Nella tarda estate del 1998 andai a un matrimonio di cui non ricordo nulla, perché nella mia mente si era collocata una sola immagine: un campanile completamente avvolto da un bandierone granata. Ero a Vigone nel bel mezzo del Festival Granata ideato e promosso da Gianni Bellino, imprenditore e soprattutto tifoso viscerale del Toro. Tre giorni di festival, mostre, dibattiti, cene e anche la messa tenuta da don Aldo Rabino. Sacro e profano che si danno il cambio, anche se con i colori granata di mezzo i due concetti sovente si mescolano. Bellino nel Toro ha giocato in gioventù e proprio entrare al Filadelfia posando i piedi sul terreno che solo pochi anni prima era stato quello del Grande Torino ha dato una spinta ulteriore a quell’amore totale che lo accompagnerà per tutta la vita. La leggenda vuole che il Torino decida di comprare Roberto Rosato dopo un’amichevole in cui il futuro difensore della Nazionale non fece veder palla a Gianni. Curioso che il destino abbia messo un calciatore soprannominato “Faccia d’Angelo” davanti a Bellino visto che il termine “Angelo” ricorrerà nella sua vita.


Culto
Gianni Bellino: l’angelo che spezza le catene
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Nella primavera del 2003 si fa strada il progetto di costruire un supermercato e due palazzi sul terreno del Fila. È troppo anche per una città come Torino sempre molto poco attenta a valorizzare seriamente i suoi beni, soprattutto se con un certo colore. C’è chi si indigna e chi agisce. Bellino agisce. Nascono gli “Angeli del Filadelfia”, angeli particolari con intenti paradisiaci nei confronti del nostro tempio e decisamente più luciferini verso chi cerca di distruggerlo definitivamente. Raccolte firme, proteste, vivere in tenda davanti allo stadio, arrivare a incatenarsi e addirittura allo sciopero della fame con l’amico Adriano Dal Farra per far aprire gli occhi sulla situazione perché, semplicemente, il Fila non si tocca. L’amore ogni tanto vince e il supermercato non si fa più. Nel frattempo Bellino e numerosi volontari hanno sistemato il campo, togliendo erbacce e seminando nuovo verde, simbolo di una rinascita che ci sarà con gli anni anche se molte cose non sono andate come speravamo. Ma questa è un’altra storia. Arriva l’estate del 2005 e stavolta non c’è “solo” il Fila da salvare, ma anche il Toro. La gioia per la promozione in massima serie con una squadra che sembra decisamente futuribile si scontra in breve tempo con la disperazione per il fallimento che si avvicina a grandi passi. I granata rischiano di sparire ogni giorno di più visto che, se da altre parti si era usato un benevolo coltello per spalmare i debiti, stavolta si sceglie di calare la mannaia nel silenzio dei potentati della città, qualcuno sicuramente sorridente per il fatto che la profezia “A Torino non possono esserci due squadre” si stia avverando. Facoltosi imprenditori e tifosi vip restano ben lontani da questa melma. Siamo soli come sempre e da soli dobbiamo fare. La gente granata con marce e proteste, ma qualcun altro con tempo, impegno, soldi e una certa dose di lucido estro.
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Come racconta Pierluigi Marengo in uno dei suoi ultimi post su Facebook, è proprio Bellino a far partire la scintilla che dà fuoco a tutto. Gli telefona e convoca una riunione per il giorno successivo dove parteciperanno, fra gli altri, anche Sergio Rodda, Sabrina Gonzatto, Marco Cena, la notaia Francesco Ciluffo e il fidato Dal Farra, unico a sapere già di cosa si trattasse. “L’ei leso sla Gazetta che l Tor a pol salvese cul logo”. Si scoprirà che il “logo” in realtà è il Lodo Petrucci che permette alle società fallite di partire dalla serie più bassa di quella in cui milita se non dalla C2 o peggio. Seguono giorni febbrili, sono nati i Lodisti, di fatto quelli che, quando il Toro stava precipitando verso il vuoto, hanno tirato la cordicella aprendo il paracadute. Leggendo il numero di offerte per sfruttare il Lodo il rapporto di odio e amore verso Torino e i suoi cosiddetti esponenti più alti era verso il primo. Il Toro muore e lasciano fare. Una decina di anni dopo saranno pronti a dare il benvenuto a Cristiano Ronaldo mettendo i manifesti anche nelle gelaterie, leccandosi i baffi in vista di chissà quali affari e quali indotti. Nei caldi giorni del 2005 l’unica offerta è quella dei Lodisti. Il Perugia, che riparte dalla C, ne ha sette, mentre il Napoli la stagione prima ne ebbe dieci. Noi, e lo ripeto, una: dietro i Lodisti, il vuoto per ora. Meglio aspettare, meglio temporeggiare come sempre lasciando andare avanti gli altri. Gianni Bellino ha preso l’aereo ed è andato a Roma a depositare la fideiussione necessaria a far partire tutto. In altre parole Gianni Bellino ha portato nella capitale il documento che ha salvato il Toro.
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Mi avevano regalato un libro su quei giorni turbolenti e fra le varie foto ce n’è una di Bellino con delle grosse catene in mano, stavolta non per legarsi da qualche parte, ma per simboleggiare, come diceva la didascalia, in maniera colorita il rapporto tra la Fiat e Torino. Un dannato trasloco ha fatto sparire il libro, ma prima o poi tornerà fuori. Quella foto ce l’ho stampata in testa come se avessi la pagina davanti a me. Il sogno di Bellino e dei Lodisti era di agganciare sì qualche imprenditore forte per fare da ponte, ma al tempo stesso rimanere con una cospicua quota di azionariato popolare. Il Toro ai granata, quelle catene finalmente spezzate. Purtroppo gli eventi tumultuosi di quei giorni, che meriterebbero ottocento puntate a parte, non hanno dato seguito a quel sogno. Avremmo potuto già capire tante cose. Sabato scorso Gianni Bellino ha lasciato questo mondo. Dapprima qualche sussurro poi finalmente voci più decise hanno spazzato vie le parole sull’ennesima amichevole mascherata di fine stagione, sulle statistiche di Tizio o Caio, sulle chiavi tattiche di Sempronio e c’è stato un grande e forte cordoglio, ma soprattutto un enorme grazie per chi ha materialmente salvato il Fila e il Toro con la passione, con le idee e con il cuore, ovviamente granata. Oltre a un doveroso e affettuoso abbraccio alla famiglia e a chi gli ha voluto bene, era giusto dire grazie da parte mia e di una rubrica che di storia e di storie del Toro si nutre.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
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