tor columnist la leggenda e i campioni “Carappa” e il sale della terra

LA LEGGENDA E CAMPIONI

“Carappa” e il sale della terra

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Torino, Anni ‘30. “Riccardo sali. La cena è pronta!" e mio fratello continuava a giocare, a giocare...
Gianni Ponta

Torino, Anni ‘30.

“Riccardo sali. La cena è pronta!" e mio fratello continuava a giocare, a giocare. Io lo aiutavo, ne coprivo le marachelle e quel giocare continuo che gli faceva distruggere le scarpe. Per evitargli le rampogne e le urla di nostra madre. Ma il giorno dopo lui era di nuovo là. A giocare fino a che faceva buio”. Così raccontava la sorella di Riccardo Carapellese nel bellissimo documentario cinquant’anni dopo Superga.

Mio zio Ezio mi parlava spesso di “Carappa”, al secolo Riccardo Carapellese. Uno che lo aveva fatto sognare negli anni immediatamente dopo la tragedia di Superga.


Riccardo Carapellese, nato a Cerignola il 1 luglio 1922, cresciuto a Torino. Ala agile e veloce, scatto bruciante e tiro, a livello di settore giovanile, dal 1930 al 1939, si era formato nel Caligaris, nel Saluggia, nel celebre Barcanova e nel Torino.

Nell’immediato dopoguerra, chiuso ovviamente dai campioni del Grande Torino -all’ala c’erano Ossola, Menti e Ferraris II- , arrivò in Serie A con la maglia del Milan. Tre stagioni con rossoneri, fino al 1949, segnando 52 gol e formando una prolifica coppia d'attacco con “Testina d’oro” Héctor Puricelli Senha.

E pensare che con i rossoneri, il 4 maggio 1949, incrociò i granata all’aeroporto di Barcellona. Il Torino sulla via del ritorno da Lisbona, il Milan in viaggio verso Madrid per andare ad affrontare le Merengues.

“Seppi della tragedia a Madrid dove eravamo in tournée. Non riuscivo a darmi pace, passai la notte nella hall dell’albergo, seduto in poltrona, stordito dall’angoscia”. Con Loro, in maglietta granata, non aveva mai giocato. Eppure, lui, “Carappa”, ala sinistra apprezzata anche Oltralpe -“Flêcha bleue” l’avevano soprannominato in Spagna- in virtù di quel comun denominatore che si chiama classe, con quei ragazzi periti a Superga dialogava a meraviglia.

Esordio in Nazionale insieme a Boniperti nella terribile trasferta di Vienna, ottobre 1947, in cui brillò solo l’immenso Maroso. Sconfitta per 1-5, suo l’unico goal azzurro. Per lui sedici partite e dieci gol con la Nazionale. Poi al Torino, con la fascia di capitano. Ferruccio Novo e il D.T. Roberto Copernico, non avevano avuto dubbi: Carapellese (che peraltro aveva fatto specifica richiesta di tornare al Torino) doveva essere la pietra miliare della ricostruzione. Dopo il “primavera” Umberto Motto, fu il primo capitano granata del dopo Superga. Ma fu estremamente difficile per non dire impossibile, con troppi stranieri acquistati in fretta e furia dalla Società di via Alfieri per riportare in alto il Torino. Colpito a morte. Pietà l’è morta e gli avversari, a lungo soggiogati e sconfitti durante cinque lunghe stagioni, al di là di frasi di circostanza e ovvii convenevoli, mostravano i denti nella vendetta sportiva.

Per Carapellese esordio il 26 giugno 1949 Sporting Lisbona-Torino 3-1 in Coppa Latina. 98 presenze in campionato (1949-1952), 28 reti segnate.

Al termine della carriera, un biennio di Juve e nel Genoa. La scelta di rimanere a vivere in Liguria e di aprire una gioielleria.

Un album pieno di riconoscimenti, di applausi. Poi il buio, un' operazione al ginocchio, la malattia, la rovina economica, la morte della figlia Daniela. Ventiquattro milioni all' anno nel 1990 per restituire più dignità alla vita, per far di nuovo sorridere chi da tempo conosce più l' angoscia della sofferenza, del disagio e dell' isolamento che non la serena pienezza del tramonto. La legge Bacchelli assegnava quattro nuovi vitalizi ad altrettanti cittadini italiani di chiara fama cui l' esistenza aveva riservato crudeli avversità. Si trattava dell' ex calciatore Riccardo Carapellese, degli scrittori Aldo Rosselli e Flora Volpini, della musicologa Nadia Leoncavallo. Storie, carriere, sensibilità molto diverse, un unico denominatore comune: lo Stato riconosceva loro il diritto ad essere aiutati. Il Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente del consiglio Andreotti, aveva deliberato l' assegnazione di questi assegni straordinari che avevano già reso meno amara la vecchiaia di Salvo Randone, Anna Maria Ortese, Gino Colaussi (“Ginút” Coláusig, la formidabile ala sinistra campione del mondo 1938), il grandissimo dello sci Zeno Colò, Emilio Villa, Paolo Caccia Dominioni e altri italiani ancora.

Carapellese si spense stremato nel 1995 a Rapallo. Di fronte al Mar Ligure di Levante.

Ô Carappa, hai giocato su prati bellissimi. Il profumo di erba appena tagliata, o di pioggia che faceva correre ancora più veloce il pallone. Hai fatto sognare alla radio e sugli spalti. Sei stato lieve e decisivo. Hai insegnato calcio e cercato ragazzini, loro stessi in cerca del tuo sogno giovanile. Di quando consumavi paia di scarpe, allora risorse di valore inestimabile.

Il golfo del Tigullio non ha alleviato il tuo triste tramonto.

Fino in fondo hai sentito il sale della terra. E respirato quel mare di fronte a te.

Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.

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