Un punto interrogativo grande come una casa. O meglio, un’ardua sentenza in negativo: era questa l’immagine che la scorsa stagione aveva lasciato di Marcus Pedersen nelle discussioni granata. Il norvegese era arrivato a Torino in giorni tumultuosi, di shock totale. La cessione di Raoul Bellanova all’Atalanta, che aveva colto di sorpresa anche Paolo Vanoli, era stata il punto di non ritorno per una contestazione verso la proprietà che, da fine agosto 2024, non si è più placata. Così il Toro, al posto della freccia di Rho, aveva puntato su Pedersen. Gli esiti, però, erano stati negativi, complice anche il carattere schivo e taciturno del classe 2000 che ne aveva rallentato l’inserimento. Al punto che Vanoli gli aveva spesso preferito Walukiewicz, adattato a terzino destro pur di non affidarsi a lui. La sua permanenza estiva, più che frutto di una reale convinzione tecnica, sembrava legata all’obbligo di riscatto scattato con la matematica salvezza dei granata.

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Toro in numeri, Pedersen si è trasformato: ora è un punto fermo
La metamorfosi di Pedersen
—Ma già dall’estate qualcosa è cambiato. Pedersen, al servizio di Marco Baroni, si è presentato con un’altra verve. E soprattutto con un’altra gamba e un’altra testa. Così, dopo 11 giornate di campionato, non si può più parlare di un comprimario, ma di un titolare fisso: ha vinto nettamente il ballottaggio con Valentino Lazaro sulla sua corsia. Otto presenze, sette da titolare, dalla sesta giornata in poi sempre in campo. E dalla vittoria per 1-0 con il Napoli non è più uscito dal terreno di gioco: sempre 90’ sul cronometro.
A certificare come per Baroni sia diventato un giocatore di affidamento ci sono anche i numeri difensivi: zero errori che hanno portato a gol avversari e zero ammonizioni in 628 minuti. Ma la vera crescita si denota nella metà campo offensiva. Pedersen completa (dati Sofascore) 0.9 dribbling a gara, con un notevole 64% di successo, e arriva con regolarità negli ultimi metri: fin qui ha già creato una grande occasione da gol e ne ha sbagliata una. Il dato di 0.58 di xG conferma quanto spesso si presenti in area di rigore. Qualcosa sbaglia, com’è naturale, come raccontano i 13.8 palloni persi, ma accade perché tocca molti più palloni e si prende maggiori responsabilità tecniche. In compenso sono 2 i palloni recuperati a partita: un segnale di presenza e abnegazione sia nella spinta sia nella fase di non possesso.
Un altro giocatore rispetto all’anno scorso
—Il confronto con la scorsa stagione restituisce un giocatore trasformato. I dribbling riusciti sono praticamente quadruplicati (da 0.2 a 0.9), con una percentuale di successo che sale dal 28% al 64%. Recupera più palloni (da 1.5 a 2 a partita) e vive la fascia con un atteggiamento completamente diverso, molto più alto e più partecipe nella costruzione. In sintesi, Pedersen ha messo alle spalle la timidezza dei primi mesi in granata per diventare un giocatore presente, continuo e più maturo: oggi, sulla fascia destra, la sua voce comincia davvero a farsi sentire.
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