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Quagliarella e il Toro: “Il primo stipendio mi faceva sentire in colpa”

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Il racconto dei primi passi in granata: il trasferimento a 13 anni, il sostegno del padre e il debutto in Serie A
Matteo Curreri

Di Fabio Quagliarella si può parlare come di un talento sopraffino: un giocatore capace di abbinare qualità tecniche, colpi da cineteca e una concretezza che pochi hanno saputo coniugare, soprattutto nell’ultimo decennio di Serie A. I numeri confermano la sua statura: 182 reti nel massimo campionato, che lo collocano al 14° posto della classifica all-time dei marcatori. Oggi, a 42 anni, dopo il ritiro avvenuto nel 2023 e il nuovo ruolo di opinionista a Sky, Quagliarella ha ripercorso al Corriere della Sera le tappe della sua carriera, intrecciata in due momenti significativi con il Torino. La prima esperienza risale ai 13 anni, quando dovette lasciare la famiglia e Castellammare di Stabia: "Mica facile. Ogni sera chiamavo papà per dire che volevo tornare – racconta Quagliarella – Non ce la facevo, piangevo. E lui senza scomporsi mi assecondava: vabbé vai a dormire, pensaci. Se domani decidi considera che sono già lì a prenderti. Di domani in domani poi non sono più tornato. Ed è stato l’inizio della mia carriera. Grazie a lui".

Quagliarella, dal primo stipendio al debutto in Serie A

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Per Quagliarella, fu l’inizio di un percorso che si accompagnò anche ai primi guadagni da professionista: "Il primo stipendio? Ci penso spesso: avverto il piacere e anche il disagio di allora – dice Quagliarella con grande umiltà – Un milione e seicentomila di vecchie lire, il primo contratto da professionista col Toro. Che senso di colpa. Mio papà faceva l’imbianchino e quei soldi tutti insieme non li vedeva in un anno intero. Ma erano i nostri, questo contava. Mi ha aiutato nella gestione dei miei guadagni, anche quelli più importanti. Oggi ragiono con due teste, la sua e la mia".

Gli anni al Toro, dal vivaio al debutto in Serie A, avrebbero potuto rappresentare un punto di arrivo. Per Quagliarella, invece, furono solo una tappa di un percorso che non ha mai conosciuto appagamento: "In realtà, non c’è un momento. Forse quando ho debuttato in Serie A col Toro, ma non mi sono mai sentito arrivato. Anche negli ultimi giorni alla Samp mi allenavo con la stessa intensità di uno di 20 anni. Il calcio è cambiato: i ragazzi di oggi fanno mezza stagione buona e subito pensano di essere da Nazionale".