio vantaggio al 71’. Ma forse non era ancora chiaro con chi avessero a che fare. Un gollonzo di Muntari riapre il match, poi al 97’ Pasquale atterra Poli: è rigore. Proteste inutili. Allegri distoglie lo sguardo, Balotelli trasforma per il 2-2 finale.

Pirlo, i gol "da polli" e l'unica vittoria del 2015

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Una beffa, certo. Ma non è che l’inizio. La nemesi granata non aveva ancora trovato la collocazione ideale per spruzzare il suo veleno mortifero. E allora quale panchina migliore di quella bianconera, la rivale per antonomasia, per colpire ancor più da vicino? Con la ciliegina dei tre punti all’ultimo respiro. È il 30 novembre 2014 quando un’entità sembra impossessarsi di Bruno Peres: coast-to-coast impressionante, in risposta a Vidal. Un lampo illusorio. Perché, ancora una volta, intervengono i minuti di recupero: la conclusione di Pirlo al 93’. Allegri su Twitter scrive: “Un bel #doppiofiuuu questa volta: felicissimo per i tifosi”. Nel post-partita parlerà del gol di Peres come “un gol da polli… in una partita di calcio è difficile vedere uno che fa 70 metri con la palla al piede…”.E la parola “polli” tornerà anche al ritorno: “Siamo stati un po’ polli nei due gol. Dispiace per aver perso il derby”. Sì, è successo davvero. Il 26 aprile 2015 il Torino batte la Juventus 2-1, spezzando un tabù ventennale. Una vittoria che ancora oggi attende un seguito e che, nei confronti con Allegri, resterà come un episodio isolato da pagare a caro prezzo negli anni successivi.

Dopo Pirlo, Cuadrado

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La notte di Halloween 2015 fa riemergere, non a caso, vecchi fantasmi. Prima Pogba, poi la botta mancina di Bovo per l’1-1, e infine la legge dei minuti di recupero: Pogba per Alex Sandro, servizio basso per Cuadrado e gol al 93’. “Aver portato la giornata positiva dalla nostra parte è un segnale”, dirà Allegri, che proprio da quella vittoria troverà il boost per scacciare la crisi e lanciarsi verso il suo secondo scudetto bianconero. È l’anticamera di una sfilza di successi consecutivi: 4-0, 1-4, 1-3, fino a un’altra beffa datata 6 maggio 2017. Ljajic illude il Toro su punizione, ma in campo c’è Gonzalo Higuain, già matador all’andata con una doppietta, che al 92’ firma l’ennesima sentenza sul sogno granata di imporsi allo Stadium. Dal “Pipita” a CR7, la storia non cambia: altre quattro vittorie consecutive, con il portoghese che il 3 maggio 2019 risponde al gol di Lukic dopo 66 minuti di resistenza granata, infrangendo anche stavolta un possibile exploit nel finale, all’84’.Finisce 1-1, ma l’aria attorno alla Juventus è grigia. “Certo che c’è amarezza per essere usciti ai quarti con l’Ajax. Rinnovo automatico in caso del 50% degli obiettivi raggiunti? Falso, come i soldi del Monopoli”, dirà Allegri, che appena due settimane dopo verrà esonerato.

Allegri bis e le opportunità sprecate

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Nel biennio lontano dai campi, Allegri viene accostato a diverse panchine prestigiose: lui stesso racconterà di aver rifiutato persino il Real Madrid. Ma il 2 ottobre 2021 il Toro se lo ritrova di nuovo davanti, ancora in un derby, ancora risolto con la specialità della casa: rete di Manuel Locatelli all’86’. Al ritorno, Belotti risponde a De Ligt per l’1-1, ma si parla soprattutto delle difficoltà patite da Vlahovic contro Bremer: ironia del destino, l’anno dopo diventeranno compagni di squadra. Il serbo decide l’andata al Grande Torino, mentre Bremer segna nel pirotecnico 4-2 dello Stadium, dove il Toro si ritrova due volte in vantaggio prima di doversi arrendere. Il 7 ottobre 2023 è l’ex tifoso granata Gatti, insieme a Milik, a ribadire la supremazia cittadina, mentre lo 0-0 del 13 aprile 2024 lascia al Toro un enorme rimpianto: l’occasione divorata da Lazaro allo scadere. O ce l’hai o non ce l’hai.

Tutti contro uno

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L’Allegri-bis, comunque, non sarà ricco di gioie bianconere: la Coppa Italia, ricordata più per il suo show nei confronti di Cristiano Giuntoli che per il trofeo in sé, sarà l’ultimo atto prima dell’addio. Nemmeno contro una Juve più debole il Toro è riuscito ad approfittarne.

Allegri, dopo un altro anno sabatico, è ora tornato al Milan. I rossoneri, nelle ultime due visite al Grande Torino, sono usciti entrambe le volte sconfitti. Certo, esiste il detto “non c’è due senza tre”, ma accadrà proprio con Allegri? E che dire del suo rivale in panchina, quel Marco Baroni che in Serie A ha pareggiato nell’ultimo confronto, Verona-Juventus 2-2 del febbraio 2024, ma poi ha sempre perso. Soltanto una vittoria, ma che racconta di molte ere geologiche fa, in un Carrarese-Aglianese dell’ottobre 2003, in C2, quando Baroni ne uscì vincitore per 2-1. Il Toro, Baroni, tutti contro uno: riusciranno a disinnescare la nemesi?