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L’ultimo derby del Grande Torino

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Nuovo appuntamento con "Culto", la rubrica su Toro News di Francesco Bugnone: "Il tredici febbraio 1949 si disputa il centoduesimo derby della Mole al Comunale davanti a più di cinquantamila spettatori..."
Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 

A un minuto dal termine della ventiquattresima giornata del campionato 1948/49 i giochi sono virtualmente fatti: mentre Inter e Milan stanno concludendo un derby pirotecnico sul 4-4 e Genoa e Samp su un meno entusiasmante 0-0, il Toro sta vincendo a Lucca grazie a una rete di Valentino Mazzola al 68’ che porta a sette i punti sul secondo posto occupato in coabitazione da nerazzurri, rossoblù e blucerchiati. Il signor Orlandini di Roma non è di questo avviso e dopo aver in precedenza negato un netto rigore ai granata e annullato il raddoppio di Schubert per fuorigioco inesistente, punisce col rigore un mani involontario di Maroso. Conti pareggia dal dischetto e i punti sulle inseguitrici rimangono “soltanto” sei.

Il Toro non è ai livelli dell’anno prima, quando ha vinto lo scudetto segnando qualcosa come centoventicinque gol in quaranta partite, ma, sebbene si provi a sminuirlo più per speranza che per realtà, rimane comunque, citando La Stampa, “più che mai poderoso”. Qualcuno inizia a ipotizzare l’addio di Capitan Valentino a fine stagione, direzione Milano, ma è un problema a cui non si vuole ancora pensare anche perché Mazzola in campo continua a non risparmiarsi nonostante giochi in condizioni fisiche non ottimali. La graduatoria parla chiaro, ma quindici giornate dal termine sono ancora tante e allora bisogna rimanere concentrati perché può succedere di tutto, anche se nessuno può lontanamente immaginare cosa accadrà.

Il tredici febbraio 1949 si disputa il centoduesimo derby della Mole e i granata pur ospitanti non lo disputano al Filadelfia, ma al Comunale davanti a più di cinquantamila spettatori. Calcio d’inizio alle ore quindici con Erbstein che deve rinunciare a Grezar, sostituito da Martelli, ma per il resto schiera il miglior Torino possibile.

Il Toro parte fortissimo, come se il quarto d’ora granata scoccasse subito. Sono passati solo cinque minuti quando Mazzola parte in serpentina sulla sinistra e crossa al fondo per Loik che di testa appoggia a Menti la cui sventola è respinta dal palo con Sentimenti IV immobile. Guglielmo Gabetto quando vede la sua ex squadra diventa un demone e prima costringe il portiere bianconero in angolo con una potente conclusione che ha il solo torto di non essere troppo angolata, poi lo beffa con un tocco in scivolata tanto astuto quanto maligno che sblocca il risultato al 17’ con la difesa avversaria in grande imbarazzo sul tocco di punta del centravanti. I campioni d’Italia continuano a premere e nel finale di frazione centrano un secondo palo con Ossola.

La Juventus pareggia a sorpresa a inizio ripresa con una conclusione fulminea di Cergoli che supera un Bacigalupo coperto. Le speranze dei tifosi bianconeri durano poco perché il Toro si riversa nella metà campo avversaria come se volesse mettere a tacere qualsiasi voce, come se inconsciamente sapesse qualcosa del suo avvenire e volesse lasciare scritto chiaro e tondo quale fosse la squadra più forte d’Italia, figuriamoci di Torino.

Gabetto calcia quasi a colpo sicuro su una rasoiata da destra di Menti, ma Sentimenti IV blocca. Successivamente ci prova ancora Menti, ma la conclusione viene ancora parata. Sentimenti perde la palla in presa alta urlandosi con Parola ed Ezio Loik smentisce il suo soprannome “Elefante”, datogli per l’andamento lento e potente diventando una faina, un rapinatore d’area. L’ex milanista sfiora il pallone di quel tanto che basta per mandarlo a baciare il palo per poi ballonzolare in rete. Le proteste bianconere per un presunto fallo sul portiere non trovano udienza. Stavolta non c’è Orlandini di Roma e il Toro si porta sul 2-1.

Gli Invincibili non si fermano. Menti chiama nuovamente Sentimenti IV alla parata, Ossola riceve dalla destra e manda ancora la sfera a picchiare sul palo. I giri del motore rimangono altissimi e le occasioni fioccano sino a quando arriva la rete che chiude la partita. Al 78’ Gabetto, spalle alla porta, appoggia all’indietro un pallone che si alza a campanile e scende verso Loik che, con una gran botta al volo, trova la doppietta e porta a tre le reti granata suggellando quella che Vittorio Pozzo, sulle colonne de La Stampa, definirà la miglior partita giocata dal Toro quell’anno.

La Juventus prova a riaprire la partita, ma con un bel tuffo Bacigalupo si prende la rivincita su Cergoli e la traversa dice no a Hansen. Finisce in gloria per il Toro con l’avversario che accetta la sconfitta con la consapevolezza di essersi dovuti inchinare al più forte e le uniche scintille (esclusa qualche parola un po’ amara di Sentimenti IV relativamente al 2-1 di Loik) arrivano da chi non ti aspetti. È sempre La Stampa a parlare: “Torniamo negli spogliatoi. Attenzione, nei corridoi discussione violenta: <Ma se abbiamo preso anche tre pali!!> Voci concitate, poi: <Eh, va bene, vedremo un’altra volta!> Signori, abbassiamo gli occhi. Non per pudore, ma per…cercare i due contendenti. Sono Paolino De Petrini e Franco Patria, i due “minimi termini” in granata e bianconero che prima del fischio d’inizio di Galeati hanno imitato Nuvolari in una macchinetta elettrica sulla pista intorno al prato. Inutile studiare le loro preferenze: le han scritte sulle maglie. Bisticciano un po’ si scambiano una caramella. Pace fatta.” Le mascotte della gara che discutono e si riappacificano regalano un sorriso che chiude un pomeriggio splendido.

C’è una foto scattata prima della partita che diventerà storica. Verrà ricolorata, le sarà applicata la scritta “Solo il Fato li vinse” e verrà aggiunto uno scudetto. Sì, uno scudetto sul petto di Mario Rigamonti che in quel pomeriggio, nella foto originale, vestiva una maglia senza tricolore. Forse si sarà scucito, chissà. Fatto sta che è un particolare strano, anche un pochino sinistro che dà l’impressione che ci sia qualcosa fuori posto. O forse è soltanto la mente che già conosce il futuro che prova ad andare a ritroso per cogliere qualche segnale di quel che verrà, perché ancora non riesce ad accettare ciò che quei ragazzi, quegli uomini dovranno subire dopo. Sì, perché ancora non riesco ad accettare che quello sia stato l’ultimo derby del Grande Torino, che il Grande Torino sia morto e sia morto in quel modo stramaledetto. Forse perché semplicemente non è accettabile che la Storia abbia fatto questo, prendendo una strada assurda in cui Mazzola e compagni non sono potuti tornare dalle loro famiglie, non sono potuti tornare da noi.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (0 meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

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