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Il Toro prima che arrivassi te

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Nuovo appuntamento con "Culto", la rubrica su Toro News di Francesco Bugnone: "Caro Cairo sappiamo che le cessioni le fanno tutti, ma come si fa a dire senza ridere che l’importante è lo scouting..."
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

I piani erano altri. Il Culto della settimana avrebbe dovuto essere sulla seconda retrocessione a Lecce, un’immersione nel guano per cercare di far comprendere a chi non ci fosse perché la sconfitta di domenica sera sia stata non solo indegna, ma anche un’occasione persa per restituire quanto subito in altre circostanze. Poi qualcuno, nel primo pomeriggio è stato ospite di “Un giorno da pecora” e i valori pressori di molti di noi hanno cominciato a variare, quindi è cambiato anche l’argomento di oggi. Titolo che cita una bella canzone dei Tre allegri ragazzi morti e cominciamo.

Il presidente del Torino si dice dispiaciuto delle contestazioni perché lui ci mette passione. Forse tutto è nato da una cessione che non è piaciuta, ma poi si è rimediato a gennaio con alcuni ottimi colpi, tra cui Casadei. Già qua la minima sale, perché derubricare tutto a una “cessione che non è piaciuta” che è stata semplicemente l’amplificatore di un malcontento che va avanti, coi suoi alti e bassi, da più di una decade lo puoi dire solo a chi non sa nulla delle vicende granata. Inoltre in questo favoleggiato mercato di gennaio, dove la maggior parte dei giocatori è arrivata comunque tardi e con uno dei cosiddetti colpi che tanto non riscatteremo mai, è mancato l’acquisto che chiunque al mondo sapeva dovessimo fare visto che l’infortunio di Zapata risale al 6 ottobre 2024: una prima punta. Ovviamente non presa nonostante le settimane di tempo per farlo, giustificando il tutto con “tanto uno forte come Zapata non lo trovavamo” (o meglio, non siete in grado di trovarlo), quindi meglio prendere nessuno, far decedere Adams in un ruolo non suo e faticare come cani per costruire mezza occasione.

Ma tutto questo è il meno. Il tormentone, il refrain, la battuta che viene ripetuta da Urbano Cairo nonostante in questi vent’anni gli sia passato davanti chiunque e i momenti di gloria che hanno avuto squadre che partivano più indietro di noi come bacino e come fatturato, oltre a quelle con cui eravamo alla pari o leggermente in svantaggio, non ci hanno nemmeno sfiorato. Mentre il Napoli lotta da anni per lo scudetto dopo essere ripartito dalla C, la Fiorentina visita con regolarità l’Europa, l’Atalanta è una realtà quasi inscalfibile, il Bologna alza la Coppa Italia, il Como è pronto a fare ciao ciao con la manina mentre mette la freccia, il patron granata dice che “alcuni tifosi granata magari si ricordano del grande passato e non si accontentato del presente. Forse però non si ricordano com’era il Toro prima di me ma non importa, l’importante è fare sempre meglio”.

Caro presidente, la maggior parte dei tifosi del Toro lo sa eccome com’era il Toro prima che arrivassi te. Una squadra che era appena tornata in serie A con dei giocatori cresciuti in casa, ultimi squilli di un vivaio incredibile che è fallita in un modo che grida vendetta al cielo e coi soli Lodisti ad accorrere seriamente al suo capezzale per salvarlo. Ma andiamo ancora più indietro: dal 1995 in poi tanto pane duro, anche parecchio schifo, ma con alcuni lampi di carattere e ruggiti che la poco aurea mediocritas che stiamo vivendo si sogna. Anche la squadra più scarsa che abbiamo presentato in serie A nel 2002/2003 ha giocato un derby con le palle che ai nostri sono mancate in tante occasioni durante la sua presidenza e se Fattori non fosse stato posseduto da un demone avremmo pareggiato otto contro dieci contro una gobba sei categorie sopra di noi, ma che quel giorno pregava che la partita finisse al più presto.

Però c’è anche un prima del 1995 e non parlo necessariamente degli anni ruggenti di Borsano o degli anni settanta, ma anche di stagioni come il 1987/88 concluse in maniera dolorosissima, ma consci di aver spremuto ogni singola goccia di energia da ogni giocatore o la salvezza con Giacomini targata Filadelfia al 100% o il secondo posto 1984/85 con una squadra che giocava così bene che a fine anno è stata festeggiata quasi come se avesse vinto. Il Toro prima che arrivassi te non è stato mai banale, è stato l’articolo che andavamo a leggere appena comprato il giornale sicuri che avremmo trovato qualcosa per cui incazzarci o sognare e non articoli di un’inutilità abissale come la giusta posizione in campo di Vlasic (simbolo di questa squadra né carne né pesce) o il ventesimo “Muro Milinkovic Savic” in un anno.

La squadra in campo è normalizzata, ma la tifoseria no e lo abbiamo visto alla marcia di quest’anno dove era presente gente di tutte le età, un popolo in cammino, una famiglia con tanti ragazzi giovani che hanno iniziato a tifare con questa presidenza e non ne possono più, non perché pensino al Grande Torino o al 1976 o al 1992, ma a quanto stanno facendo le nostre pari peso con la forza delle idee mentre noi siamo lì con campionati finiti a marzo e decimi posti sbandierati come roba buona perché non siamo in grado di fare niente di più se non buttare parole al vento.

Invece vent’anni dopo siamo ancora a sentire queste storielline. Caro Cairo sappiamo che le cessioni le fanno tutti, ma come si fa a dire senza ridere che l’importante è lo scouting e chi arriva se abbiamo sostituito Bellanova con Pedersen, Buongiorno con Coco o imbastito operazioni ai confini della realtà come quella di Walukiewicz? Il problema è che ci preoccupano gli acquisti più delle cessioni. Come si fa a dire che i tifosi del Toro tengono alla partita con la Roma di cui non frega nulla a nessuno (anzi sarebbe d’uopo continuare col niente visto dal Toro-Verona affrontato in ciabatte perché fare un favore ai gobbi sarebbe solo l’ennesima beffa di questo finale)? Come si fa a pensare che qualcuno possa credere che la stessa dirigenza possa fare qualcosa di differente quando gli addendi sono gli stessi e la somma non può essere che la solita, forse anche un filo peggio? Come si fa a non avere voglia di farsi da parte quando non ti vuole più nessuno? Vogliamo un presente serio, vogliamo un presente degno di essere vissuto per quello che vediamo in campo e non solo per il puro fatto di essere del Toro che, grazie al cielo, dipende da noi, ma per obiettivi degni del nostro amore. Onestamente non interessa più a nessuno come fosse il Toro prima che arrivassi te, ma il fatto che quello da quando ci sei te non ci piace e allora spero che presto parleremo del Toro di quando avrai passato la mano, anche se ogni minuto che passa è sempre troppo tardi.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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