LA LEGGENDA E I CAMPIONI

Mario Sperone. Il “Grinta” del Toro

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Nuovo appuntamento con "La Leggenda e i Campioni", la rubrica su Toro News di Gianni Ponta: "Priocca è un paesino in provincia di Cuneo che incontri dopo aver lasciato da poco l’Astigiano..."
Gianni Ponta

Priocca è un paesino in provincia di Cuneo che incontri dopo aver lasciato da poco l’Astigiano; ti sei appena lasciato alle spalle il castello di Govone e guardi lassù , alla tua destra, Magliano Alfieri. A Priocca nacque nel 1905 Mario Sperone. Pochissimi tra i tifosi granata attuali l’hanno conosciuto. Sicuramente lo hanno incontrato e ne colsero passione e confidenze i grandi Gian Paolo Ormezzano e Vladimiro Caminiti. Parliamo di Mario Sperone, mediano del Torino del Conte Marone Cinzano, due volte Campione d’Italia. Esordio in prima squadra il 10 febbraio 1924 in Torino-Novese 5-0. Ultimo incontro il 29 maggio 1932, Milan-Torino 6-1. Parliamo di un calcio giocato con scarponi bullonati a collo alto, con il futbal di cuoio a dodici pezze, morbido solo se nuovo o quando era stato ingrassato a dovere. Con la pioggia, o indurito dal tempo, era come calciare o colpire di testa un pezzo di legno. Giglio Panza lo descrisse così: “Tecnicamente era un gradino sotto ai compagni di mediana Colombari e Janni. Come praticità, spirito di squadra, era ammirevole. Il suo motto -palla avanti e pedalare- andò famoso anche quando diventò allenatore. In parole povere, voleva dire che occorre non fermarsi mai, non darsi mai per vinto”. Grinta feroce, mediano di rottura, molto forte in tackle. Esordio in Nazionale il 17 aprile 1927, al Filadelfia, Italia-Portogallo 3-1. Nella ripresa sostituisce lo juventino Bigatto.

Fu Mario Sperone a scoprire a Brescia Mario Rigamonti, destinato a diventare il centromediano (nelle sue radiocronache, Niccolò Carosio diceva centrosostegno o mediocentro) sistemista del Grande Torino. Lo vide calciare e rinviare con tale potenza e giocare con tale vigore da intuire, in quel giovane da sbozzare, la stoffa del campione. E ne segui’ passo passo i progressi fino al debutto in prima squadra. Detto en passant, “Maiu”, com’era chiamato nell’ambiente, aveva scovato Virgilio Maroso, “Marusin”, uno dei più grandi terzini di tutti i tempi, in un campetto di periferia. Al Torino il terzino che non buttava mai una palla fuori delle linee era costato…cento lire. A quindici anni sgambettava nel campetto periferico del “Doglia” e fu casualmente notato da Mario Sperone. Non furono né brevi né facili le trattative, poiché la Società cedente intendeva realizzare, per quel ragazzino pallido e quieto, almeno 200 lire. Sperone tenne duro e lo portò in via Alfieri sul piatto…d’oro di 100 lire.

“Maiu” aveva l’occhio per valutare la prestazione attuale e la crescita in prospettiva, la passione per i giovani, la dedizione per battere a tappeto i campi minori solo in apparenza anonimi, dove i gioielli sono nascosti dall’età precoce e da maglie non celebri. Fu un eccellente talent scout.

Tra i granata intraprese la carriera di allenatore, nel 1938 come secondo di Egri Erbstein, nel 1940 di Tony Cargnelli e nel 1941 di Andras Kuttik. Quanto calcio danubiano! Nel dopoguerra allenò l’Alessandria, vincendo il campionato di serie B-C 1945-46. Nel 1947-48 vinse lo scudetto sulla panchina del Grande Torino, la stagione record con 16 punti di vantaggio sulle seconde e 125 goals realizzati in 40 partite. Ancora panchine importanti, Lazio, Milan, Palermo, e all’Alessandria nel 1956-57, stagione della storica promozione in Serie A. Per dire che l’uomo non era soltanto legato ad un calcio che s’imponesse in virtù della prestanza atletica, il 16 ottobre 1949 la sua Lazio s’impose 3-1 nel derby capitolino sulla Roma allenata da Fulvio Bernardini, dando ai giallorossi una dura lezione sull’applicazione del Sistema WM. Occorre sottolineare che in quella Lazio giocavano Sentimenti IV in porta, Sentimenti III (futuro prezioso collaboratore di Gigi Radice negli Anni ‘70), Nyers. Sperùn andava successivamente a continuare la collaborazione nel settore osservatori del Torino: “…il nasone rincagnato e gli occhi azzurri di Sperone che c’era sempre, seguiva sempre tutti, correva dovunque e comunque a vedere giocatori già alle dipendenze di Cinto Ellena capo degli osservatori”_Vladimiro Caminiti. Con questo cognome evocativo, che avrebbe calzato a pennello per il club londinese del Tottenham Hotspur, ha attraversato mezzo secolo di calcio, fondamentalmente nel Torino e per il Torino.

La sua storia si racconta anche attraverso le fotografie nei libri sulla storia del Torino: nella formazione Campione d’Italia 1927-28. Un bel primo piano a Buenos Aires nella tournée del 1929 sul campo del Boca Junior. Al Filadelfia con Carlin Rocca.

Sulle spalle dei giocatori il giorno della promozione nel 1960. E un fotogramma nel documentario del Cagliari “A chent’annos”, che lo vede in veste di allenatore dei Grigi sul campo del Casteddu con Silvio Piola, allenatore dei rossoblu. Il 18 luglio 1948, allenatore del Grande Torino, con la squadra prima di affrontare il Palmeiras (all’origine Palestra Italia). A proposito, Sperone ricordava: “Non dimenticherò mai quella tournée in Brasile, alla fine di un campionato, il quarto, vinto con l’abissale distacco di 16 punti sul Milan: i giocatori sembravano un po’ svagati e il Capitano aveva capito che io ero a disagio per certe occhiate lanciate alle bellezze locali. Mi venne vicino e mi appoggiò una mano sulla spalla, rivolgendosi a me come fossi un papà:”Signor Mario, abbiamo appena vinto lo scudetto, non si preoccupi per domani! Questo è un gruppo fuso nell’acciaio, composto da uomini veri. Vinceremo per molti anni ancora, vedrà”. Io ero allora di mentalità rigida, ma altro non potei che pensare: beata gioventù! Il giorno dopo i Campioni vinsero e incantarono il Brasile, con Valentino migliore in campo. Dopo qualche anno i brasiliani avrebbero dato a Jose’ Altafini il soprannome di “Mazola”. Quanto bene ho voluto a Valentino”.

Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.

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