LEGGI ANCHE: 16 maggio 1976 col cuore in mano
"Si è burlato di tutti, ha giocato il novanta per cento dei palloni che la difesa e Mascetti e Zaccarelli conquistavano, ha dettato passaggi da antologia, ha pure trovato l'umiltà e la forza per arretrare a respingere di testa in area, come libero aggiunto, qualche pallone nei rari minuti di disperato rush della Lazio. Mattatore assoluto", così La Stampa parla del Poeta nel pezzo di commento alla partita e rende decisamente l’idea di che assoluto fuoriclasse sia, ben lontano da qualche discontinuità dei suoi primissimi tempi granata. Sala lancia in profondità Pulici che impegna il suo omonimo Felice fra i pali. È il segnale. Al 73’, con gli avversari tutti avanti, Zaccarelli lancia il nostro Ciclone che si ritrova una prateria davanti a sé. L’avversario più ostico, con la difesa della Lazio lasciata indietro dal suo scatto bruciante, sembra il terreno con dei rimbalzi irregolari che provano a mettere in difficoltà Pupi, ma il numero undici, sull’uscita del portiere, rompe gli indugi e con un gran pallonetto scavalca l’estremo avversario e chiude la gara. La Lazio crolla, il Toro dilaga nel finale. Su lancio di Mascetti, Pulici incrocia con un diagonale di sinistro leggermente sporco, ma angolatissimo, per il poker. Poco dopo sempre Mascetti si ripete con una bella verticalizzazione e Pupi ha tutto il tempo per pensare cosa fare. Dalla posizione del corpo sembra lasciar partire una gran botta, invece supera Felice Pulici con un dolce pallonetto di destro. Guarda Italia, guarda quali demoni si sono scatenati all’Olimpico. Il prossimo anno faranno ancora di più, ancora meglio, arrivando a conquistare l’inatteso, l’indicibile, lo scudetto. Per quell’anno, invece, dopo la goleada romana non ci sarà la qualificazione alle coppe perché nelle ultime cinque gare ne pareggeremo quattro e ne perderemo una. L’amaro 0-0 del Sant’Elia di Cagliari all’ultima giornata sarà un passaggio di consegne molto significativo: sulla panchina dei sardi, infatti, siede Gigi Radice che, di lì a qualche settimana, sostituirà Edmondo Fabbri dando vita a una splendida epopea. La delusione diventerà gioia unica. Abbiamo visto nell’anteprima di quello che sarà.
Post Scriptum:
Consentitemi una breve divagazione extra-Toro. Come detto precedentemente, in quel pomeriggio trionfale per i colori granata la Lazio non aveva il suo condottiero perché ricoverato in clinica. Tommaso Maestrelli è stato uno dei personaggi più straordinari del calcio italiano anni settanta, uno impossibile da non amare. Intelligente, calmo, capacissimo tatticamente e con doti da psicologo non indifferenti. Senza queste qualità, infatti, sarebbe stato impossibile riuscire a guidare quella Lazio per cui si sono spesi fiumi di inchiostro tra botte, pistole e fazioni agguerrite fra loro che la domenica diventavano misteriosamente una cosa sola. Per capire l’amore che i giocatori avevano per il loro tecnico basti guardare alcune interviste successive di Pino Wilson e Vincenzo D’Amico e come si commuovono parlandone, tanto da dover interrompere momentaneamente le riprese. Il difensore biancoceleste dirà che nemmeno al funerale di suo padre ha pianto, ma per quello del suo mister sì. I primi esami clinici sono spietati per Maestrelli: tumore allo stomaco, un paio di mesi di vita. Non si capisce quanto sapessero i giocatori delle condizioni del loro mentore. C’è chi dice che qualcuno sa e altri no, c’è chi afferma che abbiano conosciuto la verità nell’intervallo e questo forse spiegherebbe la ripresa con una furia decisa nella prima fase e il crollo totale al terzo gol granata. Sicuramente quel pomeriggio il cuore laziale era preda di nuvole e pensieri e questo va detto non per sminuire la prestazione granata, ma per amore di verità.
LEGGI ANCHE: Toro-Milan 2-0: l’ultima notte felice?
La vicenda di Tommaso Maestrelli ha un illusorio colpo di coda. Le cure sperimentali di un immunologo sembrano invertire il corso della malattia. Il mister lascia la panchina della Lazio al giovane tecnico Corsini, che si scontra spesso con Chinaglia, ma a fine novembre 1975 il presidente Lenzini esonera il nuovo allenatore e riprende Maestrelli, incredibilmente tornato alla vita. I biancocelesti sono impelagati nella lotta per non retrocedere e allora Tommaso ha la geniale idea di buttare nella mischia due primavera come Bruno Giordano e Lionello Manfredonia. In un’altra giornata di aprile (il 25, Festa della Liberazione) il Toro è ancora di mezzo. La Lazio gioca con la forza della disperazione, ci mette sotto e passa in vantaggio, ma un tiro di Santin deviato da Re Cecconi all’89’ ci regala un punto tanto fortunato quanto prezioso nella strada verso il tricolore. Al termine di quella gara Chinaglia lascia la squadra per andare ai Cosmos, ma la forza calma di Maestrelli mantiene la barra dritta. Ci si gioca tutto all’ultima giornata contro il Como dove, rimontando da 0-2, Giordano e compagni evitano la beffa della B. Sembra un lieto fine, ma non lo è. Maestrelli, che nel frattempo è diventato general manager lasciando la panchina a Vinicio, deve affrontare il ritorno della malattia, stavolta con un epilogo terribile. Il 2 dicembre 1976 il “Maestro” lascia in lacrime i suoi ragazzi, che in un triennio ha portato dalla B allo scudetto, e tutto il mondo del calcio. Muore una persona straordinaria che sarebbe stato bello avere con noi ancora a lungo.
Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l’eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e…Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA