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La Leggenda e i Campioni

Bacigalupo. A San Siro parò tutto

Bacigalupo. A San Siro parò tutto - immagine 1
Torna un nuovo episodio di "La Leggenda e i Campioni", la rubrica su Toro News di Gianni Ponta: "Tra i pali, “Pinsa” Bodoira e Bacigalupo giocarono un tempo a testa. E il giovanissimo ligure impressionò l’allenatore Luigi Ferrero"
Gianni Ponta

Ehi, Portiere, preparati a lottare

Sei lì a guardia della porta

Pensa che alle tue spalle c’è una frontiera

da Vratar’Respubliki

Unione Sovietica, 1936

Roma, sabato 3 ottobre 1942.

Si gioca Mater - Savona

Campionato di Serie B, il primo match in assoluto delle tre serie professionistiche.

MATER era un acronimo che stava per “Motori Alimentatori Trasformatori Elettrici Roma”, società anonima sorta nel 1930. Costituito un paio d’anni dopo l’azienda, il GS Dopolavoro Mater aveva nella sezione calcio, che giocava in maglia verde bordata di rosso, il suo fiore all’occhiello. In quell’autunno di guerra 1942 la squadra era allenata da un tale Bernardini, cioè Fulvio Bernardini la leggenda, il Dottore del calcio italiano. Bernardini funzionava anche da giocatore e capitano, lui che tre anni prima, al momento di attaccare le scarpe al chiodo e di iniziare a fare il giornalista a tempo pieno, era approdato alla Mater ancora in Serie C. Il Savona di Ernesto Tomasi (l’unico allenatore-giocatore insieme a Bernardini tra i diciotto allenatori della B), già compagno di squadra di Fulvio nella Roma del Testaccio, riuscì a portare a casa il pareggio; la sfangò in virtù della prestazione di un giovane portiere, Bacigalupo II, che neutralizzò due rigori di Preti. Praticamente il Savona schierava tra i pali un ginnasta prestato al football, un ragazzo dalle straordinarie qualità atletiche e dai riflessi felini. Atleticamente un gatto, capace di arrivare bene anche sui tiri alti, nonostante la statura non eccelsa, 176 centimetri. Bacigalupo II Valerio, nato a Vado Ligure (SV) nel 1924, era il giovanissimo fratello di Bacigalupo I Manlio (nato nel 1907), il quale a sua volta, riserva di Censín Bosia mentre prestava servizio militare a Torino, con un pugno di presenze - dieci - si era laureato Campione Italiano col Torino nel 1927-1928. E proprio Manlio, guardando Valerio fare esercizi alla sbarra nello stabilimento balneare di famiglia a Vado, si era convinto delle grandi potenzialità del giovanissimo fratello. Dobbiamo alla penna di Gian Paolo Ormezzano, nel volume “Cinquant’anni fa, Superga”, La Stampa, 1999, le informazioni sugli esordi di Valerio Bacigalupo. È singolare, ma a volte risulta più difficile trovare ricordi e dettagli relativi proprio alla figura del portiere del Grande Torino, tanto è viva l’aneddotica delle azioni d’attacco, delle rimonte e dei risultati clamorosi, con tanti goal realizzati. A 14 anni Valerio giocava titolare nel Vado. A 17, portiere di una rappresentativa giovanile ligure impegnata a Torino contro quella piemontese, e vittoriosa per 1-0, si faceva notare dai tecnici granata, che cominciavano a seguirlo e non lo lasciavano più. Agli inizi della carriera, Vado, Cairese, Savona e, a parole, Genoa: già considerato a tutti gli effetti rossoblù, ma il contratto non era ancora nero su bianco. Nella crepa burocratica s’infilò il Torino: 160 mila lire al Savona, per Valerio 80 mila ma soprattutto la prospettiva di diventare il portiere titolare per il campionato che andava a cominciare, quello 1945-1946. Il giovane portiere ligure venne provato dal Torino nell’amichevole disputata a Losanna. Il 17 settembre 1945 allo Stade de la Pontaise, i granata giocarono contro i campioni in carica e vincitori della Coppa elvetica, il Club Lausanne Sports. In terra elvetica, la prima trasferta di una compagine italiana dopo la II Guerra Mondiale. Il Torino vinse 3-1. Tra i pali, “Pinsa” Bodoira e Bacigalupo giocarono un tempo a testa. E il giovanissimo ligure impressionò l’allenatore Luigi Ferrero: la Società ne definì l’acquisto definitivo per 160 mila lire. C’è una bella foto d’archivio di “Baci”, a planare respingendo di pugno, pancia a terra, uscita simile allo stile di Joe Hart nelle partite contro Roma e Fiorentina molti anni dopo. Riferimento bibliografico: “Il Grande Torino”, F. Campanella, G. Ormezzano, G. Tosatti, 1999, Reverdito Edizioni. In quell’occasione venne promosso a pieni voti anche Mario Rigamonti, il Rodomonte numero 5 del Grande Torino, che con “Baci” e Danilo Martelli avrebbe composto il Trio Nizza.

Anche in ragione della giovane età, “Baci” aveva tardato ad arrivare in Nazionale. Il suo cognome era l’unico che mancò a fare tutta granata la squadra azzurra nel 1947 contro l’Ungheria, dieci del Toro nell’Italia ma l’undicesimo era il suo rivale massimo, Lucidio Sentimenti IV della Juventus, detto “Cochi”, estremo difensore “dotato di astuzia luciferina” (Gianni Brera). Ne prese il posto stabilmente nell’incontro vittorioso contro la Cecoslovacchia a Bari nel 1948. Il suo ingresso come titolare al posto del portiere bianconero era stato fortemente caldeggiato da Valentino Mazzola a Vittorio Pozzo, dopo la pesante sconfitta per 5-1 della Nazionale al Prater di Vienna il 9 novembre 1947. Partita durante la quale, i soldati sovietici delle truppe d’occupazione in Austria, tra il primo e il secondo tempo si spostarono di campo per continuare a seguire da vicino il gioco ed il controllo di palla di Maroso. Giglio Panza descrisse Bacigalupo così. Prelevato appena ventunenne dal Savona, ebbe all’inizio qualche incertezza ma divenne presto, anche grazie alle splendide risorse atletiche innate, un ottimo Portiere Sistemista, acrobatico, coraggioso. Fra i pali d’una squadra votata all’offensiva, doveva intervenire sovente “a freddo”; ma era sempre concentrato, scattante. Nel Sistema WM, il portiere era chiamato ad uscire sugli attaccanti avversari con una frequenza molto maggiore, rispetto al Metodo caro a Vittorio Pozzo. Era chiamato cioè a dominare l’intera area di rigore. Una interpretazione del ruolo che, prima dell’avvento del “libero”, avrebbe visto nel romagnolo Giorgio Ghezzi detto Kamikaze probabilmente l’estremo difensore più grande. La foto iconica di Bacigalupo rimane quella di una parata a San Siro contro l’Inter, sabato 30 aprile 1949. Un intervento a opporsi in torsione, con il braccio destro “di richiamo”, al pallone diretto all’angolo alto alla sua sinistra. Renato Casalbore, fondatore e direttore di Tuttosport, che sarebbe caduto quattro giorni dopo a Superga con il Torino: “Una contesa senza soste. Un accendersi continuo di rudi ma leali duelli. All’Inter si offriva l’occasione quanto mai propizia per portare l’attacco diretto al primato del Torino. Squadra completa con un Lorenzi fresco e smanioso di gioco contro un Torino che nel giro di pochi giorni aveva perso Maroso e poi addirittura Mazzola”. Il racconto di Luigi Chierici, fondatore e direttore di Stadio: “A un certo punto il goal sembrò maturo. Amadei dava ad Armano il quale ripassava il pallone al centrattacco: questi, da una dozzina di metri, faceva partire un bolide a mezza altezza, angolato, ma Bacigalupo intuiva e riusciva a fermare la palla. Al ventitreesimo Lorenzi con un’abile finta sembrò che si fosse aperta la strada della porta, ma proprio al momento di concludere arrivò Fadini, che gli inchiodò il pallone sul piede. Il pallone restò lì e Lorenzi saltò via, lontano. Fischi assordanti per l’arbitro, ma non azione scorretta”. Le parate di Bacigalupo scrissero lo 0-0 finale e in pratica assegnarono nuovamente lo Scudetto ai granata. Il pareggio a Milano era la conditio sine qua non del Presidente Novo per concedere il permesso di giocare a Lisbona la partita amichevole per l’addio al calcio di Ferreira. Ancora Casalbore: ”Nei momenti supremi, quando l’attacco dell’Inter era riuscito a schiudersi davanti il sentiero del successo, è intervenuto Bacigalupo. Al successo del Torino, tale dobbiamo considerare il pareggio di Milano, se dobbiamo dare un nome dobbiamo scegliere proprio quello dell’estremo difensore. Credo che Bacigalupo abbia disputato una delle più belle partite della sua carriera, sicuramente la più efficace di questa stagione. È guizzato due volte sui piedi di Amadei e Lorenzi che sembravano ormai vicini all’agognata meta”.

L’ultima grande partita su un campo italiano di un ancor giovane portiere che aveva esordito in campionato nel Torino nel derby del 14 ottobre 1945, perso 2-1, trafitto su rigore da Piola, allora in bianconero. Per quella prima volta, “Baci” aveva chiesto a Sentimenti IV, suo omologo juventino e suo idolo, di posare con lui. Portò sempre con sé quella foto nel portafoglio, ritrovata intatta a Superga.

All’ombra dell’ultimo sole

s’era assopito un pescatore

e aveva un solco lungo in viso

come una specie di sorriso

Bacigalupo, Ballarin, Maroso…