Smaltito il Natale, è già tempo di tornare al campionato. I granata e Baroni si sono goduti il giorno libero, con un morale sicuramente più alto rispetto a quanto avvenuto nelle prime tre uscite dopo la sosta per le nazionali. Dagli ultimi due incontri sono arrivate altrettante vittorie ed è dal 2019 che manca la terza di fila: chissà che non sia questo il miglior regalo sotto l’albero, magari anche aiutato dai tanti santi in paradiso che il Toro ha lassù. Il prossimo appuntamento dei granata li vedrà opposti al Cagliari e, sfogliando le sfide del passato, si può cogliere l’unico precedente disputato il 27 dicembre, con i granata vincenti per 4-0. Era il 1964 e non si può non rimanere colpiti da una simile coincidenza, soprattutto se il protagonista di quella giornata porta il nome di Gigi Meroni e delle sue prime due reti in campionato in maglia granata. Quel pomeriggio, al Comunale, la Farfalla Granata cominciò a far ricredere i primi critici, in una partita che fu la cartina di tornasole del suo immenso bagaglio tecnico.

MONDO GRANATA
Torino-Cagliari il 27 dicembre: la svolta di Gigi Meroni
Dribbling
—"In tutti i campetti di periferia, dove le porte sono segnate dai mucchi degli indumenti dei giocatori e ogni tanto il pallone schizza oltre il prato e intralcia il traffico, i ragazzi che giocano hanno una prima e fondamentale aspirazione: quella di tenere il più possibile la palla, seminando il maggior numero di avversari. Il passaggio, il gioco d’insieme, tutte le diavolerie tattiche non contano niente: conta soltanto il dribbling. E chi sa farlo bene è senz’altro il migliore della compagnia".
Queste le prime parole battute da Gigi Meroni in un articolo su Alé Toro del 1964, in cui spiega la tecnica del gesto più estroso e fantasioso, il dribbling. Praticamente come leggere il manifesto di una corrente artistica o di un’ideologia. "Francamente non credo di essere in grado di spiegarvelo bene. Perché il dribbling è una cosa troppo personale, istintiva, troppo soggetta ai capricci del momento", scriveva con franchezza. Nessuno ti insegna a uscire da una lampada.
Quell’articolo, per i più maliziosi, diventa però presto oggetto quasi di scherno o viene considerato una spacconata. In effetti, i primi mesi di Gigi a Torino non sono dei più semplici. Dal nuovo acquisto ci si aspettava un rendimento immediato. "Meroni è l’elemento più insidioso dell’attacco granata, vale più di quanto abbia dimostrato", commentava ossequioso un certo Omar Sivori dopo aver assistito, dalla tribuna, a un derby vinto 3-0 dalla sua Juve. Ma pareri discordanti arrivavano anche dalla tifoseria, come si può leggere sempre su Alé Toro, in una lettera indirizzata a Nereo Rocco: "Egregio allenatore del Torino, signor Nereo Rocco. È sicuro proprio davvero di aver fatto bene a far comprare Meroni da Pianelli? Io credo che questo Meroni che insegna a dribblare ma non lo sa fare lui non sia un giocatore molto forte".
Meroni e il Toro: non fu amore a prima vista
—"Un ragazzino sottile (…) con un gran ciuffo che gli sormonta la testa, gli occhiali che nascondono parte del viso. Visto in borghese può essere scambiato per uno dei ragazzi che vanno matti per il surf (e forse lui lo è veramente), di un’eleganza marcata, pieno di sé, convinto di saper conquistare il mondo. Parlandogli, invece, quell’aspetto un po’ superficiale non ha ragione di essere. Gigi è un ragazzo simpatico, di non molte parole, almeno per adesso, con propositi ben chiari in testa. (…) È un piccolo campione, sa di esserlo ma non lo fa pesare".
Così recita il ritratto con cui Meroni viene accolto in estate come nuovo giocatore del Toro. È questo ventunenne — “che può essere scambiato per uno dei ragazzi che vanno matti per il surf”, come si legge su La Stampa — la scommessa di una società ambiziosa che punta a scalare le gerarchie del calcio italiano. Siamo nel 1964 e, con ogni probabilità, anche nelle orecchie di Meroni risuonava Noi siamo i giovani. I giovani più giovani. Siamo l’esercito del surf, cantata da Catherine Spaak, mentre scopriva la sua nuova realtà, Torino, dove al massimo si può fare canottaggio sul Po.
Ad attendere Gigi, oltre all’allenatore Nereo Rocco, c’è una rosa composta dal portiere livornese Lido Vieri; dal terzino Fabrizio Poletti, destinato a diventare suo grande amico; da Giorgio Ferrini, triestino come Rocco, leader in campo e nello spogliatoio, uomo di poche parole a cui bastava uno sguardo per fulminare i compagni; da Giorgio Puja, che pur avendo conquistato la Nazionale da centrocampista viene arretrato a libero; da Giambattista Moschino, veterano granata dai piedi sopraffini, incaricato di dettare i tempi della mediana; e da Roberto Rosato, detto “Faccia d’angelo”, stopper di temperamento dai modi spesso ruvidi. Tra le facce nuove ce n’è una conosciuta: Natalino Fossati, con cui Gigi ha condiviso l’esperienza al Genoa. Sarà per anni suo compagno di stanza. Con la presenza di Fossati, almeno, non c’è da ricostruire tutto da capo in uno scenario stravolto, almeno sul piano ambientale.
Alla vigilia della stagione 1964-1965 il Toro promette bene, e pure Meroni, dalle prime uscite nelle amichevoli, anche se la cronaca dell’epoca sembra più interessata a pontificare sul suo look stravagante. Nell’incontro con la squadra riserve allo Stadio Filadelfia — teatro delle gesta del Grande Torino e quartier generale granata — si presenta con una maglia lunga che gli copre i calzoncini, con le maniche rimboccate fin sulle spalle. "Sembrava indossasse una canottiera e basta", si legge su La Stampa, «"una versione sportiva della moda del topless".
Le aspettative sono alte e nel settembre del ’64 viene eletto dalla rivista Sport Illustrato miglior giovane italiano della stagione precedente. C’è grande curiosità e un primo appuntamento da non mancare alle porte: la finale di Coppa Italia contro la Roma. Una collocazione curiosa nel calendario, da partita di fine stagione, dovuta al protrarsi del campionato per lo spareggio scudetto tra Bologna e Inter, che vede gli emiliani di Fulvio Bernardini fregiarsi del tricolore.
La gara, disputata sotto la pioggia dell’Olimpico il 6 settembre 1964, termina senza reti. Toro e Meroni sono così rimandati al replay, per dirla all’inglese. La ripetizione, fissata per il 1° novembre al Comunale di Torino, viene decisa dalla zampata dell’ex granata Bruno Nicolè. Rimpianti per Gigi, che ha sui piedi il pallone del possibile vantaggio: a tu per tu con il portiere giallorosso Cudicini, calcia però alto. C’è delusione per una prestazione non all’altezza delle aspettative: "Era giunto a Torino con la fama di “grande promessa”, ma per il momento non ha ancora fatto niente da meritare tanto. (…) Troppo poco per un atleta che è costato tanti milioni". Lo stesso Gigi riconosce di non essere al meglio: "Quando gioco sono preoccupato, sfiduciato, e mi manca la necessaria serenità per fare bene. (…) Sono comunque convinto che il Torino, acquistandomi, abbia fatto un buon affare".
Il primo grande Meroni: Torino-Cagliari 4-0
—A dicembre, dopo il tris incassato nel derby, Meroni ha una prima occasione di riscatto in Coppa delle Coppe. Contro i finlandesi dell’Haka, al Comunale, il Toro vince 5-0 e lui è assoluto protagonista con una doppietta. La seconda rete, in particolare, è da incorniciare: Gigi si proietta in area, riceve palla, salta il portiere e, alla comparsa di quattro difensori, li beffa infilando il pallone con un colpo di tacco.
Ma manca ancora la prima esultanza in campionato, ed ecco scoccare la data del 27 dicembre, quando il Toro ospita il Cagliari. Gerry Hitchens apre le marcature grazie a una genialata di Gigi che, trovandosi in area di rigore e nei pressi del pallone, decide di lasciarlo sfilare, disturbando la visuale del portiere sardo: un velo vincente. Ferrini raddoppia e, a cavallo tra primo e secondo tempo, Gigi firma un'altra doppietta. A due minuti dall’intervallo, Simoni serve un pallone dalla sinistra: Gigi controlla con eleganza e, con una pennellata degna del pittore che è, infila la sfera tra palo e portiere. Al quarto d’ora della ripresa cala il poker. L’azione riporta alla mente quell’articolo scritto di suo pugno, al suo dribbling ubriacante: Gigi semina due difensori prima di andare in porta palla al piede. "Le marcature ed i calorosi applausi del pubblico dovrebbero avere finalmente liberato Meroni dalle incertezze che parevano frenarlo sotto rete, facendo quasi dimenticare che egli si era affermato nelle file del Genoa come uno dei migliori goleador del campionato" è uno dei commenti che si possono trovare dell'incontro, che permise ai granata di piazzarsi al terzo posto e superare i rivali della Juventus. "A gara conclusa i tifosi lo hanno atteso per tributargli un caloroso applauso ed un affettuoso incoraggiamento. Spettinato con... cura, con un cappello verde di foggia francese e dalle tese di pelle nera, con una sciarpa variopinta annodata al collo, Meroni è uscito per ultimo dallo stanzone granata". "Era ora!", esclama lui stesso sorridente, una volta lasciato lo stadio. "Due reti le avevo già segnate all’Haka Valkeakoski, ma quelle con il Cagliari rappresentano ben altra cosa. Esse significano sicurezza e fiducia". Quel match, chiuso sul 4-0, resta l’unico Torino-Cagliari disputato il 27 dicembre. Oggi, a distanza di 61 anni, un’altra sfida tra granata e sardi cade nella stessa data, con la speranza che Gigi possa darci un’occhiata dall’alto.
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